Prologo

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Queste gioie violente hanno fini violente.

Muoiono nel loro trionfo, come la polvere da sparo e il fuoco,

Che si consumano al primo bacio

-Romeo e Giulietta, atto II, scena VI



Sei mesi. Questo era il tempo trascorso da quel giorno nella radura e non era passata nemmeno un'ora nella quale Edward non avesse ringraziato Dio per lo splendido regalo. C'erano delle giornate nelle quali stare con Bella era stupendo: baci, sempre più frequenti e passionali, gli abbracci... perfino le sue espressioni buffe e corrucciate lo facevano impazzire. Poi, c'erano giorni come gli ultimi tre, nei quali Edward dovette ricorrere più di una volta all'autocontrollo.

Si stava avvicinando il compleanno di Bella e, a quanto pareva, la cosa non faceva che renderla nervosa. Nel sonno piangeva e si agitava ma non gli aveva mai voluto rivelare cosa avesse sognato. Edward non desiderava altro se non la felicità di Bella e vederla sempre così arrabbiata e delusa lo faceva sentire impotente. Se solo avesse potuto leggerle nel pensiero...

"Sei più piccolo di me, Edward. Già di un anno! E sarà sempre peggio...". Ecco il vero problema: Bella voleva fermare il tempo, dare al suo corpo la staticità dell'immortalità, essere un vampiro. Edward non capiva davvero come si potesse voler essere come lui, ma per la ragazza sembrava ormai una ossessione. Avevano affrontato il discorso più e più volte ottenendo sempre lo stesso risultato: Bella s'imbronciava e lui si alterava.

Nella sua esistenza quasi secolare, Edward Cullen non aveva trascorso giorno senza rimpiangere la vita mortale e non si capacitava di come Bella potesse, con così tanta leggerezza, credere che l'eternità fosse un sogno da dover realizzare.

"Io non posso darti quello che tu vuoi, Bella. Mi stai chiedendo troppo". Il viso del vampiro, sebbene marmoreo, lasciava intravvedere tutta la sofferenza e l'impotenza di gestire una situazione come quella.

"Ma Alice mi ha vista, Edward!".

Alice... era vero che la sorella aveva visto Bella vampira, eppure Edward, da quando gli era stata rivelata la visione, si chiedeva se sarebbe stato lui a farlo. La risposta era sempre al stessa: no. Ma allora chi? Anche quando ne parlò con Carlisle, il patrigno si era dimostrato più che comprensivo della situazione ed Edward sapeva che nessuno della sua famiglia avrebbe tradito la sua fiducia. Ma il tarlo di quel pensiero non faceva che tormentarlo.

Alle prime luci di quel nuovo giorno, Edward guardò la distesa di alberi che circondava la sua casa. Era giunto il momento tanto detestato da Bella: il suo compleanno. Lui sapeva bene quali fossero le regole del gioco, la ragazza era stata categorica: niente regali, niente feste, niente auguri. Se per lui quel dictat era più che limpido, lo stesso non poteva dirsi per Alice, intenta da ormai un paio di giorni ad organizzare la festa.

"Sono più che sicuro, Alice. Non le piacerà". Edward guardava la sorella con lo sguardo di uno che la sa lunga, mentre Alice parlava con Esme degli ultimi ritocchi per la festa di compleanno di Bella.

"Edward" disse Alice in tono spazientito "Nella nostra famiglia non capita più da molto tempo di festeggiare un vero compleanno. Bella farà diciotto anni! Ti rendi conto? Diciotto!".

"Sì, lo so", ammise, "Ma ciò non toglie che non le farà piacere". Era impossibile cercare di far ragionare Alice, soprattutto quando c'era di mezzo una festa. Lei era l'organizzatrice per eccellenza: minuziosa e impeccabile in tutto. Quando qualche giorno prima era entrata in camera sua per dirgli che voleva organizzare qualcosa per il compleanno di Bella, Edward le disse subito che alla ragazza non avrebbe fatto piacere. Lo sapeva. Eppure, Alice decise di ignorare categoricamente.

Edward's New MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora