E incontri ravvicinati

368 33 6
                                    

Casa Riddle era sempre immersa in una coltre di buio e polvere. Ma la puzza, rispetto a due settimane prima, sembrava quasi aumentata - come se un cadavere fosse stato lasciato lì dentro a marcire.

« Sei in ritardo » disse Severus, dritto e immobile nella sua lunga casacca nera.

Rispetto a due settimane prima era cambiata anche un'altra cosa: ero io, adesso, a dover mettere la mano in quella caraffa di ceramica per estrarre la pergamena da portare al Signore Oscuro. Era io a dover portare a termine direttamente le indicazioni di Voldemort e non Piton. Lui mi seguiva, continuava a somministrarmi quelle sue pozioni ricostituenti e mi proteggeva, da padrino qual era. Sospettai che avesse perfino stretto un voto infragibile con mia madre dati i suoi atteggiamenti, ma non glielo chiesi: mi era accanto e questo mi bastava.

« Sì, sono in ritardo » dissi, continuando a camminare in direzione della vetrinetta, senza aggiungere altro.

Infilai la mano nella caraffa, presi il rotolo e lo nascosti sotto l'ala sinistra del mio mantello. Non osavo guardarne il contenuto ma avevo capito che si trattava di una comunicazione segreta che avveniva tra l'Oscuro e una seconda persona, forse perfino infiltrata nella resistenza, che gli passava informazioni.

« Domattina non posso venire con te al Ministero » disse Severus, mentre uscivamo nei giardini umidi e silenziosi.

« Perché mai? »

« Il Signore Oscuro mi ha affidato un altro compito. Tieni » fece, porgendomi un sacchetto pieno di fialette. « Potrei stare via per qualche giorno. »

***

L'alba mi trovò nuovamente con gli occhi aperti. Rimasi a guardare la rete del materasso sopra il mio, respirando piano. Quel giorno ci aspettava una grande prova di coraggio e non potevamo commettere alcun errore; se fossimo riusciti a recuperare il medaglione di Salazar avremmo riportato un enorme vittoria.

Harry, a colazione, ci confidò che pensava fermamente che altri Horcrux si trovassero proprio ad Hogwarts; il problema era, però, che il castello era ormai occupato dai Mangiamorte e, anche se Piton si apprestava a ricoprire ufficialmente il ruolo di Preside dal primo settembre, in quel momento era quasi impossibile pensare di andare lì per fare delle ricerche. Avevamo deciso di rimandare, perciò, almeno fino all'inizio dell'anno scolastico. Inoltre, Hogwarts doveva necessariamente essere l'ultima tappa, l'ultimo scontro: da lì saremmo usciti o vincenti o perdenti, o vivi o morti.

Ripetemmo brevemente il programma d'azione che ci aspettava: l'idea era di rubare l'identità di ministeriali casuali, lasciarli addormentati per almeno un'ora e prendere i loro vestiti, cercando di trovare nel più breve tempo possibile la Umbridge e sottrarle – con l'inganno o con la violenza – quel maledetto medaglione. Infine, tornati al Quartier Generale, distruggerlo.

Mi chiusi in bagno, mi gettai l'acqua fredda sul viso e mi guardai a lungo allo specchio: dovevo restare concentrata, non spostare i pensieri altrove – nemmeno a quello che credevo di aver visto la sera prima. Tonks aveva ragione: dovevo smetterla di inseguire i fantasmi.

Indossai un jeans e una tshirt nera, scarpe comode e capelli legati; mi concessi di intrecciarvi anche il nastro di Draco, sperando che potesse proteggermi da tutti i pericoli.

Erano le otto in punto quando lasciammo Grimmauld Place per smaterializzarci a Londra. Ero stata davvero poche volte nella capitale e non ero sicura che mi piacesse molto la caoticità di una metropoli. Troppe persone, troppe macchine. Tutto viaggiava veloce mentre i miei pensieri avevano bisogno di calma, tempi sospesi e sangue freddo.

Raggiungemmo la zona dov'era ubicato il Ministero della Magia ma sapevamo bene che l'ingresso non era visibile ai Babbani; dovemmo restare in attesa, nascosti tra la folla, fino ad intercettare delle possibili prede, possibilmente due uomini e una donna.

Polisucco (sospesa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora