Partenza

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Quella mattina avevo un diavolo per capello e non riuscivo a controllare i miei scatti d'ira. Per natura ero una ragazza calma e tranquilla ma, quando mi giravano le scatole, non ce n'era per nessuno. Il motivo del mio malumore era James, tanto per cambiare. Stavolta però non aveva fatto nulla di male. Ciò che mi rendeva nervosa e tesa era la sua imminente partenza: da lì a breve si sarebbe messo in viaggio con i Big Time Rush, su uno splendido tourbus, alla volta di Phoenix per la data di apertura.

Aumentai il ritmo della corsa e il tapis roulant segnò subito il cambio di velocità sullo schermo. Fare esercizio fisico mi aiutava sempre a migliorare l'umore perché riuscivo a sfogarmi, ma in quel momento non sembrava sortire l'effetto desiderato. Decisi quindi che l'allenamento era finito e lasciai la palestra ancora più inacidita.

«Perché non sei con James?» chiese una confusa Katie alle mie spalle.

Mi voltai sbuffando e mi costrinsi a rispondere educatamente. «Ci vediamo alle dieci al 2J.»

Guardò l'orologio che portava sempre al polso. «Non lo aiuti a preparare le valige e cose del genere?»

«È in grado di farlo da solo.»

Inarcò un sopracciglio scettica. «Se ne sei convinta... Comunque è insopportabile più del solito stamattina e, dato che non voglio passare le prossime tre ore a desiderare di ucciderlo, ti prego di andare da lui ora.» Quella che doveva essere una supplica in realtà fu un ordine.

«Andrò quando lo vorrò io.»

«Smettila di fare la parte di quella a cui non importa e vieni con me» decretò afferrandomi un braccio e trascinandomi al suo appartamento.

«Devo fare una doccia» mi lagnai e strattonai il braccio riuscendo a farle mollare la presa.

«Oh, fa come vuoi!» gridò scocciata e si allontanò verso le scale continuando a borbottare e gesticolare. Quella arrabbiata dal comportamento dell'altra dovevo essere io non certo lei!

Tornai al mio appartamento e mi fiondai sotto la doccia per poi andare da James. Anche se aveva sbagliato il modo, Katie aveva ragione: non potevo aspettare altri cinquanta minuti prima di incontrarlo.

Impiegai pochissimo tempo a prepararmi ma mi era sembrato comunque troppo. Uscii in fretta dalla mia camera e, presa la chiave dell'appartamento, corsi dal mio ragazzo.

Appena misi piede fuori dall'ascensore, un gran baccano diffuso nel corridoio del secondo piano mi investì e rimasi di stucco nel vedere la folla accalcata davanti all'appartamento dei ragazzi.

Un furioso Bitters mi superò e tentò di farsi largo fino alla porta riuscendoci a fatica. Per un attimo, un solo attimo, calò il silenzio assoluto e il corridoio sembrò popolato da fantasmi silenti, ma il fracasso scoppiò di nuovo non appena Bitters diede le spalle alla porta del 2J. Il pover'uomo, che voleva solo far rispettare la sua autorità e le regole del Palm Woods, sbuffò sonoramente e si mise una mano sul viso facendolo passare per un gesto di stizza. Io invece ero riuscita a vedere l'ombra di un sorriso che avrei definito paterno. Nei giorni trascorsi con loro avevo capito che James, Logan, Carlos e Kendall stavano a cuore a molte persone, compreso il burbero - all'apparenza - direttore.

Quei pensieri dolci furono bruscamente interrotti da qualcuno che mi aveva stretto in un abbraccio di ferro. Poi quel qualcuno alle mie spalle posò le labbra sul mio collo e mi resi conto che si trattava del mio splendido fidanzato.

«Come mai non sei dentro a fare baldoria?»

«Ero venuto a cercarti al 4L.» Allentò la stretta e potei voltarmi per guardarlo negli occhi.

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