Dimenticare.

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CAPITOLO 15.

DIMENTICARE.

Pov Sana.
Sentivo il telefono squillare dalla cucina ma alzarmi era l'ultima cosa che desideravo fare. In realtà, in cima alla mia lista dei desideri, c'era baciare le labbra di Akito che mi stavano a una distanza fin troppo ridotta. Ero sveglia già da un po', lo avevo fissato per qualche minuto e tutto quello a cui riuscivo a pensare era impossessarmi di quella bocca troppo perfetta per essere vera.
Quando avevo cominciato a pensare a lui in quei termini? A notare quei dettagli che prima non notavo affatto?
Mi sembrava di non averlo mai guardato veramente prima di quel momento, come se mi fossi costretta ad evitarlo per non ritrovarmi nella posizione di confusione in cui invece gli eventi mi avevano catapultato.
Ad ogni modo, se non mi alzavo dal letto, si sarebbe svegliato e mi avrebbe scoperto a guardarlo in quel modo insistente e, con mia grande consapevolezza, anche piuttosto imbarazzante.
Mi divincolai dal suo abbraccio e cercai di fare meno rumore possibile, dirigendomi in cucina.
Presi il cellulare appena in tempo, era un numero che non conoscevo. "Pronto?"
La voce dall'altro lato del telefono mi sembrò familiare, ma non capii veramente finchè non si presentò.
"Finalmente sento la sua voce, la famosa Sana Kurata! So che è molto strano ricevere una telefonata dal regista direttamente, sono il signor Miyazaki.".
Scattai, mettendomi in una posizione più composta, come se potesse vedermi. "Oh, signor Miyazaki, non mi aspettavo una sua telefonata. Sono davvero onorata di poter lavorare con lei, anche se in queste settimane non ho mostrato molto interesse, ma non so se ha saputo la piega che ha preso la mia vita e io...".
"La smetta, per favore. So cosa le è successo, e mi dispiace molto per sua cognata, ma avrei bisogno di vederla personalmente il prima possibile perchè, anche se è stata scelta praticamente a scatola chiusa, vorrei capire se lei è veramente adatta a questo ruolo. Avrà ormai letto il copione, sa che tipo di scene sono presenti all'interno del film, quindi voglio testare la chimica col suo partner e farmi un'idea di come renderla un sex symbol grazie a questo personaggio.".
Ascoltai le sue parole con attenzione, sapevo per quale tipo di film mi avevano scritturato ma sapevo anche che il cinema è spesso portato ad esagerare qualcosa che in realtà non è così grave come sembra. Eppure quelle frasi mi preoccuparono, lui voleva creare un personaggio più sexy di quanto già non fosse quello che avevo letto nel copione e rendere me un sex symbol. Non sapevo se ridere o mettermi a piangere.
"Allora? Cosa ne pensa?" incalzò subito dopo e io mi ridestai dai miei pensieri. Strinsi la mano in un pugno e lo sbattei leggermente sul piano cottura. Ero nervosa.
"Si, mi scusi.. per me non è assolutamente un problema, anzi non vedevo l'ora di cominciare a familiarizzare con chi mi affiancherà. Voglio che questo film sia memorabile."
"E' un desiderio comune allora. Quando potremo organizzare un incontro?".
Riflettei per un attimo che non dovevo essere io a dirgli quando e dove potevamo vederci, ma Rei, e che se gli avessi tolto anche il piacere del suo lavoro mi avrebbe uccisa.
"La farò contattare dal mio manager, credo sia la miglior cosa."
"Perfetto allora, aspetto che il suo agente si faccia vivo. Non vedo l'ora di lavorare con lei, Sana."
La conversazione terminò, ma i miei pensieri avevano appena cominciato a farsi strada dentro di me. Girare il film era un grosso rischio per me e per la mia relazione con Akito che era praticamente appena iniziata. Inoltre, poteva essere un grosso danno per la mia immagine. Di solito, i bambini prodigio rimangono - agli occhi dei fans - sempre dei ragazzini estremamente talentuosi e non riescono mai ad uscire dall'idea che siano puri e soprattutto non si accetta il fatto che siano cresciuti. Nel mio caso, un minimo errore poteva essermi fatale, perchè qualsiasi casa cinematografica avrebbe potuto sbarrarmi le porte e togliermi ogni possibilità di lavoro. Certo, sarebbe potuto succedere anche se avessi rifiutato un ruolo così importante come quello che mi era stato offerto da Miyazaki e che Rei aveva accettato quasi senza consultarmi.
Avevo letto il copione, e Miyazaki aveva ragione, c'erano delle scene abbastanza spinte e prima di ritrovarmi sposata con Akito non ci avevo trovato nulla di così sconcertante, ma adesso che il mio legame con lui era più che un rapporto di convenienza le cose erano sicuramente cambiate. Cosa dovevo fare?
Tornai in camera da letto e mi appoggiai alla porta, guardando Akito dormire. La sua schiena si alzava e abbassava lentamente, aveva un braccio lungo il fianco e l'altro sotto il cuscino. I muscoli della schiena erano rilassati, ma la posizione in cui dormiva li metteva in risalto perfettamente.
Mi sentivo in trappola, schiacciata dalla consapevolezza che quel film avrebbe potuto distruggere la vita che mi ero costruita con fatica. Quel barlume di stabilità che avevo aspettato si era finalmente fatto vedere, ma la mia vita non sembrava capace di lasciarmi un attimo tranquilla.
Amavo il mio lavoro, ma Akito lo odiava. Era felice di vedermi felice, di questo ne ero certa, ma quando la mia felicità ledeva la sua sanità mentale - e vedermi praticamente nuda con un altro, sapevo che lo avrebbe fatto - allora forse non era più così tranquillo.
Allora ne valeva la pena? Non potevo vivere senza lavorare, questo era ovvio, ma non potevo nemmeno chiedere ad Akito di sopportare qualcosa che lo faceva stare male.
Ma io potevo sopportare di lasciare il mio lavoro per lui? Amavo più lui o il mio lavoro?
Lo guardai muoversi sul letto. Come facevo a scegliere? Non volevo farlo. Non potevo separarmi da nessuna delle due cose e sarei stata distrutta nel farlo.
Akito mi aveva detto che mi amava. Io no. Non riuscivo a dirlo, non riuscivo nemmeno a pensarlo. Sapevo che lui se n'era accorto e mi rendevo conto anche che non voleva forzarmi per lasciarmi libera di scegliere, ma non potevo approfittarmi di tanta premura.
La mia questione lavorativa non aiutava sicuramente in quella situazione, perchè se Akito mi avesse lasciato perchè non riusciva a gestire i miei ruoli al cinema, avrei perso non solo la persona che amavo, ma anche il mio migliore amico e forse era quella la cosa che più mi spaventava. Sarei stata in grado di sopportare la mancanza di Akito ora che avevo avuto un assaggio di ciò che sarebbe potuto essere il nostro rapporto?
Come avrebbe reagito sapendo che sarei finita a baciare un altro? Si era ormai abituato al mio rapporto lavorativo con Naozumi, ma adesso avrei dovuto recitare con qualcun altro, che lui non conosceva e che non sapeva come gestire.
Mi sentivo in preda all'esasperazione. Riuscivo solo a figurarmi la sua faccia quando gli avrei detto che mi aveva chiamato il regista e che voleva vedermi. Avrebbe dato di matto.
Mi passai le mani sulla fronte, mi sarebbero venute le rughe a forza di preoccuparmi in quel modo.
"Buon giorno, Kurata.". Le braccia di Akito mi circondarono mentre io ero ancora presa dai miei pensieri. "Buon giorno Hayama.". Mi fece voltare e in un secondo ci ritrovammo occhi negli occhi, e lui mi posò un bacio leggero sulle labbra. Il mio corpo si accese come un fuoco e avrei voluto saltargli addosso, ma mi trattenni perchè non potevo permettermi quell'avventatezza.
Mi divincolai dal suo abbraccio, fingendo un sorriso, e andai verso il frigo per prendere il latte.
Lui si appoggiò alla cucina e mi guardò insistentemente mentre prendevo il bicchiere e me ne versavo un po'.
"Dobbiamo andare da Natsumi oggi, te lo ricordi?". Lui annuì e cominciò a tamburellare le dita sul marmo.
"Si, e dopo passiamo a prendere Kaori da tua madre.".
Finii di bere il mio latte e misi il bicchiere nel lavandino. "Perfetto allora, vado a vestirmi.".
Non ero pronta ad affrontare il discorso, non sapevo come dirglielo nè se volevo veramente dirglielo, perchè le conseguenze sarebbero state disastrose e lo sapevo fin troppo bene. Quando gli avevo detto di capodanno non aveva battuto ciglio, ma sapevo che non era stato felice di non passarlo con me tanto che poi si era inventato tutta la faccenda del planetario.
Lo amavo così tanto. Aveva fatto tutte quelle cose per me e io adesso lo stavo per deludere.
Quando arrivai in camera da letto sentii i suoi passi dietro i miei, sapevo che non sarei riuscita ad evitare l'argomento, quindi tanto valeva smetterla di farlo e provare ad aprire la questione senza far scatenare l'inferno.
Mi voltai verso di lui che era appoggiato alla porta esattamente nella stessa posizione in cui ero io poco prima, mentre lo guardavo dormire.
"Mi ha chiamato il regista del film. Vuole vedermi.".
Lui chiuse gli occhi, forse per calmarsi, e poi incrociò le braccia sul petto.
"Quindi? Qual è il problema?".
Inspirai.
"Vuole capire se sono la persona adatta a questo ruolo un po'...". Non riuscivo a trovare la parola adatta per non farlo impazzire. ".. particolare.".
Non era proprio quello che intendevo, ma sarebbe andato bene lo stesso.
"Particolare in che senso? C'è qualcos'altro che non so, oltre quello che ho scoperto dalla famosa intervista?".
C'erano un sacco di cose che non sapeva, che non gli avevo detto proprio per evitare discussioni inutili, come il fatto che Rei mi aveva consegnato il copione e la sceneggiatura dell'intero film per farmi un'idea del mio personaggio, o anche che erano settimane che cercavo di costruire quel personaggio e che mi riusciva anche piuttosto bene. Non sapeva tante cose, e mi pentii immediatamente di avergliele nascoste.
"Il mio personaggio è... molto, molto spinto. Si tratta di una ragazza che viene costretta a prostituirsi, e ci sono un sacco di scene che presuppongono una certa componente fisica. Molto, fisica."
Sapevo cosa stava pensando, sapevo cosa stava immaginando soprattutto.
"Fisica nel senso che dovrai fare scene in cui vai a letto con qualcuno?".
Mi rabbuiai, perchè era proprio quello che succedeva, ed era ovvio dal momento che il tema principale del film era la prostituzione. Sarei stata praticamente nuda per la maggior parte del tempo.
Annuii, non dissi una parola.
"Non posso gestire una cosa del genere. Cazzo, no che non posso!".
Mi fissò negli occhi con una tale intensità che dovetti spostare lo sguardo, mi sentivo piccola di fronte alla sua rabbia perchè sapevo che in fondo aveva ragione e che non potevo chiedergli un tale sforzo. O forse si?
Diceva di amarmi, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per me, e allora perchè non poteva accettare che io amassi il mio lavoro e che non ci volessi rinunciare?
Cominciò a spostarsi per la camera, raccattando i vestiti che c'erano per terra, nel frattempo sbuffava e teneva i pugni stretti. Temevo che potesse mettersi a distruggere tutto da un momento all'altro, solo per sfogare la sua frustrazione.
"Se mi ami, imparerai a gestirla.".
I suoi occhi presero una sfumatura che non avevo mai visto, sembrava accecato dalla rabbia, dalla disperazione. Era triste. Era triste a causa mia.
Sapevo cosa stava per succedere.
"Sai che ti dico? Non porterò avanti questa conversazione. Il discorso è chiuso. Fai come meglio credi, non mi importa. Me ne vado in ospedale."
Rimasi impietrita. Lui prese tutti i suoi vestiti, scelse una maglietta e un paio di jeans, si vestì e in un minuto era furi dalla porta.
Sperai che stavolta non passasse una settimana prima di rivederlo.


Omnia Vincit Amor.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora