Il matrimonio.

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Pov Akito.

Erano ore che stavo fermo, accanto a quella che sarebbe diventata presto mia moglie, con una giornalista invadente che mi riempiva di domande. Rei aveva avuto la brillante idea, per evitare la corsa allo scoop, di dare l'esclusiva ad un solo giornale che avrebbe pubblicato la notizia e ci avrebbe evitato la calca di giornalisti accampati sotto casa nostra.
Nostra... mi sembrava anche strano dirlo, come anche solo pensare ad un futuro insieme a lei. Era una cosa che avevo sempre immaginato, sperato addirittura, e vederlo accadere per una semplice finzione mi rendeva alquanto nervoso.
Sana mi diede una gomitata, perchè la giornalista aspettava una risposta alla sua domanda ma io non avevo proprio sentito.
«Scusi, può ripetere?» chiesi gentilmente, nascondendo una punta di fastidio nella mia voce.
«Si,dicevo... Siete stati amici per molto tempo, come mai questa proposta di matrimonio improvvisa?»
Riflettei bene prima di rispondere a quella domanda, ma poi inventai la solita cavolata dell'amore che era maturato negli anni. In realtà non era proprio una cavolata, io quelle cose le provavo davvero, ma non ero capace né di dirglielo né di dimostrarglielo.
L'intervista continuo, con altre domande e richieste piuttosto fastidiose, e quando la giornalista lasciò casa di Sana mi sentii finalmente sollevato e la prima a notarlo fu proprio lei.
«Pensavo che saresti scoppiato da un momento all'altro per quanto trattenevi il fiato!».
Si tolse i tacchi che aveva indossato per tutto il tempo e si buttò sul divano massaggiandosi i piedi. Mi sembró di vivere una tipica scena da coppia sposata, ma scacciai immediatamente quell'immagine per non illudermi troppo.
Seguii il suo esempio e mi gettai anch'io sul divano, cercando di rilassarmi dopo una mattinata infernale, per capire come Sana vedeva il suo matrimonio.
La speranza che Natsumi si riprendesse mi stava abbandonando, ma cercavo di non pensarci assiduamente perché il confronto con la realtà mi avrebbe ucciso. I medici continuavano a dirci di non abbatterci, perché mia sorella era forte, era giovane e soprattutto stava per diventare madre e quello era sicuramentel'imput che poteva farla svegliare, almeno noi cercavamo diaggrapparci con tutte le forze a questa idea, pensando che il desideriodi stringere sua figlia tra le braccia l'avrebbe portata alottare e a combattere. Purtroppo dovevo anche fare i conti con latriste realtà e non riuscivo a non pensare al fatto cheavrei dovuto crescere mia nipote - sempre se l'affidamente fosse andatoa buon fine - da solo, perchè ad un certo punto Sana sisarebbe stufata di badare a me e alla mia famiglia.
«Losai quanto odio queste cose, Kurata. Mi sento a disagio davanti alletelecamere.»
Presia giocherellare con i suoi capelli, e cominciai ad arrotolarmeli cioccaper ciocca tra le dita. Era una cosa mi aveva sempre rilassato e Sananon si era mai opposta, quindi era diventato una specie di rito serale.
«Akito...pensi che questa cosa del matrimonio funzionerà? E se nondovessero darci l'affidamento della bambina?».
Inrealtà non avevo pensato molto a questo, dopo aver decisoche l'idea del matrimonio era l'unica soluzione possibile ero corsosubito dall'assistente sociale e dall'avvocato a dichiarare che mianipote aveva già una famiglia, e che io e la mia fidanzataeravamo gli unici a poter avere la custodia della bambina. Loro miavevano risposto che avrebbero fatto il possibile ma, vista la carrieradi Sana, sarebbe stato complicato convincere il giudice. Non le avevodetto nulla di quel piccolo dettaglio per non farla sentire in colpa,ma ero sicuro che il mio legame di sangue con la bambina avrebbefavorito l'affidamento.
«Speroche funzionerà... o avrò sposato una pazza perniente!» risposi sorridendo. Sana scoppiò a ridereinsieme a me, mi tirò un cuscino sulla faccia e poitornò ad appoggiarsi alla mia spalla.
«Chiederaiad Aya di farti da testimone?». Avevo pensato che l'avrebbechiesto a Fuka, ma poi avevo anche riflettuto sul fatto che Aya per leiera un po' come Tsuyoshi per me, la sua confidente, e che non avrebbemai scelto nessun altro in un giorno così importante.
Leiannuì e io la immaginai in abito bianco, percorrere lanavata verso di me con quei capelli rossi e quel sorriso tuttosbarazzino di cui mi ero innamorato.
«Quindidovrai andare con lei a prendere il vestito...».
Sanasi voltò a guardarmi, togliendomi anche dalle mani i suoicapelli, e mi sembrò di aver detto chissà qualeassurdità.
«Nonci sarà nessun abito, Akito. Avremo una cerimonia civile ebasta, non credo sia il caso di fare un matrimonio in grande stile soloper qualcosa di burocratico.»
Eroabbastanza titubante, sapevo quanto Sana fosse romantica e quanto citenesse ad un matrimonio vero e proprio, quindi mi sembrava assurdo chevolesse solo un'unione civile.
«Maio pensavo che...» cominciai, ma Sana mi bloccòimmediatamente.
«Nientema, non voglio un matrimonio in pompa magna, non sono il tipo da abitobianco, lo sai...»
Cazzate!Avevamo passato pomeriggi interi al centro commerciale, in quel negoziodi abiti da sposa, e lei non aveva fatto altro che ripetere quantoadorasse anche solo l'idea di indossarlo un giorno per l'uomo cheamava.
Già...forse era solo quello il problema, forse non voleva l'abito bianco soloperchè non ero io quello per cui voleva metterlo. Non ero iol'uomo che lei amava.
Quelricordo mi piombò addosso come acqua gelata e per un attimomi sentii in colpa. Come potevo costringere Sana ad un matrimonioimposto, ad una relazione finta che non le avrebbe dato nulla diciò che aveva sempre sognato?
Nonero così egoista, soprattutto perché tenevocosì tanto a lei da non riuscire nemmeno a pensare dicondannarla ad un legame del genere, anche se lo faceva per aiutarmi.
«Nondevi... non devi farlo per forza, lo sai vero? Riuscirò adottenere la custodia della bambina anche senza questo matrimonio, Sana.Non voglio costringerti a fare nulla.»
Sanascosse la testa e sorrise.
«Nonlo faccio per te, lo faccio per tua sorella e per tua nipote, quindinon sentirti in colpa. Ho smesso di credere al principe azzurro e alcavallo bianco, quindi non morirò senza il mio vestito daprincipessa e la mia chiesa addobbata. Stai tranquillo.»
Nonle credevo, perché ne avevamo parlato per anni, non giorniAnni in cui Sana mi aveva chiesto di essere il suo testimone, di nonridere se fosse caduta mentre camminava verso l'altare. Pensava che mene fossi scordato?
Lerivolsi uno sguardo preoccupato, cercando di captare anche il minimosegno di cedimento per appellarmi ad esso ed evitarle una delusionefutura, ma lei non battè ciglio, e io repressi ogni senso dicolpa per concentrarmi sul nuovo capitolo della mia vita: la mia vitada sposato.

*

«Allora,pensi che potrebbero piacerle?»
Indicaigli anelli che avevo davanti e Tsuyoshi mi guardò perplesso,scuotendo la testa.
«Spiegami,perchè devi prenderle delle fedi, se il matrimonioè una cosa puramente contrattuale?»
Camminaiin direzione della successiva gioielleria, sperando che lìavrei trovato quello che cercavo. Tsuyoshi mi raggiunse sbuffando einsistendo per avere una risposta alla sua domanda.
«Lofaccio per ringraziarla, principalmente... mi sta sposando per un mioproblema.» tagliai corto, ma Tsuyoshi non lasciòperdere.
«Elo fai solo per questo?».
Sbuffai,esasperato da tutte le domande che mi stava facendo da un'ora a questaparte, e non riuscivo più a sopportarlo, mi chiedevoperché ancora mi ostinavo a chiedergli consigli, forseperché era l'unico capace di capirmi davvero.
«Sevuoi sapere la verità... no, lo faccio anche per altrimotivi ma non ho alcuna intenzione di discuterne con te.»
Continuammoa camminare tra le strade di Tokyo in silenzio, anche se eraterribilmente invadente Tsuyoshi sapeva quando era il caso di tacere,finchè non passammo davanti ad una gioielleria che non avevomai veramente notato.
Fuun cartello ad attirare la mia attenzione.
MokumeGane.
Erauna tecnica particolare con cui venivano realizzati gli anellimatrimoniali, con la quale ogni anello diventa unico, in quantoricavati allo stesso modo in cui si ricavavano le spade dei samurai.
Erauna cosa speciale, una cosa insolita, una cosa che solo Sana avrebbeavuto.
«Pensodi aver trovato quello che cercavo.»
Entrainel negozio e, dopo aver aspettato una giornata intera per larealizzazione e l'incisione delle fedi, tornai a casa contento dellamia scelta.
Sanale avrebbe adorate.

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PovSana.

Avevanogià letto gli articoli che ci avrebbero uniti, Akito eraaccanto a me e sfoggiava un completo elegante color crema, che siintonava a meraviglia con i suoi occhi, e io avevo le mani sudate inmodo spaventoso.
Eronervosa, non per il momento in sè, ma per ciò cheil matrimonio avrebbe comportato. Una convivenza forzata prima ditutto, e avremmo litigato giorno e notte, ne ero consapevole. Avremmodovuto accudire una neonata perchè, per quanto sperassimoche la situazione di Natsumi migliorasse, sapevamo entrambi che nonsarebbe stato così facile.
Nonmi ero permessa nemmeno per un attimo di guardare Akito negli occhi,pensavo che sarei crollata proprio lì, davanti al giudiceche ci stava per dichiarare marito e moglie, così guardaimia madre che mi sorrideva come una bambina, e allo stesso modoTsuyoshi e Aya. Rei un po' meno, ma era comprensibile.
Mentremi accompagnava al municipio mi aveva fatto chissà quanteraccomandazioni e aveva cercato mille volte di convincermi a non farlo,perchè lui avrebbe trovato un'altra soluzione al problema diAkito, ma io gli avevo dato un bacio sulla guancia e gli avevo detto distare tranquillo, perchè non sarebbe stato per sempre.
Edeccomi, pronta per mettere la fede al dito, senza nemmeno sapere cosasignificasse.
«Avetegli anelli?».
Ioscossi la testa, ma Akito prontamente prese dalla tasca una scatola ela passò al giudice. Non avevo pensato minimamenteall'importanza degli anelli, ne avevo chiesto ad Akito di occuparsene,l'aveva fatto da solo, questo mi provocò un sorriso.
Akitoprese tra le mani l'anello destinato al mio anulare e, con delicatezza,me lo infilò. Il suo tocco mi fece rabbrividire, ma cercaidi mantenere la calma.
Dopoaver fatto la stessa cosa con lui, alzai la mano e guardai il mioanello.
Eraun anello particolare, d'oro e pieno di piccole venature simili aquelle del legno, e lo riconobbi immediatamente.
Eraun Mokume Gane, uno di quegli anelli realizzati come le antiche spade.Mi mancò il fiato, aveva fatto quello per me?
Sorrisid'impulso e, quando il giudice disse le fatidiche parole, saltai alcollo di Akito, abbracciandolo.
Misembrò di essere in paradiso.

*

Iltragitto dal municipio a casa mia - o forse ormai avrei dovuto direcasa nostra - fu molto silenzioso. Ci tenevamo per mano, senza dire unaparola, entrambi pensierosi. Non riuscivamo ancora a realizzare quelloche avevamo fatto.
Erola signora Hayama adesso, nonostante avessi mantenuto anche il miocognome, e la cosa sarebbe rimasta ufficiale per sempre, anche seavessimo ottenuto il divorzio in futuro.
Nonero certa di volerci pensare, in fondo una parte di me sperava che nonce ne sarebbe stato bisogno, ma io volevo un matrimonio vero... unmatrimonio d'amore.
Eforse Akito Hayama era l'ultima persona in grado di darmi una cosa delgenere.
Mivoltai a guardarlo, sulla sua fronte si era formata una piccola rugache aveva solamente quando era preoccupato e d'istinto gli strinsiancora di più la mano, avvicinandomi a lui per appoggiarmisul suo petto.
Luimi guardò stupito, anche se per noi ormai quei gesti eranonormali la situazione aveva preso una piega diversa, e poi mi strinse ase, ricambiando l'abbraccio.
«Andràtutto bene, vero?» chiesi cercando di nascondere il mioterrore.
Luisi spostò per un attimo per guardarmi negli occhi e, dopoavermi stampato un bacio sulla fronte, tornò al suo posto.
«Si,andrà tutto bene.»

Omnia Vincit Amor.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora