ONE-SHOT[BBRAE]45

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Era ormai il tramonto quando Beast Boy la trovò in cima alla Torre. Se ne stava seduta lì, sul bordo del tetto, le gambe penzoloni. Sapeva che Raven amava quel momento della giornata, quando la luce del sole morente allunga le ombre e annuncia il calar delle tenebre. Si era spesso domandato se non fosse dovuto alla sua natura di mezzo demone o se, piuttosto, fosse soltanto una semplice coincidenza. Non che avesse importanza, in effetti; solo che, quando si trattava di lei, il mutaforma voleva scoprirne sempre di più.
Facendosi coraggio, mosse i primi passi nella sua direzione e quando le fu accanto, domandò: «Posso sedermi?» Lei non rispose, come se non lo avesse né udito né visto, e Beast Boy lo prese per un sì. Rimasero in silenzio per qualche istante, ammirando insieme il grande disco arancione che sembrava tuffarsi lentamente nel mare di fronte a loro.
«Mi... dispiace.» Fu con queste due semplici parole che il giovane decise di iniziare il suo discorso di scuse. Gliele doveva, ne era consapevole, ed era giusto che le parlasse col cuore in mano. «Lo so che sei arrabbiata...»
«La cosa che mi irrita di più», lo interruppe Raven con impeto, a testimonianza di come la sua pace interiore fosse ancora sconvolta da quell'ennesimo alterco, «è che la tua mamma adottiva ha affermato che tu sai perfettamente cos'è il rispetto per lo spazio altrui. Eppure non manchi mai occasione per invadere il mio. Vorrei soltanto capire perché ce l'hai con me.»
«Io non ce l'ho affatto con te, Raven!» esclamò subito Beast Boy, allarmato all'idea che lei potesse davvero convincersi di una cosa del genere. Diamine, non glielo aveva pur dimostrato una miriade di volte, quanto le volesse bene, in realtà?! La ragazza si volse a guardarlo per la prima volta, accigliata e perplessa, e lui si affrettò ad aggiungere: «Lo so che non è una buona scusa, ma...» Tentennò, massaggiandosi la nuca, gli occhi bassi. «È il mio modo di rapportarmi con te», pigolò infine, mortificato.
Raven si permise di incrociare le braccia al petto e di sollevare un sopracciglio con aria scettica. «Dandomi fastidio?» lo provocò. «Ti rendi conto che è un atteggiamento infantile? È un po' come se fossimo all'asilo e tu mi tirassi le treccine.»
«È che... sei divertente», le spiegò l'altro, pur senza malizia. Vide gli occhi della compagna assottigliarsi in uno sguardo sottile e assai pericoloso. «Con questo non voglio certo dire che sei il mio passatempo preferito», si affrettò allora ad aggiungere, sulla difensiva. «Cioè... in effetti sì, lo sei», dovette ammettere per amor di sincerità.
«Non so se te ne sei accorto, ma in realtà sarei una persona», ci tenne a sottolineare la maga. D'accordo, come persona forse era un po' sui generis, ma non lo era forse anche lui? Ed entrambi sapevano bene quanto potesse essere difficile convivere con una doppia natura, soprattutto quando i sentimenti provati erano umani al cento percento.
«Me ne sono accorto eccome», le assicurò Beast Boy, quasi offeso per quella mancanza di fiducia. «Ma non so in che altro modo attirare la tua attenzione», confessò, guardandola da sotto in su. «Te ne stai sempre sulle tue, e quando ti rivolgi a me lo fai soltanto per prendermi in giro. E nel momento in cui cerco di avvicinarmi in modo gentile, bene che mi vada mi ritrovo una porta chiusa in faccia.»
Tra loro calò il silenzio, che rendeva ancora più pesanti le ultime parole del giovane. Quest'ultimo si rendeva conto di essere stato forse troppo schietto, però era altrettanto consapevole che quella fosse l'unica maniera per cercare di risolvere la questione una volta per tutte. Raven aveva un caratteraccio, questo era indubbio; ciò nonostante, per quanto potesse essere anche orgogliosa, era dotata di un grandissimo spirito di giustizia, che la rendeva obiettiva in qualunque situazione. Beast Boy era perciò sicuro che lei avrebbe compreso quel che lui stava cercando di dirle, senza tuttavia prenderla a male per davvero.
La conosceva come le sue tasche, perché in effetti in quel momento la ragazza cominciò a farsi un lungo esame di coscienza. Sarebbe stata ipocrita a negare che lui avesse ragione, pertanto si accorse che la situazione aveva iniziato a ribaltarsi e che, almeno per una volta, loro due avrebbero dovuto invertirsi le parti.
«Scusami», disse allora, mortificata.
«No, scusami tu», rispose il giovane, fissando il suo profilo nella calda luce del sole al tramonto. Aveva sempre pensato che Raven fosse bella, ma adesso che poteva ammirare la sincerità dei suoi lineamenti se ne convinse una volta di più. «So che per te è difficile esternare le tue emozioni», continuò poi, mentre anche lei tornava a guardarlo, dispiaciuta per le loro reciproche incomprensioni. «Solo... non potresti semplicemente concentrarti su quelle positive?» le propose lui, abbozzando un sorriso carico di timida speranza.
Probabilmente aveva ragione, Raven ne era consapevole. «Anche quando mi fai saltare i nervi?» s'interessò di sapere, con espressione sorniona in volto.
«Sì, beh... Magari in quei momenti, anziché sulla tua rabbia, potresti concentrarti sul fatto che hai a che fare con un gran fico», ebbe la faccia tosta di consigliarle il mutaforma, lieto che ogni dissapore si fosse ormai dissolto. Lo sguardo che lei gli rivolse fu tutto un programma, tant'è che Beast Boy se ne risentì, perdendo il sorriso. «Ehi!» iniziò a protestare, indispettito. «Allora perché l'altra volta mi hai chiamato Principe Azzurro?!»
La maga strabuzzò gli occhi. «Hai... davvero creduto che ti avessi chiamato in quel modo per farti un complimento?»
Lui allibì per quella cattiveria gratuita. «Quindi era solo l'ennesima presa per i fondelli?!»
Raven fu costretta a mordersi il labbro inferiore, sorridendogli tuttavia con gli occhi. «Sai... alla fine devo darti ragione», iniziò a dire, guardando con tenerezza la luce del sole baciargli la pelle verde che nulla aveva di fascinoso. Sì, il tramonto era decisamente il momento della giornata che lei preferiva, e il fatto di poterlo condividere proprio con Beast Boy, ora, contribuiva ad allietarle lo spirito. Poteva essere inteso come qualcosa di altamente sentimentale, quello? Forse, dato che si stavano parlando come sempre con sincerità. Peccato solo che entrambi fossero un po' l'antitesi del romanticismo. Ma era il loro modo di giocare, di tenersi compagnia, di dirsi ti voglio bene.
«Su cosa?» s'incuriosì il giovane, increspando leggermente la fronte.
«A volte sai essere davvero divertente. Tuo malgrado.»

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