Tentazioni.

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CAPITOLO 8.

TENTAZIONI.

Pov Akito.

Non avevo mai pensato a come sarebbe stata la presenza costante di Sana nella mia vita. Si, la pensavo sempre e già il suo pensiero bastava a riempire le mie giornate, ma non ero abituato al suo esserci fisicamente.
In realtà non era molto diverso dall'immaginazione: Sana era solare, divertente, riusciva a scacciare la tristezza che ogni tanto mi assaliva e non avrei potuto desiderare niente di meglio.
Avevamo deciso entrambi di non fare alcuna luna di miele, non era il caso di partire mentre mia sorella era ancora in una situazione critica, e quindi non ci eravamo mossi da casa. Aspettavamo con ansia che la bambina nascesse, ormai avevamo consultato una lunga sfilza di avvocati e tutti ci avevano garantito che la custodia sarebbe senz'altro andata a noi, quindi ci eravamo un po' tranquillizzati a riguardo.
La nascita era programmata dopo poco meno di due giorni, e Sana aveva già riempito casa di body, pannolini e tutto ciò che le sarebbe servito per accogliere mia nipote.
Io la osservavo, mentre metteva a posto la cameretta della piccola, mentre comprava bavaglini e vestitini completamente rosa, e mi sembrava la cosa più bella che avessi mai visto. Sana sarebbe stata una brava mamma.
Avevamo passato la giornata a scegliere il passeggino e il seggiolino per l'auto ed eravamo entrambi distrutti, quindi avevamo ordinato cibo d'asporto e ci eravamo buttati sul divano a guardare la tv, parlando del nostro matrimonio.
«Ma dico... hai notato la faccia di mia madre mentre ci scambiavamo gli anelli? Sembrava che stesse toccando il cielo con un dito!».
Sorrisi, sapevo benissimo che la signora Kurata non le aveva proposto quell'unione solo per il bene di mia nipote, ma principalmente perchè non vedeva l'ora di vederci insieme.
«Si, ho visto. Ma più che altro ho notato lo sguardo di Occhialidasole, pensavo che gli sarebbe venuto un infarto!»
Sana scoppiò a ridere, ricordando la faccia del suo manager che sarebbe dovuta essere immortalata. Si stava avverando il suo peggior incubo e, contemporaneamente, il mio più grande sogno.
Passammo la serata tra chiacchere poco importanti e cibo spazzatura e, se il fantasma della situazione di Natsumi non fosse stato sempre lì in agguato a infastidirmi, avrei potuto anche definirmi l'uomo più felice della terra.
Costrinsi Sana a lasciarmi l'ultimo pezzo di sushi e lei mi lasciò da solo, dicendomi che aveva bisogno di una doccia.
Rimasi sul divano, gustandomi la quiete prima della tempesta. I giorni successivi sarebbero stati sicuramente distruttivi, oltre alla nascita della bambina avrei dovuto portare tutte le mie cose a casa di Sana e, nel frattempo, stare accanto a mio padre che stava lentamente crollando.
Quando aveva saputo che io e Sana ci saremmo sposati per ottenere l'affidamento della bambina, era scoppiato in lacrime. Non perchè non fosse d'accordo, anzi tutt'altro, ma perchè per lui quello presupponeva il fatto che Natsumi non si sarebbe mai risvegliata. Come potevo biasimarlo?
La situazione non era certo delle migliori ma, se c'era una cosa che Sana aveva insegnato alla mia famiglia, era di non perdere mai la speranza.
Mio padre aveva assistito al matrimonio con la testa bassa, sentendosi in colpa perchè era felice per me mentre mia sorella non poteva esserci, e ci aveva abbracciati non appena eravamo stati dichiarati marito e moglie. Ci aveva sussurrato un grazie strozzato dal pianto e poi se n'era tornato in ospedale, che ormai era la sua casa.
Mi alzai per mettere i piatti sporchi nella lavastoviglie e notai che ormai era piena. Cominciavo già a non sopportare delle cose di Sana: era disordinata, casinista, non faceva altro che lasciare vestiti in giro, ma non riuscivo comunque a pentirmi della mia scelta.
Lavai velocemente i piatti e mi avviai verso la camera da letto ma, mentre ero in corridoio, notai che Sana era appena uscita dal bagno in camera.
Non ero un guardone, avevo avuto mille occasioni di guardare Sana in desabillè e tutte le volte mi ero limitato ad abbassare lo sguardo per il troppo imbarazzo.
Ma, stavolta, non riuscii a farne a meno. Mi avvicinai alla porta e, scostandola leggermente, la vidi.
Sana era avvolta da un accappatoio troppo grande per lei che però le era scivolato lasciandole scoperta tutta la schiena.
Aveva i capelli raccolti nella mano destra ed essendo completamente fradici le gocciolavano sul corpo.
Le gocce le scendevano per tutta la schiena, come una mano che l'accarezzava lentamente, e io immaginai che fosse la mia.
Chiusi gli occhi pensando di toccarla, di sfiorare piano la curva della schiena, di premere le dita nell'incavo del suo collo...
Li riaprii immediatamente, reprimendo quelle sensazioni, e allontanandomi da lei. Se la nostra vita di coppia fosse continuata in quel modo probabilmente avrei dovuto farmi controllare da un bravo psichiatra.
Mi buttai sul letto, in preda alla frustrazione, e sbuffai. Come pretendevo di resistere ai miei sentimenti se la sua presenza ormai era una costante nella mia vita?
Non ne ero capace.
Non riuscivo nemmeno ad essere lucido se pensavo che Sana era nella stanza a fianco, nuda, dentro la vasca... figuriamoci se la mia mente sarebbe stata in grado di non tradirmi.
La porta del bagno, che dava sulla camera, si aprì e Sana arrivò in fretta e furia, lasciando una scia d'acqua dietro di lei.
«Il bagno è libero, puoi andare se vuoi.»
Alzai lo sguardo e l'accappatoio incriminato era ancora lì, davanti a me, e continuava a non coprirle la spalla.
Mi mancava l'aria.
«Si, vado subito.».
Mi fiondai in bagno e da acqua calda passai tutto il termostato ad acqua fredda, ghiacciata.
Dovevo scrollarmi di dosso tutta quella tensione che portava il nome di Sana Kurata.

Omnia Vincit Amor.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora