6. S(vita)ti

213 31 19
                                    

Pensavo non me ne fregasse nulla della vita degli altri.
L'ho sempre pensato, soprattutto durante gli anni delle superiori: un branco di adolescenti idioti, pronti a prendere di mira il primo sfigato che passa: decisamente non sono interessata alla vita di questi cosi.
Ed ora che mi trovo davanti a qualcuno non posso che confermarlo: la vita degli altri non mi interessa, è noiosa, patetica e inutile.
Si eccitano per cose inutili, si scandalizzano per cose idiote, si innamorano di chi li fa soffrire: la vita delle persone è una serie infinita di errori e di rimorsi.
E allora perchè diamine devo starmene qui ad ascoltarla?
"Sappi che non ho intenzione di raccontarti tutta la mia vita." Dice Mr. Psyco "Ma puoi farmi delle domande."
"Sappi che non me ne frega un cavolo di quante volte al giorno ti masturbi. Quindi puoi fartele da solo le domande." Rispondo scazzata.
"Come ti chiami?" Mi chiede con un sorrisetto sulle labbra.
"Echo"
"Come la ninfa? Quella che si è consumata fino a che non ne è rimasta solo la voce?" Chiede divertito.
"Già. Lo trovi divertente?" Chiedo infastidita.
"Hai il nome della prima psicotica depressa della storia." Sottolinea.
Alzo gli occhi al cielo, davanti ad un'osservazione tanto stupida.
"Come ti chiami, Psyco?"domando, sottolineando il soprannome.
"Xavier. Ma preferisco Xav." Risponde secco,ignorando la mia frecciatina. "Ma Psyco non mi dispiace, grazie per l'arguzia." Dice sarcastico.
Io sorrido forzatamente e lui alza un sopracciglio.
"Bene, direi che può bastare. Io so come ti chiami e so che mi stai sul cazzo. E sei pazzo. Già troppe informazioni." Dico fingendo di trovare improvvisamente interessanti le mie unghie praticamente inesistenti.
"Che disturbo hai?" Mi chiede lasciandomi sorpresa: mai nessuno chiede ad un pazzo perché è pazzo. Non si fa, né ora né mai. Sarebbe come chiedere ad una vedova come ha perso il marito: è un taboo che non va toccato.
"Non lo sai che non si dovrebbe mai chiedere ad uno psicopatico perché è psicopatico?" Dico scocciata.
"Non lo sai che non me ne frega un emerito cazzo?" Dice irritato passandosi una mano fra i capelli "Quindi, perché sei fuori di testa?" chiede ancora.
"Dimmelo prima tu." Non voglio che uno sconosciuto mi frughi nella testa, ma se proprio deve accadere voglio prima sapere con chi ho a che fare.
"Secondo te cos'ho?" Mi chiede con un sorrisetto divertito e gli occhi sgranati.
Questo ragazzo, per quanto bello sia, è il ritratto della malattia mentale e ciò non aiuta. Non aiuta per niente.
"Hai detto che prendi lo Xanax, che è un antidepressivo ed un tranquillante. Quindi probabilmente soffri di depressione o attacchi di panico." Dico schietta. So che c'è di più, è palese, o non sarebbe uno dei pazienti speciali di Popper. Eppure non riesco a capire cosa si nasconde dietro quegli occhi cerchiati di nero.
Lui per risposta scoppia a ridere sonoramente e forse un po' forzatamente.
Ma che cazzo ridi, stronzo.
"È il quadro clinico più roseo che mi sia mai stato affibbiato." Dice fissandomi dritto negli occhi. "Davvero simpatica. O forse solo stupida." Continua lui.
"Ho una memoria idetica, non sono stupida." Dico, rendendomi conto poi che questo mio ultimo commento poteva essere interpretato come una giustificazione o una sorta di difesa.
Cristo, quanto sono idiota.
"Una memoria idetica non è necessariamente intelligenza, Val." Dice lui.
