Volo

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L'aeroporto di Seattle era affollato quando Edward, Bella ed Alice sbarcarono dall'aereo che li aveva riportati a casa. Edward era rimasto accanto a Bella senza perderla mia di vista e insistendo per farla dormire. Gli sembrava di vivere nel dormiveglia, una sensazione che non aveva più provato dalla sua trasformazione: tutto gli scorreva accanto a rallentatore mentre i suoi occhi e i suoi sensi erano completamenti persi nelle iridi marroni di Bella e nel suo odore. Trascorse il viaggio di ritorno a casa pensando a tutto quanto aveva vissuto da quel maledetto pomeriggio in cui aveva deciso di lasciare Bella. Decise che non avrebbe mai più sprecato un solo attimo, che non avrebbe più ripensato a quello che era accaduto perché il ricordo di Bella in lacrime nel suo letto lo faceva morire. Erano assieme e questo doveva essere un nuovo inizio.

All'uscita trovarono la famiglia Cullen ad attenderli. Fu toccante vedere Jasper ed Alice rimanere a guardarsi per attimi infiniti durante i quali Edward comprese quanto amore vi fosse fra loro: lo stesso che c'era fra lui e Bella. Fu Esme ad andargli incontro e abbracciare Bella con forza e calore.

"Grazie, davvero" le sussurrò all'orecchio. Edward poteva leggere tutta la rabbia che quella vampira provava per lui, per il suo insano gesto di andare fino a Volterra. Esme era quanto di più vicino a una madre ed Edward sapeva quanto si fosse preoccupata. Anche Carlisle non riuscì a trattenere la gratitudine nei confronti di Bella.

"Grazie, Bella. Ti siamo debitori". Vi era tutta la sincerità della quale Carlisle era capace in quelle parole ed Edward si sentì affranto dal dolore che aveva procurato ai suoi famigliari. Bella non si reggeva più in piedi: non aveva chiuso occhio e la stanchezza cominciava prendere il sopravvento sul suo piccolo corpo mortale.

"Riportiamola a casa", disse dolcemente Esme e tutti e quattro s'incamminarono verso il parcheggio dell'aeroporto. Quando Edward vide le due figure che li attendevano accanto alla berlina scura s'irrigidì. Non aveva voglia di parlare con Rosalie, non poteva davvero confrontarsi con lei senza perdere quel minimo di decoro che ancora riusciva ad avere nonostante la fame e la stanchezza mentale.

"È distrutta", gli disse Esme, comprendendo la situazione.

"Ben le sta", ribatté Edward, acido. Era stata tutta colpa sua: se invece di prendere il telefono per dirgli che Bella si era suicidata avesse atteso di capire se la visione di Alice fosse vera, tutto quello non sarebbe mai accaduto. Volterra sarebbe rimasta lontana dalla loro vita, dalla vita di Bella e lui non avrebbe dovuto promettere ad Aro di trasformarla. Il solo pensiero di quella promessa lo fece arrabbiare.

"Concedile la possibilità di scusarsi", disse Esme. "Noi andiamo con Alice e Jasper". Seppur riluttante, Edward salì in macchina con Rosalie e Emmett, in silenzio.

"Edward", disse poco dopo essere partiti Rosalie.

"Lo so", rispose secco. Aveva letto nei pensieri della sorella e sapeva quanto fosse dispiaciuta per l'accaduto. Rosalie non aveva mai apprezzato Bella ma quando fece quella telefonata era sinceramente affranta e preoccupata. Non avrebbe mai pensato di mandare Edward in bocca ai Volturi, altrimenti non l'avrebbe mai chiamato. La rabbia di Edward si era mitigata ma decise di sostenere un po' la parte, per ripicca.

"Bella?". Rosalie chiamò la ragazza con una dolcezza che proprio non le si addiceva, a riprova del fatto di quanto si sentisse in colpa.

"Si, Rosalie?"

"Mi dispiace tanto. Tutto questo mi ha fatto stare malissimo, ti ringrazio di cuore per il coraggio con cui hai salvato mio fratello dopo ciò che ho combinato. Ti prego di perdonarmi, se puoi". Bella non poteva certo leggere nei pensieri di Rosalie per comprendere quanta sincerità vi fosse in quelle parole, ma Edward sì. Il modo in cui aveva pronunciato la parola "fratello" l'aveva commosso. Rosalie gli voleva bene, tanto, e voleva bene anche a Bella sebbene non l'avrebbe mai dichiarato apertamente. Bella sbiascicò una risposta e nell'auto tornò la serenità. Edward fu grato per tutto: aveva una famiglia che gli voleva bene e una ragazza che aveva rischiato la propria vita per salvare la sua. Si mise a guardare la strada che scorreva veloce ai lati della macchina, ascoltando il respiro regolare di Bella che dormiva al suo fianco. Erano mesi che lei non dormiva così, che non riposava sul serio. Ogni tanto appoggiava il proprio naso fra i suoi capelli, facendosi avvolgere da quel profumo che sapeva di casa e le accarezzava la testa, baciandola. Dio quanto l'amava! Era così fragile, così umana, eppure aveva un coraggio e una forza che avrebbe steso tutti, perfino Aro. I suoi pensieri tornarono a Volterra e s'incupì. Avrebbe dovuto affrontare la cosa, lo sapeva, ma ne era terrorizzato. Non aveva idea di quanto tempo gli avrebbero concesso per tenere fede alla parola data e l'incertezza lo attanagliava. Nemmeno si rese conto di essere giunto a casa Swan, quando Emmett entrò con la berlina nel vialetto. Edward vide Charlie e vide il volto di un uomo distrutto. Aveva provato una paura estrema nel non sapere dove fosse Bella e, soprattutto, se stesse bene.

"Bella!", urlò capo Swan, svegliando Bella dal torpore del sonno.

"Non riesco a credere che tu abbia il coraggio di mettere piede qui!" tuonò Charlie. Edward sapeva che avrebbe dovuto un bel po' di spiegazioni al padre di Bella e che non lo avrebbe mai perdonato. Charlie avrebbe potuto passare sopra a molte cose, ma non avrebbe mai accettato qualcuno che aveva fatto soffrire la figlia in quel modo.

Nonostante Edward cercasse in ogni modo di evitare a Bella una discussione fra lui e Charlie, capo Swan era decisamente alterato. Lasciarono andare Bella a dormire e si misero in salotto. Charlie lo guardava inviperito, pronto a saltargli addosso in qualunque momento ed Edward pensava a come gestire la cosa.

"Capo Swan", disse. "Capisco bene che lei..."

"Ah, tu capisci? Davvero, Edward?". Il vampiro si zittì. "E dimmi, Edward, visto che capisci: come dovrei comportarmi con te, eh? Hai abbandonato mia figlia!"

"Sì, è vero, ma lasci che le spieghi..."

"Tu non hai un bel niente da spiegarmi", lo interruppe nuovamente. Per un attimo Edward fu convinto di sentire Emmett ghignare da qualche parte nella notte. "Dov'eri quando Bella urlava nel pieno della notte? Dov'eri quando ho cercato assieme a Jacob di farla tornare a vivere? E ora ti presenti qui cercando di spiegarmi?"

Edward non sapeva cosa dire: Charlie aveva ragione su tutta la linea.

"Lo so. So quanto male ho fatto a Bella. Ma credevo di poterla aiutare... credevo di farle del bene. Charlie", disse poi guardandolo negli occhi. Non lo aveva mai chiamato per nome e l'uomo ne rimase colpito. "Tutto quello che ho fatto è stato per fare del bene a Bella. Credevo di darle una vita migliore, ma mi sbagliavo. Io amo Bella. Davvero". Charlie levò un pugno che si fermò a mezz'aria. Avrebbe voluto colpire Edward, lo avrebbe fatto davvero. Ma ai suoi occhi era una ragazzino... un ragazzino che aveva sbagliato tutto. Charlie sospirò lasciandosi cadere sulla poltrona.

"Non sarà facile recuperare la mia fiducia, giovanotto. Non credere che mi potrò mai dimenticare ciò che hai fatto". Edward annuì.

"Ora torna a casa", gli disse ed Edward si alzò.

"Grazie", gli disse Edward mentre usciva dalla porta. Fece il giro della casa e si arrampicò sul davanzale della camera di Bella. Quella notte, nulla lo avrebbe tenuto lontano da lei, nemmeno un padre incazzato. Bella dormiva serena nel suo letto e quando lui le si accoccolò accanto, l'espressione sul volto di lei si fece quasi sorridente.

Edward aveva trovato il suo posto nel mondo.


Edward's New MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora