All'uomo che
mi ha insegnato
ad amare il mare.«Quello è il mare.»
Cassia spostò il suo sguardo ed una grande, immensa ed infinita distesa d'acqua le si presentò davanti. L'acqua blu dell'oceano che si abbracciava al cielo azzurro, e della notte appena trascorsa neppure il ricordo.
Quel rumore così rilassante era dato dallo sbattere delle onde sulle rocce, le stesse che non permettevano al mare di espandersi e ricoprire ogni squarcio di terra.
Guardò Harry allontanarsi da lei e gettare, sull'erba alta, lo zaino che da ore gravava sulle sue spalle. Harry si avvicinò al mare, con agilità scavalcò ogni scoglio e poi tolse la maglietta, i stivali e calò i pantaloni.
Cassia puntò il suo sguardo solo sulle sue spalle nude, mentre osservava le braccia del ragazzo alzarsi ed abbracciare il vento leggero che sfiorava la sua pelle.
Harry si sentì finalmente libero vedendo il mare scivolare su se stesso e sbattere sugli scogli scalfiti da migliaia di onde.
Fu quando si infranse sulla fresca superficie dell'acqua, che distrusse ogni sua barriera. Un tuffo veloce, fresco, rigenerante nell'acqua chiara illuminata dai raggi del sole che restava alto ad osservare un'altro giorno dello stesso mondo. Bastava solo quello per entrare in mondo che lo avrebbe protetto dal male, perché il mare non era che un'infinità di vita in cui potersi rifugiare.
Perciò l'oceano restava ad abbracciarlo tra le sue fredde onde, presentandogli il rumore del silenzio: un rumore bellissimo che assomigliava tanto al vuoto, ma sapeva di qualcos'altro.
L'acqua gli scivolava addosso, gli entrava dentro, puliva la sua pelle e rigenerava la sua anima. Era fresco dentro, come se tutto fosse stato portato via da quella semplice ed, apparentemente, insignificante distesa d'acqua.
Un tuffo gli faceva sempre lo stesso effetto, quando immergendosi sentiva solo le onde lontane che tenevano bloccato sulla terra ferma, l'ombra del demone che in sé abbitava. Per questo lo amava tanto, il mare: era un rifugiato tra gli abissi che regalavano silenzi impetuosi, un posto dove anche i rumori sembravano rimanere in silenzio.
Le urla, i dolori , i problemi, non erano ammessi. Difatti nei fondali si era sempre sentito bene, nonostante ci fosse entrato solo poche volte.
Che se c'era una cosa che il mare gli aveva insegnato era che se vuoi vedere le meraviglie che l'abisso contiene devi tuffartici dentro e restare infondo. Eppure l'ossigeno non bastava mai, non bastava mai. Sarebbe voluto restare lì, infondo, dove i pregiudizi dell'essere al lastrico del mondo non contavano. Ma prima o poi sarebbe dovuto risalire, avrebbe dovuto riprendersi i dolori, ascoltare le urla, udire i silenzi troppo rumorosi e riprendere il demone che, dove le onde si infrangevano, lo attendeva sorridendo.
Harry risalì a galla per riprende un po' di ossigeno. I capelli si erano liberati della stretta presa dell'elastico ed adesso fluttuavano sull'orlo dell'acqua.
Dicembre era uno dei mesi più caldi in Nuova Zelanda, ed Harry non avrebbe mai perso l'opportunità di liberare la sua anima in un mare infinito.
«Tu sei completamente pazzo» sentì dire. Eppure prima ancora di girarsi, Harry sapeva chi era stato a parlare. Incrociò i suoi occhi e poté vedere un sorriso crescere sulle sue labbra carnose. Gli occhi chiari come l'acqua in cui era immerso.
Harry rise contagiato dal suo sorriso, mentre Cassia stava seduta sullo scoglio più vicino al mare ed immergeva i suoi piedi nell'acqua fresca. Perciò si avvicinò e si aggrappò ai suoi piccoli piedi, per galleggiare, nonostante toccasse il fondo.
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Cassia |h.s.|
Fanfiction«Hai posato il piede nella mia cella ed il cemento è divenuto prato.» ©MerciFern2016