"Come mi hai chiamata?" Chiedo incredula.
"Val, come Valium. Ho ascoltato la tua simpatica scenetta prima. Sai come si chiama questa, Val? Dipendenza farmacologica." Dice lui, sedendosi nella poltrona accanto alla mia.
Vorrei sfotterlo anche io, chiamandolo con qualcosa che ricordi lo Xanax, ma non posso. Lui si chiama Xavier, ed il suo nome già ricorda lo psicofarmaco in questione. Magari gliel'hanno dato proprio in previsione della sua futura malattia mentale. Che pensieri idioti, cazzo.
"Se stai pensando a come collegare il mio nome allo Xanax è fatica sprecata, lo sai vero?" Dice sorridendo.
"Non lo stavo affatto pensando!" Dico forse alzando un po' troppo la voce. "Mi dici quindi che hai?"
"Mah, nulla di che: crisi psicotiche, sociopatia, depressione, tossicodipendenza, bipolarismo e potrei andare avanti all'infinito." Dice elencando le malattie come se fossero gusti di gelato. "Ma, non tutte si manifestano nello stesso modo." Dice facendo ricomparire il solito sorrisetto da psicopatico.
"Che ti è successo?" Gli chiedo.
Non so perché, ma so che mi sta mentendo. C'è qualcosa dietro quel suo fare borioso e spavaldo, che lo sta consumando lentamente.
E voglio assolutamente sapere cosa sia.
"Perché deve per forza succedere qualcosa? Non posso essere così e basta?" Chiede.
La velocità con cui passa dal divertimento al fastidio è impressionante. Non mi sorprende sia bipolare.
"Perché la maggior parte dei disturbi comportamentali derivano da traumi." Spiego ripetendo il mio libro di psicologia.
"Non fare la professoressa con me. Ho 4 lauree, nulla di ciò che sai o dirai può colpirmi." Dice schietto.
La cosa mi sorprende: avrà al massimo un paio di anni in più di me, ma non mi sembrava più intelligente.
"In cosa sei laureato?" Chiedo.
Cerco di farlo parlare il più possibile, in modo da non dover parlare di me, dei miei problemi, di Britt, e finora lui sembra stare al gioco.
"Informatica, Fisica aereospaziale, Biotecnologia e Musica." Dice.
"Musica?" Chiedo ridendo. "Fra tante materie altisonanti, hai davvero detto musica?" Chiedo divertita.
"E tu, signorina so-tutto-io, cosa studi?" Domanda infastidito.
"Studiare? Io ho tre lauree: Medicina, Psicologia e Letteratura." Mi vanto.
Vado fiera dei miei risultati, anche perché sono l'unica cosa che mi ha distratta in questi anni di merda, impedendomi di crollare definitivamente. E non permetterò ad un coglione di sminuirli.
"Allora, cosa ti è successo?" Chiedo.
"Quanti anni hai?" Domanda lui.
"Ventidue. Cosa ti è successo?" Chiedo di nuovo, nervosa.
"Anche io. Strano, sembri così piccola." cerca di distrarmi con le frecciatine, ma non sono così scema.
"Cosa diamine ti è successo?" Chiedo ora visibilmente irritata.
So che sta nascondendo qualcosa di più che una semplice psicosi, so che ha qualcosa di brutto alle spalle, forse più brutto di quello che ho io.
E forse Popper ha ragione, ho davvero bisogno di sapere che c'è chi sta peggio di me al mondo, seppur non lo voglia accettare.
"Dimmelo." Dico a denti stretti.
Lui si avvicina lentamente, col suo sorrisetto da pazzo, ed in quel momento mi ricorda una scena di un film di Stephen King, Psyco: ha la stessa espressione che fa l'uomo quando infila la testa nella porta rotta.
"Vuoi sapere cosa ho fatto?" Chiede.
Annuisco decisa, pronta a ricevere l'informazione.
"Ho ucciso una persona."

-When The Lines Overlap.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora