13. Disagio

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"A quello che non capisci
puoi dare qualunque significato."

Chuck Palahniuk - Diary

"Ma allora hai letto qualcosa! E l'hai pure memorizzato, brava!" Esclama Xav con finto entusiasmo.
Lo guardo storto e gli mostro il dito medio, nella speranza di far scomparire quel suo stupido sorrisetto.
"Te l'ho detto, solo qualche frase. Soprattutto quelle che hai sottolineato tu."
Lui mi guarda alzando le sopracciglia, come se non credesse ad una sola parola detta.
Ma effettivamente io non stavo mentendo: avevo passato diverse ore a sfogliare quel maledetto libretto, memorizzando frasi ed appunti a matita, immaginando il giorno in cui Xav, camminando fra i negozi, l'aveva notato fra i tanti libri di un mercatino dell'usato. Probabilmente era stato catturato dalla copertina di pelle nera, l'aveva accarezzata con le lunghe dita affusolate ed aveva compreso che sarebbe stato il suo libro preferito.
Scaccio velocemente quel ricordo, nella speranza di recuperare il controllo: che cazzo mi sta prendendo? Mi metto pure a pensare a quello psicopatico ed alle sue mani? No, assolutamente no. La questione inizia e finisce qui.
"Perché non esci?" mi chiede poi di getto lui, continuando a sfogliare distrattamente le pagine ingiallite.
"Che ne sai tu che non esco?"domando io sulla difensiva.
Una cosa che ho sempre odiato sono le persone che provano a scoprirmi: se mi volessi far conoscere, avrei vuotato il sacco la volta scorsa, mettendomi a nudo. Non capisco questo suo interesse nei miei confronti e verso il mio passato, ma il fatto che stia cercando di saperne di più attraverso terze parti mi fa girare le palle.
La mia vita privata è mia, ed è privata.
Xav scrolla le spalle ed estrae con nonchalance una sigaretta dalla tasca della felpa, portandola poi alle labbra.
La rabbia mi monta dentro ma è mista ad invidia: vorrei fumarne una anche io, scommetto mi rilasserebbe tanto quanto il Valium.
"Ti ho chiesto che se sai sul fatto che io non esco. Rispondi." Dico secca.
Lui sbuffa e con un accendino nero si accende la sigaretta, prendendone un lungo tiro e buttando poi fuori una nuvola grigiastra.
"Non si fuma qui dentro." Sottolineo nervosa "Rispondi, Xavier." Ripeto a denti stretti.
Lui alza lo sguardo, i suoi occhi profondi catturano i miei, mentre mi fissa con aria minacciosa.
"Anche io ti ho fatto una domanda, ma non ricordo di aver sentito la risposta" dice prendendo un secondo tiro di sigaretta. 
Fisso quel piccolo ammasso di tabacco e carta, la guardo passare dalle sue mani alla sua bocca, osservo il fumo uscire e diffondersi come un leggero velo nella stanza, fino a quando le labbra di Xav si curvano in un sorriso.
"Facciamo un patto: tu mi dici perché non esci ed io ti dò una di queste." Dice sollevando il pacchetto bianco.
Mi guarda sornione, in attesa di una risposta.
Non so se una sigaretta vale tanto: non stiamo parlando della ricetta della torta di mele o della scorciatoia per arrivare in posta. Dovrei rivelargli parte di qualcosa che sto cercando di cancellare per sempre.
Non sono cose facili da ammettere, soprattutto ad alta voce: è semplice parlare fra se e se, semplice riflettere senza aprire bocca, ma quando ci si trova in situazioni come questa, ogni cosa ti sembra scorretta, sbagliata, fuoriluogo.
Improvvisamente ti rendi conto che ogni cosa è ridicola e che, se parlerai, agli occhi degli altri non sarai mai più la stessa: sono sempre pronti a dirti che non ti giudicheranno, ma in realtà non vedono l'ora di poterlo fare.
Ma d'altronde ora, davanti a Xav, l'idea di essere giudicata non mi sfiora nemmeno la mente: in caso lui non si limiterebbe a pensarlo, mi direbbe tutto in faccia.
"Sei un bastardo" dico allungando la mano, in attesa della sigaretta.
Lui però non mi da ciò che mi era stato promesso.
Resto li, con la mano sollevata, in attesa, ma lui non fa che fissarmi con un sorrisetto sghembo, quasi stesse osservando la barzelletta del secolo. Si alza lentamente dalla poltrona su cui stava e si accomoda alla fine del divano a tre posti su cui ci sono io: solleva una mano ma, al posto che porgermi la sigaretta, lo vedo accarezzare delicatamente le mie dita con le sue.
"Che diamine stai facendo?" Dico sorpresa, cercando di ritrarre la mano.
Lui però la afferra e continua a stringerla fra le sue, sempre sfoggiando quel suo sorrisetto che mi fa tanto innervosire.
Inizio a non capirci più nulla, quel suo gesto mi spiazza e mi destabilizza, lo fisso paonazza in volto, trattenendo il fiato.
Voglio ritrarre la mano, non voglio essere toccata.
Non mi è mai piaciuto il contatto fisico: l'ho sempre trovato invadente e fastidioso, un tentativo forzato di entrare in contatto con qualcuno, seppur magari dall'altra parte non ci sia lo stesso interesse.
Eppure il contatto con Xav non mi dà fastidio in senso fisico: non provo repulsione, non voglio fuggire, vorrei solo essere lasciata in pace, senza finire per legarmi troppo a qualcuno che non vedrò più di 3 o 4 volte.
Non voglio legarmi.
Non a Xavier.
Lui continua comunque a tenere la mia mano fra le sue, sempre col suo sorrisetto idiota, fino a quando non mi si avvicina pericolosamente: "È stato tanto facile convincerti, se solo ti avessi chiesto di più.." sussurra, annullando sempre di più la distanza fra noi.
Io indietreggio lentamente, spaventata ed al contempo eccitata davanti a questa sua intraprendenza.
"Dimmi, Echo, se ti avessi chiesto di più che avresti fatto?" Sussurra a due centimetri dalle mie labbra, facendo aumentare il battito del mio cuore.
Sento il mio viso scaldarsi, consapevole che anche il colorito non deve essere dei migliori: rimango lì immobile, con gli occhi serrati, in attesa che lui si stacchi o faccia qualcosa.
Oddio, sto davvero sperando che lui si faccia avanti, subito dopo aver detto che non voglio legami?
Trattengo il respiro, i miei occhi completamente rapiti dal suo sguardo intenso, senza sapere che fare.
Non riesco a mettere a fuoco la situazione, il contesto, ciò che potrebbe succedere, ma spero tanto che questo momento finisca presto.
Lui mi fissa e si avvicina, lo spazio fra noi sempre più insignificante.
Quando ormai manca meno di un centimetro dal far toccare le nostre labbra, lo vedo indietreggiare e scoppiare in una fragorosa risata.
"Allora non sei così timida come sembri, altrimenti mi avresti mollato un pugno!" Dice ridendo a crepapelle.
Mi alzo di scatto e faccio per andare verso la porta, pronta a porre fine a quella surreale seduta. Ma poi mi viene in mente quello che volevo fare prima dell'inizio della terapia.
Mi giro di scatto e vado verso di lui, che sta ancora ridendo sonoramente.
Carico più che posso e l'unico suono che si sente è quello dell'impatto fra il mio pugno e la faccia di Xavier.

-When The Lines Overlap.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora