Non sapevo cosa fare. Avevo appena traumatizzato la mia migliore amica.
Provai a muovermi velocemente per la stanza e a gridare per far accadere qualcos'altro. I libri caduti sul pavimento si aprirono e le pagine iniziarono a sfogliarsi velocemente. Camilla urlò e nascose il volto sotto la coperta del suo letto come per proteggerlo. Poi si calmò subito e mi chiamava: "Angel, Angel! Dimmi che sei tu ti prego. Non so cosa fare.. La tua morte è stata troppo improvvisa. Tutti ne soffrono. Dobbiamo trovare un modo per farti tornare e subito. Mi senti?"
Aveva un'espressione delusa. Allora, capendo che era così perché non riceveva risposta, urlai fortissimo il nome "ouija".
Iniziò a piangere. Era come spaventata e felice allo stesso tempo:
- "Angel so che mi senti e che sei qui con me. Scusa sono molto spaventata, sei sempre la mia migliore amica ma la tua voce la sento molto diversa, tenebrosa, quasi cattiva. Ma so che tu non lo sei. Per favore, senza fare domande, mettiti davanti allo specchio"
Ubbidii e lei si mise dietro di me e si muoveva a destra e a sinistra guardandolo. Notammo entrambe che se io ero davanti a lei, il suo riflesso non appariva, mentre se non lo ero, si specchiava perfettamente in quel vetro rotto. Avevo capito cosa stava facendo. Voleva vedere con i suoi occhi dove ero nella stanza e in quel momento ero davanti a lei.
Guardò dritto davanti a lei e mi stava come fissando. Mi parlò ancora: "Fai dei movimenti delicati e rallentati con la mano destra usando solo l'indice"
Non sapevo che fosse così informata su questo mondo, avevo il presentimento che non mi avesse rivelato un suo lato.
Allungai la mano e le sfiorai il viso con il dito. Lei reagì al tatto. Non sapevo che fosse possibile un contatto. Ecco! Lo avevo trovato il mio contatto diretto! Ma adesso avevo bisogno di molte spiegazioni da parte sua. Continuò a parlarmi: "ti sento, mi stai accarezzando la guancia sinistra. Oddio Angel, che cosa emozionante. Ti devo parlare, so c'è ho molto cose da spiegarti e lo farò. In pratica.." Iniziai a vedere tutto nero, e non sentivo già più la sua voce. Stava succedendo ancora, quel nero improvviso che mi catapultava in un altro posto. Avevo solo paura di dove potevo ritrovarmi.. A metri, kilomentri o addirittura a città lontane da lei. Era l'unica persona che potesse aiutarmi e dalla quale non potevo allontanarmi, anche se impossibile. Il gioco non lo dirigevo io.