UN'AMICA

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POV ALEC

"Sembrava una persona così accomodante", sbuffai, mentre consegnavo le redini al mio stalliere.

"A dire il vero lo è, mio Signore. E' il modo in cui voi siete uso chiedere le cose che l'ha resa...", il ragazzo si bloccò, abbozzando sotto il mio sguardo truce.

"Io non  chiedo. Io ordino", lo corressi.

Mi sistemai sopra un ceppo di legno e tentai di sfilarmi uno stivale nel frattempo che lo stalliere provvedeva a sistemare lo stallone all'interno della scuderia. 

"Credete sia stato troppo autoritario?", domandai, incerto.

"E' vostro diritto esserlo".

"Non fate il ruffiano con me e ditemi la vostra opinione".

Il ragazzo diede una pacca sulle natiche del cavallo, spronandolo ad entrare nella sua cella e richiuse il piccolo cancelletto. "Mio Signore, ritengo che obbligare una donna a lasciare il vostro castello e le proprie mansioni per andare a fare da dama di compagnia, non sia una richiesta facilmente digeribile. Forse, pagandola, sareste riuscito ad ottenere il suo consenso anziché il suo astio".

"E' già sul mio libro paghe", precisai.

"E suo marito?".

"Anche lui".

Lo stalliere si sistemò il grande ciuffo che continuava a finirgli davanti agli occhi. "Intendevo dire se suo marito potrà raggiungerla. A breve nascerà il loro bambino. Dividerli proprio ora non li renderà felici e non renderà a voi le cose facili".

Annuii, comprendendo il suo punto di vista. Riuscivo ad immedesimarmi con estrema, dolorosa perfezione nello stato d'animo di lady Clark e di suo marito, proprio perché io stesso mi ritrovavo lontano dalla mia famiglia. 

"Provvederò a inviare anche il marito presso la mia casa di campagna", acconsentii mio malgrado.

"Ottima idea, mio Signore".

Tolsi anche l'altro stivale e li gettai sopra un mucchio di fieno. "Bene, se non avete più bisogno di me mi ritirerò nelle mie stanze. Ah!", mi bloccai, tornando a guardarlo. "Qualcuno si è accorto della mia assenza?".

"Solo lord Geneviev ed io, mio signore".

"Avvisatemi tempestivamente se qualcuno dovesse avermi seguito. Non voglio si sappia dove sono stato".

"Come voi desiderate mio Signore", inclinò la testa con rispetto.

"E riferite ciò che vi ho detto a lady Clark. Ditele di tenersi pronta a partire domani mattina".

"Mio signore?", mi richiamò appena feci per andarmene. "Potrei sapere a chi dovrà fare da dama di compagnia?".

"Ho un'amante", risposi senza alcun tentennamento. "Al momento la ospito nella mia casa di campagna".

"E siete certo che apprezzerà la compagnia di lady Clark? Infondo è solo una cuoca".

Sorrisi, ripensando ai pomeriggi in cui Nadine e Clark si erano ritirate nelle mie stanze per conversare. "L'apprezzerà moltissimo".

POV NADINE

"Io non la voglio una dama di compagnia", brontolai. "So scegliermi le amiche da sole e di certo non voglio conversare con una donna del 1600 che inorridirà per ogni frase che dirò".

"Cercate di essere ragionevole, Nadine", mi sgridò lord Stuart. "Alec si è premurato molto perché voi aveste un po' di compagnia femminile".

Osservai la strada ghiaiata che si biforcava più a valle, prendendo due direzioni opposte. Ferma all'incrocio, una donna stava faticando a scendere dalla carrozza, aiutata da un cocchiere. Da dove mi trovavo mi era impossibile distinguerne i tratti del volto ma a giudicare dal grosso pancione doveva avere su per giù la mia età. 

"E cosa dovrei dire a una donna che per tutto il tempo reciterà il rosario e cercherà di farmi il lavaggio del cervello su come dovrei comportarmi?".

"Messa così, mi auguro che preferirete ascoltare piuttosto che intromettervi nei suoi consigli". Un mezzo sorriso fece capolino sulle sue labbra quasi interamente nascoste dalla barba bionda. "Non sia mai che possa insegnarvi a comportarvi come conviene ad una fanciulla del vostro rango".

"E quel sorrisetto che significa?", lo stuzzicai.

"Che la credo un'impresa eroica, se non impossibile".

Mi strinsi nelle spalle, tornando a fissare la donna tutta indaffarata a raccattare i numerosi bauli da viaggio. Chissà che faccia avrebbe fatto se le avessi detto che erano stati inventati dei comodissimi trolley?

"Io so comportarmi benissimo", tornai a contraddirlo, giusto per il gusto di farlo.

"Posso non ribattere, vero?".

"Mio padre mi ha dato un'ottima educazione", mi rifiutai di lasciar cadere il discorso. "Infatti sono un'ottima chirurga, so cavarmela da sola, mi sono arrangiata a pagarmi gli studi e ho persino comprato una casa con i miei risparmi".

"Lady Nadine?", mi chiamò dopo qualche istante, spostando velocemente gli occhi da me alla ragazza che ormai ci aveva quasi raggiunto. "Vi siete appena descritta come la peggiore delle donne".

"Saper arrangiarsi non è un difetto".

"Per una donna lo è".

"E per quale assurda ragione?".

Lord Stuart controllò la distanza della ragazza prima di rispondermi. "Perché l'indipendenza in una donna è fuori luogo e fa sentire inetti noi uomini".

"Diavolo", sospirai, portando una mano al cuore. "Come ho fatto a non pensare che i miei obiettivi avrebbero ferito il vostro dolce e caro animo?". Quindi tornai seria e indicai la ragazza con un movimento quasi impercettibile della testa. "Come hai detto che si chiama quella lì?".

"Lady Clark".

"La conosco?".

"Eravate molto legate".

"E di cosa parlavamo? Dovrei sapere qualcosa prima di incontrarla, dal momento che si presume lei non sappia che ho perso tutti i miei ricordi".

Lord Stuart sembrò spiazzato ma si riprese subito, facendo spallucce. "Presumo parlavate di argomenti femminili".

"E quali sono gli argomenti femminili di quest'epoca?", mi spazientii.

"Dio Santo, Nadine". Prese un lungo respiro, impostando le labbra in un sorriso di benvenuto. "Cosa pensate che si possano dire due donne? Per quanto ne so parlavate di cucito o di come gestire i bambini della casa".

"Purché non si metta a dire il rosario", borbottai, sforzandomi di stiracchiare le labbra in un sorriso dal momento che ormai la ragazza era a pochi passi da noi.

Vista da vicino sembrava molto più vecchia di me. Teneva i lunghi capelli biondi attorcigliati sul capo in uno chignon piuttosto severo. Le guance erano scavate e sormontate da profonde occhiaie, cui per fortuna facevano da contrasto due occhi sbarazzini e complici.

"Non preoccupatevi". Lord Stuart mi diede dentro col gomito, abbassando il tono in un sussurro. "Da che è al castello non l'ho mai sentita rivolgersi a Dio Santissimo, se può consolarvi. Lo fa in privato, lontana dagli occhi indiscreti. Andrete d'accordo, ne sono certo".

La ragazza piegò le ginocchia in un inchino e sfoderò un sorriso all'apparenza sincero, seppur stanco.

"Mia Signora", mi salutò con la voce rotta dall'emozione. "Vedervi sana e salva mi riempie di gioia. Ho pregato così tanto il Signore per la vostra sorte che sono sollevata mi abbia dato ascolto. Il nostro Signore misericordioso ha avuto pietà di voi".

"Oh sì, andremo proprio d'accordo", polemizzai all'orecchio di Stuart, "ma proprio tanto".






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