Thirty three.

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Thirty three.

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Mia

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Quattro mesi dopo...


Quattro lunghi mesi erano passati.

Durante questi quattro mesi, avevo cercato soprattutto di tenere insieme i miei cocci. Matthew ed io vivevamo in una casa sontuosa che era lontana solo cinque chilometri dalla casa che possedevano i miei genitori. A casa avevamo uno staff di quindici persone- cinque per la pulizia, cinque per la cucina e cinque per i giardini. Mentre Matthew trascorreva le sue giornate in ufficio, io avevo trascorso le mie giornate circondata dallo staff che mi chiedeva senza sosta se ci fosse stato qualcosa che avrebbe potuto fare per me.

"No, grazie." Sorridevo gentilmente. Una volta che la persona se ne andava, sarei stata avvicinata da un'altra persona dello staff nemmeno dieci minuti dopo che mi avrebbe fatto la stessa domanda. Era estenuante e a fine giornata desideravo non avere alcuno staff e avere io tutto il lavoro da fare. Almeno avrei avuto qualcosa da fare.

Il rapporto con i miei genitori non era dei migliori. Mia mamma mi invitava ogni giovedì per bere il tè e ci sedevamo sotto il grande gazebo sul prato ad ascoltare gli uccelli. Beh, almeno io cercavo di ascoltarli, ma mia madre parlava e riparlava di quanto volesse dei nipotini e di quanto mi vedesse troppo magra. Un po' sapeva che avevo saltato fin troppi pasti perché non avevo più appetito. Le ossa uscivano fuori dal mio corpo e mi facevano sembrare uno stuzzicadenti che camminava.

Io e mio padre non ci parlavamo. Ero ancora inorridita per quello che mi aveva fatto. Ero inorridita da tutti loro, davvero. Il dolore e la sofferenza che avevo subito in questi quattro mesi era abbastanza per permettere ad una persona di uccidersi. Non solo Matthew era abusivo fisicamente, ma mio padre era abusivo mentalmente. La combinazione di entrambi era impossibile da sostenere per me, quindi dopo aver provato più e più volte di difendermi da sola, mi sono arresa. Consumavo troppe energie per cercare di aiutarmi, quindi mi ero lasciata senza difese mentre stavo seduta e sguazzavo nella mia autocommiserazione.

La notte era la parte peggiore della giornata. Matthew ed io condividevamo un letto matrimoniale gigante anche se avevamo molte camere per avere gli spazi separati, ma lui aveva insistito per farmi stare accanto a lui ogni notte. Stavo sveglia per quattro ore a sentire lui che russava nel mio orecchio, il suo braccio avvolto intorno a me, intrappolandomi. Era simile ad Harry perché amava le coccole, ma questo mi faceva sentire più claustrofobica che confortata.

Harry. Avevo cercato di non pensare troppo a lui. Pensare a lui mi recava solo dolore. A volte, durante la giornata quando Matthew non era in giro, piangevo. Tiravo calci e urlavo e sbraitavo mentre il moccio scendeva dal naso e le lacrime scorrevano fino al mento. Piangevo fin quando non avevo finito le lacrime, poi mi allungavo sul letto e dormivo. Il sonno era la mia via di fuga. Ma poi, quando mi svegliavo, mi ricordavo che Harry non era con me, allungato sul letto accanto a me. Questo fatto, da solo, era abbastanza per iniziare tutto da capo.

Ma a volte, almeno una volta al giorno, permetto alla mia mente di pensare a lui. C'erano molte cose che mi chiedevo, come- dov'era Harry quel giorno? Gli mancavo? Se n'era andato? Ma non c'era modo di rispondere a queste domande. Il primo giorno che ero diventata la Signora Miles, mi avevano tolto tutte le possibili connessioni con il mondo esterno. Non potevo stare più al telefono e scorrere i social media, l'unica cosa che potevo fare era usare il computer solo sotto supervisione.

Anche se Harry avesse provato a contattarmi, l'unico modo in cui avremmo potuto avere una conversazione era faccia a faccia e sapevo che non sarebbe mai successo. A volte pensavo anche a Cat e a quanto volevo tenerla in braccio e coccolarla. Mi chiedevo se lei si fosse resa conto che me n'ero andata e che non sarei mai più tornata.

Ready To Run // h.s (italian translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora