Capitolo 4- Fratelli e sorelle

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"Comunque il soprannome per Federici è appropriato. Sembra davvero una murena" commenta Lorenzo, sghignazzando. Stiamo nella mia macchina - abbiamo preso la mia perché non conosce ancora Roma, e se non la conosci puoi tranquillamente perderti per giorni, prima di trovare il posto giusto - e Martelli si è parecchio rilassato. Sogghigno. "Ѐ un soprannome di mia invenzione. Piano piano l'hanno adottato tutti, in ufficio." È una mia caratteristica quella di dare soprannomi, fin da piccola. Francesca, che è mia amica dalle elementari, la chiamo Forbice, ed è facile capire perché. Non parliamo poi quando si trattava di dare soprannomi ai professori: il Bavoso, la Giraffa, Lady Culo, avevo una etichetta per tutti. E quando sono entrata alla Ghepardo, non ho potuto fare a meno di pensare a Murena per il capo. I primi tempi chiamavo Rita Pasticcino, per via della sua delicatezza e dell'assoluto amore per il rosa. Per i miei ex avevo poca fantasia: erano tutti "Lo stronzo", semplice ma efficace. Accostando per parcheggiare, e noto con fastidio che Lorenzo vigila sulla manovra: d'accordo, non sarò una pilota di formula uno, ma la macchina la so portare eccome! Ho deciso di portare Lorenzo in uno dei bar che conosco da sempre; ci sono affezionato era una tappa fissa per me e mio padre la domenica, e ogni tanto, quando posso, ci vado a pranzo. Ha inoltre il vantaggio di essere poco lontano dal mio ufficio. Non faccio in tempo a scendere che una pacca mi colpisce sulla schiena. La riconoscerei tra mille, quella pacca. E infatti, appena mi volto, scorgo il sorriso di mio fratello.

Mio fratello Paolo, in una vita passata, sarà stato sicuramente un gladiatore, tanto per rimanere in tema di Roma: è alto quasi due metri - probabilmente ha raddoppiato l'altezza dei nostri genitori, sul metro e ottanta entrambi- e un fisico da Ercole, ecco perché dico che non sarebbe sfigurato, con l'armatura da gladiatore. Gli unici tratti che abbiamo in comune sono i capelli biondi – che lui porta cortissimi, al contrario di me - e gli occhi neri come la pece. L'amore paterno per il calcio ha contagiato anche lui, e infatti Paolo, che ha giocato a calcio fino a quando non ha scoperto che per andare in serie A non era proprio consigliabile mangiare due piatti di lasagna al giorno, nonostante il suo metabolismo lo portasse a bruciare le calorie in breve tempo; allena la primavera della Lazio. Si, avete letto bene. Quando l'ha saputo, mio padre era sul punto di cambiare il testamento (ammesso che ne abbia mai scritto uno... ma quando si arrabbia minaccia di cambiarlo, in favore di chi non è dato sapere) perché secondo lui quello di Paolo è un vero e proprio boicottaggio. Nn che gli si possa dare torto. Mio fratello stesso non vuole che si sappia tanto in giro (anche se sui giornali di provincia il suo nome compare spesso) e infatti la versione ufficiale, che io stessa ho contribuito a diffondere, è che Paolo sia una specie di spia, mandata dalla Roma per osservare i talenti del "nemico". Beato chi ci crede.

Un'altra caratteristica di mio fratello, essendo il maggiore, è quella di sentirsi in dovere di proteggermi in ogni situazione, soprattutto se ci sono uomini in giro. Molte volte i miei ex si sono lamentati perche Paolo, "camuffato" da un paio di occhiali scuri e da un trench che gli entrava a mala pena, si era messo a seguirli sulla sua moto per "controllarli". Ora capite perché la mia vita sentimentale va a rotoli?

"Sorellina, come mai da queste parti?" mi chiede Paolo, prima di stritolarmi in uno dei suoi abbracci. "Sono in pausa pranzo" rispondo, cercando di garantire un minimo di ossigenazione ai polmoni. Anche Paolo bazzica il bar, dove tutti ci conoscono da quando portavamo ancora il pannolino. Poi Paolo nota Lorenzo, e cambia del tutto atteggiamento: si erge in tutta la stazza e incrocia le braccia al petto, con aria bellicosa. Ahia, meglio correre ai ripari. "Ehm, Paolo, ti presento il mio collega, Lorenzo Martelli." Alla parola "collega", Paolo sembra placarsi, mentre Lorenzo osserva mio fratello con aria perplessa. Probabilmente per lui siamo entrambi da ricovero, e non avrebbe tutti i torti, in fondo. "Lorenzo, ti presento mio fratello Paolo" concludo, e mentre i due si stringono la mano – Paolo sembra indeciso se spezzargliela o meno - mormorando un "piacere" di circostanza, cerco di guadagnare terreno: la pausa pranzo non è infinita, e abbiamo parecchio da lavorare; per di più Paolo, quando ci si mette, è capace di fargli un interrogatorio stile Santa Inquisizione direttamente qui, sul marciapiede. Non oso pensare a quello che farebbe se sapesse che Lorenzo è anche mio vicino di casa.

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