Casetta fuori dal mondo.

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CAPITOLO 20.

CASETTA FUORI DAL MONDO.

Pov Sana.


Uscii dal bagno poco dopo, mi ero sistemata il trucco e avevo messo a posto il vestito. Mi guardai allo specchio: all'esterno tutto sembrava uguale, esattamente com'era prima che io varcassi quella porta, ma dentro ero in tempesta. Tutto mi sembrava assurdo, in mano a un destino che si divertiva a giocare con me.
Tornai al mio posto, sperando che nessuno notasse la tempistica della nostra uscita dal bagno; non avrei sopportato le battute o le insistenti allusioni degli altri ospiti sulla mia vita privata, resa già abbastanza pubblica dal mondo che mi circondava.
Mi accorsi che anche Akito era tornato al suo tavolo, strategicamente lontano dal mio, e solamente quando lo vidi alzarsi, prendere in mano una forchetta e avvicinarla al bicchiere, mi misi in piedi anch'io.
Il suo sguardo mi bloccò sul posto, poi il suo viso si rilassò e tornò a sedersi, capendo che avrei fatto io il brindisi al posto suo. Se non potevo renderlo felice potevo almeno salvarlo da quel discorso che sapevo sarebbe stato una tortura per lui.
"Sarò breve." Iniziai. "Conosco Tsuyoshi e Aya da... praticamente tutta la mia vita. Devo dire che ho anche un po' contribuito a formare questa coppia e per questo voglio prendermi il merito come personale Cupido." Guardai la mia migliore amica che mi rivolse uno sguardo di complicità, sorridendomi.
"Scherzi a parte... scegliere la persona con cui decidiamo di passare il resto della nostra vita è una delle cose che più influenzerà il nostro futuro."
Trovai gli occhi di Akito e mi concentrai su di lui, fissandolo insistentemente e profondamente, perché sapesse che non mi riferivo ad Aya e Tsu.
"Possiamo scegliere male, e rendere la nostra vita un inferno. Distruggerci fisicamente e psicologicamente a causa di questa scelta per poi rinascere quando decidiamo di abbandonare per sempre quel rapporto che può solo causarci dolore. Oppure possiamo scegliere bene, con cura, come se da quell'unica scelta ne dipendesse la nostra esistenza, e in realtà è così e lo sappiamo bene, e cercare la nostra anima gemella. Quella persona che ti completa, ti tiene stretta a se ma allo stesso tempo ti rende libera. Quella persona che sarà la tua compagna di vita.
A volte le scelte vengono date per scontate, ma non è così difficile prendere delle brutte decisioni. E io lo so bene..." . Mi bloccai per prendere fiato e spostai lo sguardo verso la sala, in silenzio e sconvolta dalle mie parole.
"Ciò che sto cercando di dire è che... che non è importante prendere delle giuste o sbagliate decisioni. L'unica cosa importante è trovare la persona che, anche se ne prenderai delle pessime, sarà sempre lì per te.
E io sono certa che sia Aya che Tsuyoshi saranno in grado di fare tutto questo, perché l'amore vero si riconosce a prima vista e il loro, credetemi, lo è."
Alzai il calice verso gli sposi. "Ad Aya e Tsuyoshi."
"Ad Aya e Tsuyoshi!" Ripeterono tutti dopo di me.
Rivolsi nuovamente lo sguardo verso
Akito. Se uno sguardo avesse potuto uccidermi, il suo lo avrebbe fatto sicuramente.
Volevo solo che capisse. Che mi comprendesse. E che mi lasciasse andare per sempre...
per il suo bene.
*
Pov Akito.
"Akito ma si puó sapere cosa cavolo stai cercando?"
Natsumi non si era ancora decisa a lasciarmi in pace, mi assillava tutti i giorni tutto il giorno dal matrimonio di Aya e Tsuyoshi, perché temeva che avrei avuto un crollo nervoso e avrei cominciato a distruggere casa da un momento all'altro.
