Il resto non conta

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Una fioca luce filtrava dalla finestra e impiegai qualche secondo per abituarmici. Guardai lo schermo del televisore di fronte a me, entrato in stand-by chissà da quante ore, poi abbassai gli occhi sul viso tenerissimo di James che dormiva beato con la testa poggiata alle mie gambe. Presi ad accarezzargli i capelli il più delicatamente possibile, sia per non svegliarlo che per non scompigliarli troppo.

Mi gustai il rumore leggero del suo respiro e le smorfie che, di tanto in tanto, spuntavano buffe facendomi sorridere.

Stavamo insieme da poche ore, eppure avevo già la fortuna di guardarlo dormire tra le mie braccia. Mi sporsi leggermente in avanti e gli baciai le labbra corrucciate appena. Chissà cosa sognava! Si lamentò con un verso strano, poi aprì gli occhi incontrando i miei e sorrise dolcemente mentre allungava una mano per accarezzarmi una guancia.

«Salve» disse con voce arrochita.

«Salve.»

«Mi sono addormentato.»

«Anch'io. Mi sento tutta indolenzita.»

«Colpa mia, immagino.»

Alzai le spalle. «Non importa.»

«Mi piace quando mi tocchi i capelli.»

«A me piace farlo, quindi è perfetto.»

«Io sono perfetto.»

Roteai gli occhi al cielo. «Sì, anche tu» gli concessi.

Si sollevò e mi baciò, a lungo e profondamente. Si scostò solo quando fummo a corto di fiato.

«Che ore sono?» chiese.

«N-non...» Schiarii la voce per ridarmi un tono. «Non ne ho idea.» Afferrai il telecomando e sintonizzai su un canale a caso, solo per far comparire l'orario. Mi prese un colpo quando lo lessi.

James notò la mia espressione e si voltò verso la tv. Schizzò subito in piedi come una molla. «Le nove! Sono rovinato. Non riuscirò mai a sgattaiolare in camera mia senza farmi scoprire!»

«Oddio, mi dispiace.»

«Mamma Knight starà già dando di matto.»

Stavo per ripetere le mie scuse ma bussarono fragorosamente alla porta. James mi guardò con una scarpa ancora in mano e l'aria di uno che voleva buttarsi dal balcone. Tesi le labbra in un sorriso di incoraggiamento, ma mi uscì solo una smorfia ridicola.

Il bussare alla porta, nel frattempo, non era cessato e andai ad aprire per non far spazientire e preoccupare oltre quella che doveva essere per forza la signora Knight. Presi un bel respiro e spalancai la porta con un sorriso. Quando mi ritrovai davanti la minuta quanto incazzata Katie, non seppi se essere sollevata oppure no.

La ragazza continuò a bruciarmi con lo sguardo, poi si decise a parlare: «È qui?»

Mi scansai e la invitai a entrare con un cenno della mano. Katie si lanciò come una furia verso il cantante, che aveva perso il colorito al viso, e gli si piantò davanti. Cominciò a gesticolare mentre gridava cose del tipo "sei un idiota", "egoista", "irritante". James si scusò almeno un centinaio di volte, ma lei non dava segno di calmarsi. Lo fece solo quando ebbe finito gli aggettivi negativi che aveva in repertorio.

«Non ti azzardare a farlo mai più!»

«Non l'ho fatto di proposito: ci siamo addormentati!»

«Ho dovuto dire alla mamma che eri uscito di buon'ora per allenarti al parco!»

«Katie, mi dispiace.»

«Non ti coprirò più.»

«Scusa» ripeté per l'ennesima volta.

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