Harry stava seduto ormai da circa mezz'ora sul quel pavimento freddo.Come ogni mattino si era recato alle prigioni sotterranee per portare del cibo a quella ragazza di cui tutti ne sembravano sapere più di lui.
Da lontano, a debita distanza, restava a guardarla.
Cassia era poggiata sulla pelliccia che, Harry stesso, aveva preso dall'armadio della sua stanza in cui da sempre aveva abitato. La ragazza aveva le mani tra le gambe, e le ginocchia piegate verso il torace, rannicchiata come se fosse alla ricerca di protezione. Nell'espressione di Cassia non vi era alcun ghigno, i muscoli del suo viso erano totalmente rilassati mentre Harry immaginava che la sua mente stesse vagando tra sogni di cui mai avrebbe fatto parte. Le labbra leggermente schiuse permettevano il passaggio dell'aria. I Suoi capelli rossi, erano i più accesi che avesse mai visto e quasi dubitò della loro naturalezza, sembrava emanassero luce propria, nonostante fossero sporchi e mal ridotti.
Al suo fianco, Harry, teneva il vassoio che ormai ogni giorno aveva imparato a portare, e sulle sue gambe il diario che perennemente si trascinava dietro, così come un buon scrittore fa per cogliere e trascrivere ogni sfumatura della vita.
Quando l'aveva vista la prima volta, quella sera, si ricordava benissimo il senso di vuoto e pietà che aveva provato verso quella giovane ragazza sola e disperata.
Non era stata la sua bellezza a colpirlo, ma la scena in cui le sue gambe senza timore camminavano verso la morte, l'aveva stupido e mai più lasciarono la sua mente. Nessun incertezza nei movimenti della ragazza dai rossi capelli lisci come la seta, fu solo quando guardò i suoi occhi, che rivelavano tutto il contrario, che fu certo che qualche timore lo possedeva.
Le lacrime le scavavano le guance di quel viso che sembrava un dipinto raffigurante la tristezza di un'esistenza solitaria.Forse per lei, valeva davvero la pena morire,o forse, magari, un giorno lontano da li', avrebbe ringraziato il suo salvatore.
Harry non riponeva nessuna speranza su quei pensieri. Un'anima che non vuole salvarsi non si salverà. Nonostante ciò aveva sentito il bisogno di non abbandonare qualcuno che sarebbe potuto essere salvato anche se essa stessa credesse di non volerlo. Semplicemente non voleva sulla coscienza il peso di una morte che poteva essere sviata.
Si accertava che le venisse dato il necessario, e sperava che presto avrebbe trovato nuove speranze su cui poggiare la sua esistenza.I suoi occhi si aprirono, sembravano due iceberg imprigionati. Tanto chiari da far quasi impressione e tanto belli da rubare l'anima del giovane. Lui li fissava aspettando qualche mossa di Cassia, mentre il suo corpo giaceva inerte al suolo, i loro occhi ancora incastrati gli uni negli altri.
Quando Cassia uscì dal suo stato di trance, rimase sorpresa ma per niente disturbata da quella presenza, di certo non vedeva l'ora di tuffarsi sul vassoio che Harry le aveva lasciato lì vicino al suo corpo.
Si alzò, cercando di sistemare i capelli divenuti ormai un'ammasso di nodi sporchi e si avvicinò a lui.
«Grazie» gli disse. Era la prima volta che lo ringraziava per quel cibo prezioso che le avrebbe dato le forze di affrontare un'altro giorno.
Harry le accennò un sorriso ma non disse nulla. Rimase seduto dov'era ad osservare i movimenti della giovane, mentre Cassia, non curante, mangiava la sua portata giornaliera di carne e patate accompagnato da un calice ricolmo di vino.
Harry aveva conosciuto un po' i gusti di Cassia, di quando solitario restava solo l'osso su cui era attaccata la carne, mentre lo scheletro del pollo non era mai completamente nudo. L'acqua non era mai rimasta, così come il vino, ed oggi aveva deciso di portarli entrambi per essere sicuro che la ragazza fosse in forza, o forse quella era solo una scusa.
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Cassia |h.s.|
Fanfiction«Hai posato il piede nella mia cella ed il cemento è divenuto prato.» ©MerciFern2016