In realtà la tentazione quella sera era stata tanta, sia durante che dopo la festa, ma mi ero contenuto principalmente perché non avrei potuto rovinare la serata a Tsu.
"Sto cercando la maledetta relazione sul progetto che ho fatto ad Osaka ma, ovviamente, l'avrò lasciata da Sana. Di nuovo."
Mi sembrava di vivere un incubo che si ripeteva ancora e ancora, senza possibilità di scampo. Era un circolo vizioso, un cane che si mordeva la coda e quel morso lo sentivo tutto al centro del petto, mi stava dilaniando dall'interno e non riuscivo più a tenere tutto lì, sepolto da mille dolori, problemi, attimi che mi avevano spezzato.
Sarebbe stato facile ripetere lo stesso errore della volta scorsa, andare da Sana e ritrovarci di nuovo faccia a faccia. Ma non volevo. Non ero in grado di sopportare un altro confronto con lei, non dopo quello che era successo al matrimonio.
"Sei costretto ad andare a chiederglielo, lo sai vero?". Natsumi non era d'aiuto.
"Lo so, Nat. Grazie dell'ovvietà."
Uscii dalla camera di fretta e furia, presi le chiavi della macchina e lasciai Natsumi in casa con la bambina. Mi serviva quella relazione entro la fine della settimana o il mio professore avrebbe potuto anche non farmi superare il corso.
Arrivai davanti casa di Sana cinque minuti dopo, notai che la macchina non c'era esattamente come l'altra volta ma era molto probabile che il destino si beffasse di me, ancora.
Suonai il campanello più volte, aspettando che lei venisse ad aprirmi ma al quinto tentativo capii che non era in casa. Misi le mani in tasca e tiri fuori le chiavi di casa che ancora conservavo e che la volta prima Sana non aveva voluto indietro. Menomale, almeno avrei potuto evitare l'ennesimo confronto.
La casa era immacolata, come se lì non ci vivesse nessuno, come se Sana fosse solo un fantasma dentro casa. Sapevo come ci si sentiva nell'essere solo un'ombra, a non avere niente.
Il letto era disfatto, e per un secondo davanti ai miei occhi passò l'immagine di quella che era ancora mia moglie tra le braccia di un altro uomo. Ogni pensiero del genere fatto prima che diventasse mia era nulla a confronto. Prima potevo solo immaginare quanto fosse morbida la sua pelle, o i suoi gemiti mentre faceva l'amore, il suo modo delicato di muoversi, o la sua bellezza anche con i capelli scompigliati. Adesso tutto questo era una verità nella mia testa, era concreto, e immaginare che facesse tutto quello con qualcuno che non ero io mi faceva mancare la terra da sotto i piedi.
Svuotai tutti i cassetti della stanza, ma ero sicuro che non fosse lì. Non ricordavo dove l'avevo messo, forse nel mobile del salotto. Percorsi tutto il corridoio e continuai a cercare, premurandomi di lasciare tutto per come l'avevo trovato.
Cercai nei cassetti per almeno dieci minuti finché non trovai la relazione in mezzo a dei fogli pieni di frasi scritte da Sana, che avevo portato con me ad Osaka.
Le lessi tutte, una per una, e per ognuna mi scese una lacrima. Come avevamo potuto lasciare che quel sentimento appassisse così? Non eravamo stati capaci di proteggere il nostro rapporto, forse in parte era anche colpa mia. L'avevo lasciata da sola in un momento importante e delicato come la gravidanza. Forse non ero stato abbastanza attento.
Stavo quasi per distruggere tutti quei messaggi d'amore quando squillò il telefono. D'istinto mi alzai per andare a rispondere, quando arrivai davanti al cordless ricordai che quella non era più casa mia, e soprattutto che io non avrei dovuto essere lì in quel momento.
Presi le mie cose per andarmene ma scattò la segreteria e un po' per la voce di Sana che si propagò nella stanza, un po' per la curiosità di sapere chi stesse chiamando, rimasi lì ad ascoltare.
"Salve signora Hayama."
Sentire Sana essere chiamata in quel modo mi fece sorridere. Odiava che il suo cognome venisse sminuito solo perché si era sposata.
"Sono la segretaria del dottor Saito. Mi dispiace disturbarla ma ho visto che ha saltato l'appuntamento di controllo e la invito caldamente a fissarne uno nuovo. Inoltre volevo dirle che il nostro studio offre gratuitamente un supporto psicologico per tutte quelle donne che, come lei, hanno subito un aborto, ed è esattamente con la stessa dottoressa con cui ha avuto un colloquio durante la prima visita. Comprendo che la sua situazione sia molto dolorosa e complicata, ma proprio per questo vorrei che accettasse la proposta." La donna si schiarì la voce. "Richiami signora Hayama. Non è sola nel suo dolore, mi creda. A presto."
Il messaggio vocale terminò e non appena calò il silenzio la mia testa fu invasa da mille domande.
Perché Sana avrebbe dovuto aver bisogno di un supporto psicologico? Lei stessa mi aveva detto apertamente che era contenta di aver abortito.
Tutte le tessere del puzzle che avevo minuziosamente costruito per odiarla si stavano lentamente distaccando. Non mi era mai stata completamente chiara quella situazione e ora le parole di quella donna mi avevano ulteriormente riempito di dubbi. Che Sana mi avesse mentito? O forse ero solo io che cercavo di giustificarla perché ero ancora innamorato di lei.
Camminai avanti e indietro per quel salotto per ore, attendendo che Sana tornasse a casa. Non potevo andarmene senza avere una spiegazione. Magari era tutto nella mia testa. Magari le sarebbe servito per affrontare le conseguenze fisiche dell'aborto e nostro figlio era solamente l'effetto collaterale del problema. Magari la mia testa stava cominciando a giocarmi brutti scherzi. Magari stavo impazzendo.
"E tu che cavolo ci fai qui?"
La voce di Sana mi colpì alle spalle come un pugno, mi voltai e lei era lì, completamente fradicia a causa del temporale di cui mi accorsi solo in quel momento. Sana buttò delle buste della spesa ai suoi piedi e cominciò a strizzarsi i capelli, aspettando una mia risposta. Ma anche la mia lingua sembrava restia a collaborare.
"Quindi? Akito ti senti bene?" mi incalzò lei, facendo un passo verso di me.
Piazzai le mani in avanti, intimandole di fermarsi, e lei lo fece.
Provai di nuovo a parlare. "Sono..."
Mi leccai le labbra cercando di riattivare la salivazione. "Sono venuto a prendere una cosa che avevo dimenticato..."
"Ancora?" mi interruppe. "Ti avevo detto di chiamarmi se..."
"Sta zitta Sana!" urlai, facendo si che smettesse di parlare. Scattai verso la segreteria e rimasi immobile lì. "Quando stavo per andarmene ha squillato il telefono e, non so perché, sono rimasto ad ascoltare il messaggio."
"Nessuno ti dava il diritto!" gridò Sana, perciò cercai di sovrastarla con la voce.
"Era la segretaria del tuo dottore! Prima ha insistito perché tu tornassi per un controllo e poi... no, aspetta! Voglio fartelo sentire perché vorrei farti capire come mai sono rimasto così sorpreso!"
Schiacciai il pulsante play e riascoltai il messaggio insieme a lei. Sana non disse nulla per tutto il tempo. Si limitò ad abbassare lo sguardo e ascoltare in silenzio. La guardai attentamente, forse per la prima volta da quando ci eravamo lasciati: aveva le occhiaie e il viso scavato ed era inutile dire quanto fosse dimagrita.
Non sembrava affatto in salute.
Quando il messaggio finì smisi di fissarla e staccai la segreteria.
"Ora, Sana, vuoi spiegarmi perché questa donna sembra così maledettamente preoccupata per te? Perché dovresti avere bisogno di un aiuto psicologico se proprio tu hai gioito quando nostro figlio è morto!"
Sana cominciò a piangere ma cercava in tutti i modi di trattenersi.
"Spiegamelo!" urlai. "Perchè io proprio non ci arrivo!"
"Smettila! Smettila Akito!" urlò di rimando lei. "Vattene!"
Si avventò su di me e tentò di spingermi verso la porta, con scarso successo.
"Non me ne vado Kurata! Stavolta non puoi cacciarmi! Voglio sapere la verità!" dissi bloccandole i polsi all'altezza del viso.
"Non c'è nessuna verità!" disse strattonando le braccia in modo che la lasciassi. Fece un passo indietro.
"Forse la segretaria avrà pensato di farlo per poi vendere la storia ai giornali."
"Oh! Andiamo Sana! Se avesse voluto guadagnare su questo scoop lo avrebbe già fatto!"
"Cosa vuoi che ti dica Akito? Cosa vuoi sentire? Dimmelo così possiamo farla finita!"
La guardai negli occhi e in un attimo capii che stava recitando. Come avevo fatto a non rendermene conto prima? Ero stato così cieco.
"Voglio che tu mi dica la verità!"
"Non c'è niente da dire! Posso ancora confermarti di non volere figli..."
"Non ci credo!"
"... di aver odiato l'idea di aspettare un bambino."
La voce di Sana si ruppe improvvisamente e una lacrima le scese sulla guancia sinistra.
"Non ci credo!" urlai.
"... e di essermi sentita sollevata quando ho scoperto di aver abortito!"
"Non ci credo!" ripetei urlando disperato per la terza volta.
Feci un lungo passo avanti e, non riuscendo più a trattenermi mi avventai sulle sue labbra come se fossero state la mia unica fonte di ossigeno. Le baciai le lacrime e in quel momento non mi importò più di nulla. Avevo solo bisogno di sentirla vicina. Avevo solo bisogno di respirare insieme a lei. Avevo bisogno di lei.
Sana non si allontanò, anzi mi saltò al collo cingendomi la vita con le gambe. Mentre continuavo a baciarla la spinsi contro il muro così da poterla spogliare nel frattempo. Il contatto con la sua pelle nuda mi diede alla testa e, mentre lei armeggiava con la mia cintura io le tolsi il reggiseno, lanciandolo chissà dove in salotto. Mi allontanai dal muro e mi fiondai sul divano. Non potevo più aspettare, dovevo entrare dentro di lei o il cuore avrebbe potuto scoppiarmi nel petto.
Non aspettai nemmeno di essermi liberato del tutto dei boxer: la penetrai con un affondo deciso e in quel preciso istante immaginai la solitudine di una vita senza di lei.
Sana capovolse le posizioni e vederla sopra di me, ondeggiante, con i capelli spettinati per i continui strattoni e gli occhi chiusi per il piacere, per poco non mi fece perdere il controllo.
Le toccai il seno con urgenza e Sana aumentò il ritmo dei movimenti.
"Ti prego, guardami." dissi ansimando.
Sana aprì gli occhi immediatamente e lì capii davvero: forse la sua testa le imponeva di non dirmi nulla, ma quelle pietre nocciola urlavano tutt'altro.
"A... Aki!"
Sana si morse il labbro inferiore per trattenere i gemiti e di nuovo chiuse forte gli occhi. Mi alzai per baciarla, la morsi e succhiai le sue labbra ancora e ancora finché non diventarono rosse e gonfie.
Avrei dovuto essere pazzo per non innamorarmi di Sana.
I nostri occhi si unirono a fissare in basso, in quel punto di congiunzione che ci teneva legati e sembravamo ipnotizzati da quel movimento.
Emisi un gemito e poi distolsi lo sguardo, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. Sana affondò le unghie nelle mie spalle e non appena la sfiorai leggermente sentii che il suo corpo tremava.
Era così bello guardarla che anche la mia eccitazione crebbe improvvisamente sempre di più ed entrambi crollammo, vinti da quel piacere che solo l'un l'altro sapevamo darci.

Omnia Vincit Amor.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora