Toccare la luna

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CAPITOLO 23.
TOCCARE LA LUNA.

Pov Sana.

Dire che ero terrorizzata sarebbe stato riduttivo: ero nel panico più assoluto. Rei ci stava portando all'orfanotrofio, nonostante avesse più volte tentato di dissuadermi dall'idea di forzare Akito verso qualcosa che era un mio desiderio e mio soltanto.
Mi voltai a guardare l'espressione del biondino al mio fianco: fissava fuori dal finestrino con aria pensierosa e avrei dato qualsiasi cosa per sapere cosa gli stava passando per la testa. Akito invece era di tutt'altro avviso, aveva passato tutta la mattina in religioso silenzio e non mi aveva resa partecipe di nessuno dei suoi pensieri, stando ben attento a non sfiorarmi nemmeno per sbaglio.
Non volevo che il nostro rapporto mutasse ma ero ben consapevole che, usciti da quel posto, inevitabilmente qualcosa sarebbe cambiato. In bene, in male, quello ancora non potevo saperlo. Però ero stanca di sentire Akito così lontano, per cui mi avvicinai a lui, accovacciandomi sul suo petto, cercando sollievo da tutte quelle pesanti incertezze.
"Scusa... sono solo pensieroso." sussurrò Akito stringendomi forte. Quello già servì a farmi sentire un po' meglio.
"Lo so... ma stai tranquillo, andrà tutto bene." cercai di tranquillizzarlo come meglio potevo.
"Che ironia, dovrei essere io a dirti tutte queste cose, a cercare di calmarti... e invece eccoti qua, uno scricciolo a sostenere un uomo grande e grosso."
Non l'avevo mai vista sotto quel punto di vista, Akito mi sembrava la persona più forte del pianeta e a volte dimenticavo quanto potessi essergli d'appoggio, anche se come diceva lui ero uno scricciolo.
"Vorrà dire che da domani sarò io quella che comanda in famiglia." lo canzonai, posandogli poi un leggero bacio all'angolo della bocca.
"Hai sempre avuto tu il comando, Kurata." rise Akito, per poi baciarmi teneramente la fronte.
Guardai in basso e tirai con la mano libera l'orlo della t-shirt che avevo indossato. Ero così nervosa ma dovevo rimanere con i piedi per terra sia per me che per Akito.
Inspirai ed espirai profondamente, cercando di regolarizzare il battito del mio cuore.
"Siamo arrivati.". La voce di Rei mi ridestò dai miei tentativi di calmarmi e mi riportò alla realtà.
Guardai l'edificio: oltre quella porta poteva esserci la mia occasione di essere madre o la distruzione di ogni mio desiderio.
Akito serrò lo sguardo e mi strinse forte, aprendo poi la portiera dell'auto e porgendomi poi la mano per aiutarmi a scendere vista la mia impareggiabile capacità di cadere ovunque.
Rei rimase in auto ma prima che uscissi dalla macchina mi trattenne. "Sana stai attenta. E' la decisione più importante che abbiate mai preso. Siate saggi, e prudenti."
Annuii senza dire una parola, poi strinsi la mano di Akito e, dopo essere scesa, chiusi la portiera alle mie spalle.
Io e Akito rimanemmo in silenzio per qualche minuto prima che trovassi il coraggio di dire qualcosa.
"Sei pronto?" gli chiesi, profondamente spaventata da una sua risposta negativa.
"Sono nato pronto." scherzò lui e io lo conoscevo abbastanza bene da sapere che ciò accadeva solo quando stava per andare in escandescenze.
Ci incamminammo verso l'entrata e, in un attimo, la signora Yatsuma venne ad aprirci con il solito sorriso sulle labbra.
"Sana, ma che bella sorpresa! Non pensavo saresti tornata così presto. E con tuo marito soprattutto."
Akito le strinse la mano e io l'abbracciai, mentre un gruppo enorme di bambini arrivò correndo dal giardino esterno della struttura.
"Sana!" urlarono tutti, con i più bei sorrisi che avessi mai visto. Sorrisi che mi facevano morire l'anima all'idea che nessuno di loro fosse amato e voluto da nessuno.
Tantissime piccole braccia si attaccarono alle mie gambe e non potei trattenere una risata.
Mi piegai sulle ginocchia per poterli guardare negli occhi. Cercavo con lo sguardo Akane e Kanata ma non riuscivo a vederli, magari si stavano nascondendo come al solito.
"Oggi voglio presentarvi una persona molto speciale per me."
Tirai il pantalone di Akito per farlo abbassare.
"Lui è mio marito." dissi voltandomi a guardarlo. Quanto lo amavo... "Si chiama Akito ed è un vero musone."
I bambini scoppiarono in una fragorosa risata. "Quindi cosa ne dite di farlo sorridere un po'? Io ci provo tutti i giorni ma sembra che la sua faccia sia incollata."
Feci finta di muovere senza successo la bocca di Akito e lui stette al gioco per non deludere tutti quegli occhi speranzosi.
"Secondo voi ce la faremo?"
"Si!" urlarono tutti in coro, pronti a quella nuova sfida.
Quando mi alzai di nuovo in piedi e i bambini cominciarono a concentrarsi su Akito, li vidi.
Come la prima volta, mano nella mano.
Come la prima volta, in disparte di tutti.
Mi allontanai dal gruppo e incontrai immediatamente gli occhi protettivi di Kanata che mi accolse con un enorme sorriso. Fu tentato di lasciare la mano della sorellina ma poi rimase fermo. "Ciao!" squittì sorridendo. "Sei tornata!"
"Certo che sono tornata!"
Akane rimase in silenzio, lentamente tentai di avvicinarmi, ma il suo sguardo non si spostò dalla mia camicetta.
La frustrazione crebbe dentro di me come se quella sua reazione fosse colpa mia, nonostante sapessi che non era così.
"Ciao Akane... sai che sei proprio bella con questo vestitino a fiori?". Lei si toccò nervosamente la gonna del vestito, come se la stessi guardando un po' troppo.
"Le è piaciuto subito, ha detto che si sentiva una principessa." intervenne Kanata, tutto contento che sua sorella avesse finalmenrte apprezzato qualcosa che non provenisse da lui.
"Ma lei è una principessa." sussurrai io, immaginandola in una cameretta tutta sua, circondata da miliardi di abitini come quello che indossava.
Improvvisamente Akane si avvicinò al fratello, per bisbigliargli qualcosa all'orecchio. Parlava con una voce così flebile che, anche a quella ridottissima distanza, feci fatica a sentirla.
Nel frattempo dietro di me la signora Yatsuma e un'altra volontaria intrattenevano gli altri bambini per permettere ad Akito di avvicinarsi a me.
Lo sentii alle mie spalle, mentre in silenzio osservava tutta la scena, e finalmente un attimo dopo Kanata parlò.
"Akane mi ha detto che, se vuoi, può prestarti il suo vestito e così diventi una principessa anche tu." riferì lui, facendo una smorfia disgustata, forse dalla voglia di sua sorella di essere una principessa.
Improvvisamente Akito fu accanto a me, in ginocchio, proprio davanti ad Akane che, come con tutti, lo fissava impaurita.
"Ciao Akane..." sussurrò lui, ma lei non rispose.
Sapevo di aver avuto il massimo quel giorno da lei, per cui tornai a rivolgermi a Kanata.
"E tu? Cosa vorresti diventare da grande?"
Lui mi guardò pensieroso, sbattendo quegli occhioni grandi, con quelle ciglia che quasi facevano vento.
"Mhm... il papà!"
Quella risposta mi lasciò esterrefatta: non avevo mai sentito nessun bambino dire una cosa del genere.
"E cosa fa un papà?"
Kanata ci riflettè prima di darmi una risposta. Akito ci ascoltava in silenzio, mentre rivolgeva delle occhiate furtive ad Akane che invece non gli staccava gli occhi di dosso.
"Un papà ti legge le favole, ehm... ti prepara la merenda, ti lascia l'ultimo boccone di sushi..."
Sorrisi insistintivamente e anche Akito fece lo stesso. Chissà chi mi ricordava!
"Ogni tanto la signora Yatstuma prepara il sushi ma..." Kanata si guardò attorno circospetto. "Non è per niente brava!"
Scoppiai a ridere cercando di non soffermarmi sulla parte triste di ciò che mi stava dicendo. Anche se, a differenza di Akane, non aveva danni visibili, anche lui aveva disperato bisogno di amore.
"Posso abbracciarti piccolino?" gli chiesi trattenendo le lacrime, ma lui indicò la sua mano stretta in quella della sorella, come a giustificarsi di non potermi abbracciare bene e quel gesto mi intenerì ancora di più. Gli circondai la piccola vita con il mio braccio e poi gli stampai un fragoroso bacio sulla guancia, pregando nel mio cuore che Akito prendesse la decisione giusta.

Omnia Vincit Amor.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora