Il rumore

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Mi chinai lievemente in avanti, per cercare di scorgere i suoi occhi tra il folto cespuglio moro.
«Ehi... tu come ti chiami?» chiesi con tono secco e freddo; perchè si, devo ammettere anche questo: non ero abituata a relazionarmi con gli altri.
Non mi rispose.
Mi sedetti davanti a lui, portandomi le ginocchia al petto.
Spostai la testa verso di lui, che era rimasto immobile nel suo impenetrabile silenzio.
«io... io mi chiamo Heaven... si lo so: effettivamente è un nome strano...»
Il bambino alzó il volto.
«Heaven? Invece è veramente un nome stupendo» disse con voce stabile e diretta.
«grazie...» risposi sorridendo.
Finalmente lo potei osservare: aveva due occhi nerissimi, a tratti grigi, e due occhiaie che si estendevano sotto le orbite, interrompendo la porzione di viso candidissimo che costituiva le guance.
«t-te come ti chiami?» chiesi un po' preoccupata della risposta.
Mi osservó per alcuni istanti, senza distogliere il suo sguardo dai miei occhi.
«mi Chiamo Elle Lawliet... » disse stringendo le mani attorno alle ginocchia.
«piacere Elle... »
Ci furono alcuni minuti di silenzio: sia lui che io eravamo seduti vicini, io mi ero poggiata alla sua fragile schiena, anche se temevo gli potessi far male, vista la sua esile struttura fisica.
Gia, non eravamo particolarmente loquaci, ma forse ció era dovuto al fatto che non ci serviva parlare per capirci... bastava un gesto, uno sguardo... ed era una cosa meravigliosa relazionarsi in quel modo.
«Ehi Heaven... ti va di giocare a scacchi?»
Lo osservai stupita, l'ultima volta che avevo fatto una partita i miei genitori erano ancora sposati, vivi... eravamo felici.
[...]
Elle e io divenimmo buoni amici. Eravamo entrambi poco inclini al relazionarci con gli altri, che ci guardavano con sospetto misto a inquietudine. Watari era l'unica persona che di tanto in tanto veniva da noi chiedendoci come stavamo. Quell'uomo voleva molto bene a Elle, e gli prestava tutte le sue attenzioni, lo muniva di tutto l'affetto possibile, anche se lui dal canto suo non sapeva come reagire a tali manifestazioni di bene, forse perchè non le aveva mai avute. Gia, Elle non era abituato agli abbracci, ai baci, allo stare eccessivamente vicino a qualcuno, e neanch'io lo ero. Aveva modi di fare forse un po' rudi, ma ció era dovuto principalmente al fatto che non aveva instaurato relazioni con molte persone.
[...]
Il cielo grigio stava nuovamente piangendo, irrigando la terra con una tempesta d'acqua.
Arrivai nel salone principale con il taccuino tra le mani e la penna stilografica.
Vidi Elle seduto sul davanzale della finestra... e quel posto era solitamente MIO.
Mi avvicinai lentamente e con passo delicato
«Elle, mi faresti un po' di posto?»
Non rispose...
«Elle?»
Nessuna risposta
«ELLE? CHE COS'HAI?»
Si voltó di scatto, con gli occhi più tristi del solito. Gli feci cenno di farmi spazio e mi sedetti accanto a lui.
Lo guardai nuovamente in cerca di risposta.
«le...le campane... oggi suonano...» disse a mezza voce.
Rimasi in silenzio ad ascoltare, ma non udii alcun rumore.
Lo guardai preoccupata.
«io... sento che suonano da ore, e continuano senza fermarsi... io... ho...
M-mal di testa... fa male...»
La parte bassa dei suoi occhi cominció a gonfiarsi di lacrime, che piano piano cominciarono a scendere e a disperdersi lungo le sue guance, poi a cadere sul davanzale della finestra... a bagnare la stoffa dei pantaloni.
«è lo stesso suono che ho sentito... quando i miei genitori...»
La sua voce, per la prima volta si spezzó. Assistetti solo due volte a un simile avvenimento.
«io ho sentito questo suono, suonavano quel giorno al fun...»
Di scatto lo abbracciai.
Strinsi fortissimo le sue spalle, e portai le mie guance in contatto con le morbidissime ciocche di capelli bruni. Con le braccia circondai il torace magro e smilzo.
Lui rimase immobile, probabilmente stupito, perché come vi ho detto, ne io ne lui eravamo abituati a manifestazioni di affetto.
Il suo corpo e le sue braccia rimasero rigidi per alcuni istanti, poi si sciolsero. Appena cio avvenne mi allontanai.
«grazie Heaven... ora si sono fermate».
Quella fu una delle rare, se non l'unica volta in cui lo vidi piangere. Forse abbracciarlo era stato eccessivo, visto il nostro modo di comportarci, ma lo feci solo perchè anch'io sentivo le campane, e non c'era stato nessuno, mai fino ad allora, in grado di fermarle.
Ma lui, Elle Lawliet, appena attraversó il vialetto dell'orfanotrofio, fece terminare ogni batacchio, ogni suono che rintoccava nella mia mente.

N.a.
Aww pucci loro due lol💕🙈
Spero questo capitolo vi sia piaciuto
Se volete lasciate un commento e una stellina, grazie del supporto^^
                                                             ~Clitz

Death note: Who were You?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora