14. Promesse

215 24 23
                                    

"Quello di cui ho bisogno è una nuova storia su chi sono.
Quello di cui ho bisogno è di fare una cazzata così grande da non riuscire a salvarmi."
Chuck Palahniuk – Invisible Monster

Xav incassa il colpo senza emettere alcun suono: non si lamenta, non si strofina la guancia, non ha nemmeno lo sguardo sorpreso. Sembra non l'abbia nemmeno sfiorato, lì immobile, con la sua solita aria alienata ed estranea.
Io in compenso mi porto il pugno al petto ed inizio a soffiarci sopra: il dolore è sordo e pulsante allo stesso tempo, la mano si è tinta di rosso e mi fa male.
Ok, forse non è stata una delle mie idee più brillanti. Ma che conta? Ne avevo voglia e lui se lo è meritato.
"Ti senti meglio ora che lo hai fatto?" Mi chiede, girandosi verso di me.
I capelli che prima gli ricoprivano gli occhi si sono spostati leggermente, rivelando un particolare che non avevo notato al primo incontro.
Mi avvicino lentamente, cercando di sembrare più naturale possibile ed allungo una mano verso il suo viso.
Lui getta la testa indietro e mi afferra il polso in modo brusco.
"Che diamine stai cercando di fare?" Mi chiede secco, quasi infastidito.
"Oh, non ti dà fastidio ricevere un pugno in faccia ma se anche solo tento di avvicinarmi a te inizi a fare il suscettibile?" Chiedo cercando di liberare la mano.
Lui mi guarda sogghignando e alla fine libera una risata.
"Tu quello lo chiami pugno? Era più simile ad un buffetto." Dice sistemandosi i capelli, riportandoli di nuovo sugli occhi.
"No fermo, fammi vedere!" Dico ancora, sporgendomi verso di lui.
Sorprendentemente stavolta mi lascia fare: allungo lentamente una mano e sposto i suoi capelli sopra la fronte. Mi sorprendo notando quanto sembrano morbidi al contatto con le mie mani.
Xav chiude gli occhi e ciò mi permette di osservarlo meglio, seppur solo per pochi istanti.
Ha la mascella squadrata, gli zigomi alti e delle magnifiche labbra, tutto incorniciato da una magnifica pelle diafana, tanto che riesco a vedergli i capillari che circondano gli occhi.
Il naso è leggermente storto, cosa che mi fa credere che se lo sia rotto in passato, forse più di una volta.
Noto anche una cicatrice che parte alla base del sopracciglio e gli arriva fino alla tempia, ma non è quella che mi aveva colpita.
"Xavier, apri gli occhi." Dico autoritaria.
"No." Dice lui secco.
"Apri gli occhi" ripeto io "per favore." Aggiungo.
L'espressione del ragazzo si ammorbidisce e dopo un lungo sospiro sposta piano la testa ed apre gli occhi.
Rimango basita davanti al suo sguardo.
Mi guarda con un'espressione dura e al contempo dolce, senza distogliere i suoi occhi dai miei.
"Cristo.." Dico sorpresa.
La prima volta che vidi Xav rimasi colpita dal suo sguardo: occhi azzurri ed impenetrabili che ti colpivano come una secchiata di acqua gelida, un blocco di ghiaccio che non ti permette di scalfirlo.
Ma ora capisco di essermi sempre sbagliata: i suoi occhi non sono azzurri. O almeno, non entrambi.
"Ma come diamine è possibile?!" Dico sorpresa, continuando a fissarlo.
" Non saprei, chiedilo ai miei geni." Dice lui con un sorriso sghembo.
"Credevo fossero tutti e due azzurri" sottolineo.
"Si chiama Eterocromia. Sai, è un fenomeno che riguarda solo l'1% delle persone." Spiega annoiato, come se stesse recitando una parte di una lezione di scienze " Ho sempre odiato questa cosa, così ne nascondo uno o entrambi sotto i capelli." Dice afferrandomi la mano e riportandosi i capelli sulla fronte.
" Secondo me non dovresti nasconderlo. È figo." Dico facendo spallucce.
" Figo? Prova tu a passare la vita a sentirti dire che hai degli occhi strani, a sentirti oggetto di studi dallo sguardo di chiunque incontri, a sentirti schernito o apprezzato solo per quello. Possono essere un privilegio, ma anche una rogna. Meglio nasconderli." Dice urlando un poco.
"Allora non permetterti mai più di criticare il mio modo di vivere. Ti credi tanto migliore di me? Si, hai capito come funziona tutta questa merda ed hai il coraggio di affrontarlo, bravo. Pure io l'ho capito, ma preferisco nascondermi. Ma non accetto ne accetterò mai che qualcuno come te mi critichi." Dico acida.
Lui mi guarda e ride, ride di gusto, ride come se non ci fosse cosa più spassosa e divertente.
"Che cazzo hai da ridere adesso?" Chiedo, alzando le braccia al cielo esasperata.
"Perché ti scaldi tanto per uno come me?" Chiede, ancora sorridendo.
"Non mi scaldo, mi fai solo incazzare. Come puoi permetterti di giudicare, quando il tuo unico problema è quello di avere un occhio azzurro ed uno verde? Come puoi permetterti di criticare me, quando non hai idea di ciò che ho passato? Mi fai solo ridere."
"Hai mai fatto qualcosa solo per la voglia di farla?" Mi chiede di getto.
"Ora che cazzo c'entra?" Rispondo stizzita, incrociando le braccia sul petto.
"Rispondi. Hai mai fatto qualcosa solo perché avevi dentro di te quella voglia irresistibile di farlo? Perché ne sentivi il bisogno e non te ne fregava nulla delle conseguenze? L'hai mai fatto?" Mi chiede.
"Non lo so, penso di sì." Dico facendo spallucce.
"Pensi di sì? Come fai a pensare di sì?! O è sì o è no!" Dice lui esasperato.
"Senti, non lo so. Perché cavolo ti viene in mente questo adesso?" Chiedo scocciata.
Lui mi guarda e si sistema sulla poltrona: porta le mani dietro la testa e si stiracchia.
"Perché avrei davvero voglia di fare una cosa." Dice con l'aria di chi si sta immaginando qualcosa di parecchio piacevole.
Non so se ho voglia di sapere cosa pensa, non so se ho voglia di sapere cosa gli passa per la testa, ma so anche che me lo dirà, volente o nolente.
"Da quanto è che stai chiusa qui dentro? Chiede lui indicando la stanza.
"Tre anni." Rispondo secca io.
Mi scruta attentamente, come se stesse calcolando qualcosa o come se gli stessi nascondendo qualcosa.
"Non vedi il mondo esterno da quando hai 19 anni. Non ti manca?" Chiede.
"No, non mi manca. Perché diamine me lo stai chiedendo, Xav?" Domando, sull'orlo di una crisi di nervi.
Ho sempre adorato le situazioni criptiche: lo scoprire le cose attraverso ragionamenti, l'arrivarci piano piano, pregustando il momento in cui ogni cosa si sarebbe rivelata chiara e limpida. Mi piacevano le situazioni logiche, con singole risposte e ragionamenti lineari. Ma il ragazzo che siede davanti a me non è nulla di tutto ciò: non è logico, non è lineare. È sconnesso e confusionario, mi manda a puttane il cervello e io non lo posso sopportare.
Lo fisso, mentre lui esamina il vuoto, concentrato in un altro dei suoi strani ragionamenti privi di senso, un'altro dei suoi deliri fuori dal tempo e dallo spazio.
"Xav?" Chiedo ancora, sperando di riportarlo alla realtà.
"Sai una cosa? Sai di cosa ho voglia? Ho voglia di mandare tutto a puttane. Ho voglia di uscire e di fare a cazzotti col primo che incontro. Ho voglia di riempirmi anche il braccio sinistro di tatuaggi. Ho voglia di rompermi ancora una volta la mano. Ho voglia di tirare fuori dal mio garage la moto di mio padre. Ho voglia di andare sulla tomba di mia madre. Ho voglia di litigare ancora con i miei fratelli. Ho voglia di vedere il mare. E ho voglia di fare, andare, pensare e urlare. Ho voglia di fare talmente tante cose, che ho il terrore di iniziarle. Ho paura di distruggermi a tal punto che poi non riuscirò a riconoscermi nemmeno io. Ho paura, e non fraintendermi: odio ammetterlo. Lo odio a tal punto che mi morderei la lingua fino a farla sanguinare. Ma sai cosa odio più di tutto? Guardare te." Dice, in preda ad un fiume di parole.
La sua ultima confessione mi colpisce in pieno petto, come se il pugno fosse stato dato a me, e non il contrario. Ha così tante cose dentro, ma ciò che più odia sono io. Una persona che ha visto due volte nella vita.
E non capisco il motivo per il quale questa cosa mi faccia così male, dato che nemmeno io l'ho mai sopportato, nemmeno io l'ho mai voluto nella mia vita, eppure questa cosa mi distrugge.
Mi sembra di aver deluso le aspettative di qualcuno, ancora, quando io mi ero chiusa qui per impedirmi di fare lo stesso errore due volte. Eppure eccomi qui. Brava Echo, ora che farai?
"Sai perché odio guardare te? Perché tu hai tutto, potresti tutto, eppure lo butti via. Tu hai possibilità. Questa cosa dovrebbe prendere tutta te stessa, dovrebbe inebriarti a tal punto da non farti capire più nulla. Invece sei qui a sprecare tempo. E sai che ti dico? Ho fatto tante cazzate nella mia vita: ho amato le persone sbagliate, ho odiato quelle che non se lo meritavano, ho ucciso chi doveva vivere. Ma stavolta non lascerò che un'altra vita venga rovinata davanti ai miei occhi.
Io ti cambierò, Val, e alla fine mi ringrazierai." Dice avvicinando il viso al suo, con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra.
"Ora capisco perchè sei in cura da Popper: stai messo peggio di me." Dico, fingendo che il suo discorso non mi abbia colpita. Non voglio essere salvata. Non da un pazzo psicopatico che sta più male di me. Non da uno che ha questo effetto su di me. Non da Xav.
Lui risponde alla mia affermazione ridendo sonoramente, sollevandomi il mento con due dita, e puntando i suoi stranissimi occhi verso di me.
"Sai che ti dico, piccola Val? Non solo ti cambierò la vita e la visione delle cose" dice sorridendo sempre più soddisfatto " ma ti farò uscire da qui. Ed alla fine mi ringrazierai."
Lo guardo con gli occhi sgranati.
Non lo può aver detto davvero.

-When The Lines Overlap.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora