E contatti strappati

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Intro: buongiorno a tutti! Ecco a voi il nuovo capitolo. Sarà un po' pesante ma ho già pronto il prossimo (avevo scritto una cosa lunghissima ma ho pensato fosse meglio dividerla in due parti). Perciò al massimo entro domenica avrete anche il capitolo diciassette (e forse un po' di gioia xD forse, però u.u)


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Vuoi aiutarmi? Temevo la sua risposta, temevo un rifiuto. Temevo che dopo tutto ciò che le avevo detto, tutto ciò che le avevo fatto, ogni barlume di pietà nei miei confronti fosse svanito. Ero in piedi a sanguinare e l'unica cosa che non mi faceva cadere sulle ginocchia era il suo sguardo. Poi, il suo lieve cenno d'assenso e le labbra tremanti color del tramonto. Allora portami con te. Le sue mani tese verso di me: l'invito più dolce della mia breve vita. Finalmente il suo calore, il suo profumo, il suo abbraccio a sanare il mio corpo stanco. Avevo chiuso gli occhi. Avrei voluto perdermi con il naso tra i suoi capelli; da lei mi sarei fatto portare ovunque e ovunque sarei stato a casa.

Deglutii.

Mi portai le dita davanti agli occhi quando l'alba arrivò a bruciare il mio sguardo vuoto. Le pupille si ridussero fin quasi a scomparire e, mentre lentamente abbassavo la mano, nei miei occhi restò solo freddo cielo.

Non avevo dormito neanche un minuto quella notte e la cosa non mi sorprendeva affatto. Ero rimasto seduto sulla poltrona di velluto a guardare fuori, prima la notte, poi il giorno. Se mi fossi osservato allo specchio avrei trovato - ne ero sicuro - le occhiaie quasi nere e l'espressione vacua, di chi sa che sta per perdere tutto.

Stavo per perderla. Nella mia perversa arroganza ero stato quasi felice di averla avuta con me, nonostante lo sfondo in cui si era mosso il tutto. Avevo avuto la possibilità di averla vicino, in un modo malato, ne ero consapevole; in un modo che faceva schifo perfino a me stesso. Ma lei era stata lì con me a ricordarmi chi ero e chi potevo essere; senza di lei avevo paura di diventare ciò che temevo di più. Ma dovevo, dovevo lasciarla andare...

« Draco. »

Voltai appena il capo con ancora la mano sotto il mento. Severus era lì.

« Sì » annuii, guardando nuovamente oltre la finestra.

Sentii i suoi passi farsi lontani e sapevo che avrei dovuto seguirlo; mi concessi ancora un attimo e poi mi alzai.

Il piano che stavamo per mettere in pratica era fin troppo semplice e sicuro per avere rischi di fallimento; ma per organizzarlo avevo rischiato più volte di perdere la mia innata pazienza e di uccidere qualcuno.

Severus era da tempo in contatto con Lupin per decidere il da farsi ma l'idea risolutiva era stata concepita da San Potter. La chiave di tutto il nostro piano era quell'elfo domestico traditore che aveva lasciato i Malfoy anni prima, liberandosi dallo stato di servitù. Mio padre non aveva mai dimenticato quell'episodio e l'onta che il suo orgoglio aveva subito; tornato a casa aveva minacciato di ridurre a brandelli ogni briciolo di vita di Harry Potter e perfino io ne avevo avuto paura. Avevamo dodici anni all'epoca e mio padre mi sembrava l'essere più terribile e pericoloso del mondo.

Ad ogni modo, Dobby si sarebbe smaterializzato nel sotterraneo e avrebbe portato via Hermione, perché lui poteva eludere tutte le magie anti-smaterializzazione che esistevano a Malfoy Manor. Se fossero venuti dei maghi avremmo dovuto inscenare una battaglia in cui perdere avrebbe significato cadere sotto la rabbia di Lord Voldemort; un gesto furtivo e di fatto inosservato come quello di Dobby era legittimo che potesse sfuggirci.

Polisucco (sospesa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora