20-Stringendoti.

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Erano circa le due del mattino quando Harry chiuse la porta della camera, che gli aveva fatto da casa, dietro di se, con la speranza in cuore che il suo piano alla ricerca della libertà sarebbe giunto a termine.

Tutto era buio, se non per qualche riflesso di luna che entrava e regalava un po' di luce. E gli parve il riflesso della sua vita, lui era la flebile luce che lottava per restare in vita in quel mondo buio e colmo di bugie.

Nonostante ciò qualche lampadario sparso, restava ad illuminare l'oscurità del corridoio, la strada che Harry avrebbe preso per trovare la libertà ed per andare per sempre via da lì.

Lo zaino gli pesava sulle spalle e si univa al macigno sul cuore, rendendo anche un semplice passo, faticoso. Perciò iniziò a sentire caldo, nonostante avesse indosso una semplice maglietta nera a maniche corte. Teneva una lampadina spenta, sulla mano sinistra, che gli avrebbe illuminato la strada più buia, mentre stringeva un coltello sulla mano destra, per semplice sicurezza.

Harry salì le scale di quel posto che conosceva ormai a memoria. Fu grato della poca guardia di notte, della sicurezza di quella Dea che voleva fare del male all'unica cosa che lo faceva felice, ma lui non lo avrebbe mai permesso. Aveva fatto un giuramento, forse più a se stesso che alla ragazza, ma lui si sarebbe preso cura di lei.

Quando fu davanti quella porta, la stessa che si era trovato davanti la sera prima, non perse tempo nell'aprirla. Non accese le luci della grande sala, ma illuminò i suoi passi con la piccola torcia portatile che stringeva nella sua mano.

Era tutto molto inquietanti mentre a grandi passi percorreva il corridoio, e come unica melodia da sottofondo, il rumore dei suoi stivali neri che sbattevano contro il pavimento.

Sentì dei lamenti, gli stessi che aveva udito la sera prima e fu come tuffarsi dentro un grande lago freddato dalla neve invernale: gli si congelò il cuore.
Doveva trovarla al più presto. Dove era finita?

Aprì tutte le tende alla sua destra, esattamente il lato in cui l'aveva trovata. Ne aveva scostate così dannatamente tante che non avrebbe ricordato dove fosse.

«Harry» sentì chiamare da una voce sofferente, poco prima che i lamenti ricominciassero. Perciò velocizzò i suoi passi verso quella direzione. Cassia stava soffrendo così tanto, e lui doveva proteggerla da quel male, portarla via da tutto quel dolore.

Quando un'altra tenda fu aperta e la vide, fu un controsenso di emozioni. Il peso che gli scivolò dalle spalle, si riposizionò presto su di esse quando la vide con i polsi legati al letto, il sudore colare sulla fronte e diversi aghi attaccati alle sue braccia.

Poggiò la torcia su un comodino pieno di siringhe li vicino, e si avvicinò frettoloso al suo volto.

«Sono qui» le sussurrò. « Sono qui, piccola mia.» Harry prese con le sue mani tremanti, il suo viso. La sua pelle così chiari, i lineamenti ricchi di sofferenza.

A Harry venne da piangere, e la gola gli si chiuse. «Svegliati, vieni con me, che adesso ti porto via da qui» le sussurrò. Portò le labbra sulla sua fronte, premendole sulla pelle accaldata.

«Cass, svegliati» provò ancora Harry. Iniziò a scuoterla leggermente, ma sembrava inutili. Poteva vedere i suoi occhi muoversi al di sotto delle palpebre, stava probabilmente lottando per svegliarsi e rivedere la luce, ma sembra che qualcosa la bloccasse dal farlo.

Harry si allontanò, riprese il suo coltello tra le mani e tagliò via le cinghie che gli tenevano fermi i polsi.

Quella maledetta, pensò. Sentiva la rabbia tornare e farsi spazio dentro di se. Come aveva potuto ammirarla e ringraziarla? Così sciocco come si ritrovava ad essere. Un credulone, un fannullone dalla parte del male, si reputò.

Cassia |h.s.|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora