«Eccoci, la mia umile dimora. » sono le sette di sera e io sono sfinita. Umile io non la definirei, abita in un palazzo e la sua casa è all'ultimo piano. Già il palazzo non è per niente umile, ha circa dodici piani ed è di un lusso pazzesco. L'ascensore poi, è una cosa meravigliosa, ci sono tre pareti a specchio, la porta, il soffitto e il pavimento sono bianchi, e profuma di vaniglia. Il profumo alla vaniglia è ciò che mi è piaciuto di meno.
Appena entriamo mi appare l'immagine di un salotto completamente bianco, al centro un divano bianco coi cuscini grigi, davanti un tavolino di vetro e dietro al tavolino un TV a dir poco grande. Nella parete a destra del divano ci sono tanti quadri, molti sono miei. E c'è anche un posa scarpe. Nella parete a sinistra ce una porta scorrevole fatta interamente di vetro, che da al terrazzo. Dietro al divano ce un'altra porta, ma di legno bianco, che da alla cucina. Poi, nella parete a destra c'è un'altra porta che da alle stanze e ai bagni. «Vieni da questa. » seguo la zia. Entriamo in un grande corridoio con sette porte. «Le quattro a destra sono stanze, una è mia, una è tua e due sono vuote, una potrebbe essere per il futuro bambino. » mi propone strizzandomi l'occhio. Sorrido e annuisco. «Due delle porte a sinistra sono bagni e l'altra è una piccola libreria. » mi spiega. «Puoi andarci quando vuoi. » aggiunge guardandomi. «Ora va a dormire, la tua è la seconda, subito dopo la mia. » mi spiega. Prendo la valigia e lo zaino ed entro nella mia stanza. «Ho una domestica e le ho chiesto di addobbare questa stanza, dici che ha fatto un bel lavoro? » domanda la zia passando accanto alla mia stanza per entrare nella sua. Osservo la stanza. C'è una grande finestra dietro al letto, il letto è coperto da coperte lilla e sei cuscini. Le pareti sono lilla e ci sono tre quadri che ho fatto io. C'è una grande scrivania in legno attaccata al muro con sopra un computer bianco. Sopra al letto c'è una mensola con sopra tutta la saga di HP, di Divergent e Shadowhunter. La zia si ricorda i miei libri preferiti. C'è un grande armadio che occupa tutta la parete davanti al letto. «Si. » urlo in risposta alla zia. Chiudo la porta e apro le ante dell'armadio, è enorme! E anche vuoto. Apro la valigia e inizio a mettere in ordine i miei vestiti e le mie cose.
Dopo una ventina di minuti ho sistemato tutto. Sulla scrivania ci sono i miei album da disegno e le mie matite. Il computer ha già impostato come sfondo i doni della morte. L'armadio è... "pieno". I miei vestiti erano relativamente pochi. E sulla mensola si è aggiunto qualche altro libro. «Ora posso dormire. » sussurro. Ma poi ripenso che devo chiamare mamma. Prendo il telefono e schiaccio la chiamata e metto in vivavoce. Lascio il telefono sul letto e inizio a cambiarmi prendo dei pantaloncini e li infilo prendo una maglietta ma faccio una grande scoperta: la pancia è troppo grande e la maglia non entra. «Pronto? » sento la voce della mamma rimbombare nella stanza. «Mamma. » dico prendendo il telefono e uscendo dalla stanza. «Come va tesoro? Tutto bene? » mi domanda. «Si, tu? Noi siamo appena arrivate. » busso alla porta della stanza della zia e lei mi apre. «Oh, vi lascio dormire, notte. » mi saluta chiudendo la chiamata. «Non mi sta più la maglia. » spiego alla zia. «Capisco, ormai neanche a me stanno le mie vecchie magliette. » dice facendomi entrare in stanza, la sua è tutta bianca, letto e armadio compresi. «Tieni. Domani andiamo al centro commerciale. » mi dice passandomi una maglietta. «Grazie. Quando nasce? » domando. «Fra un mese e mezzo. » risponde. «Ah, tra una settimana andiamo dal mio medico per fare la tua ecografia. » mi strizza l'occhio e io esco dalla sua stanza. Infilo la maglietta che mi ha dato e rientro nella mia stanza, prendo lo spazzolino e vado in bagno. Mi lavo i denti e mi strucco, spazzolo i capelli e li osservo. Mi sono stufata del biondo, domani cambio colore, e voglio tagliarli un po'. «Okay, sto impazzendo. » sussurro a me stessa e torno nella mia stanza. Metto il telefono in carica e accendo la lampadina sopra la mensola, spengo la luce inizio a fissare il soffitto. È così strano essere a Los Angeles. Da bambina non avrei mai pensato che sarei venuta a vivere qui, era un sogno. «Ei, ti sei già lavata i denti? » la zia appare sulla soglia con una vestaglia bianca e i capelli biondi legati in una coda. «Si. » rispondo sedendomi. «Uhm, ti va una pizza? » mi domanda. «Ovvio! » scatto in piedi e mi avvicino a lei. «Vieni. » ride e andiamo in cucina. «Con cosa la vuoi? » domanda prendendo il telefono. «Salame piccante. » rispondo entrando in cucina. Anche questa è completamente bianca. Sulla destra ci sono i fornelli, il forno e il lavandino. A sinistra ci sono una grande tavolo di marmo, sempre bianco. E beh, il resto ve lo lascio un po' immaginare. Mi siedo su una sedia e porto le ginocchia al petto. «Coca cola, fanta,e tra un po' arriva la pizza. Vuoi vedere un film? » mi domanda tirando fuori le bevande. Quanto adoro mia zia? «Certo! » ci spostiamo in salotto e accende la TV mentre aspettiamo il tipo della pizza. «Uhm, dimmi quale film. » mi chiede. «Guardiamo... Burlesque? » domando. Lei annuisco e mette il film. «Okay, mangiamo solo la pizza o anche altre schifezze? » domanda tornando in cucina. «Viva le schifezze! » esclamo ridendo. «Hai ragione. » la zia torna in salotto con un pacchetto di patatine e uno di popcorn. Suonano al citofono, che non sapevo ci fosse, e la zia va a rispondere. «Dimmi. Si, fallo salire. » deve essere arrivato il tipo della pizza. La zia apre la porta e va in stanza a prendere i soldi. Sulla soglia appare un ragazzo giovane, occhi scuri e capelli neri. «Uhm, ciao. » dico in inglese. In questo momento ringrazio aver imparato bene l'inglese. «Ciao, queste sono le pizze. » dice porgendomele. Mi alzo e prendo le pizze, la zia arriva coi soldi e paga chiudendo la porta. «Vai, siamo pronte. » dico sedendomi e porgendole la sua pizza. «Già, vai! » fa partire il film e iniziamo a mangiare.
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-Il Mio Piccolo Grande Amore. -
RomanceA volte una brutta esperienza ti può portare qualcosa di bello. «Ti fidi? » mi domanda tendendomi la mano. Ha bevuto un po'. «Mi fido. » rispondo titubante. «Dammi. » dice. «Le mani? » sorrido. «I baci. » risponde sorridendo a trentadue denti. «Gli...