NADINE NELLA NOTTE

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POV NADINE

Riaprii gli occhi ma subito riabbassai le palpebre per difendermi dalla luce oscillante di alcune candele. 

La mia prima impressione fu di ritrovarmi in una stanza calda, accogliente e satura del profumo di fiori. 

Chiusi gli occhi con forza, li riaprii, mi concentrai... dove diavolo ero? Ero ferita? Passai in rassegna ogni parte del corpo che sentivo pulsare dal dolore e il freddo ma ad una prima analisi sembrava che ogni cosa fosse a suo posto. Quindi mi sollevai sulle mani, poi sulle ginocchia e barcollando per la stanchezza tentai di alzarmi in piedi.

Riconobbi immediatamente una stanza da letto, cui faceva mostra una ricchezza non ostentata. Era essenziale, probabilmente di un uomo poiché priva di quel lusso che sarebbe stato fastidioso per un cavaliere abituato a vivere negli accampamenti.

Un enorme letto ricoperto da una trapunta di broccato e da altre coperte di pelliccia di martora dominava la stanza. Agli angoli della sala e davanti al camino con la cappa di mattoni, si trovavano alcune panche imbottite e due due alte finestre che di certo avrebbero lasciato entrare molta luce se non fossero state sbarrate ermeticamanete da massicce assi di legno. C'erano anche alcuni paraventi che proteggevano dalle correnti d'aria, numerosi tappeti disposti sul pavimento in pietra e un gigantesco arazzo in cui erano raffigurati dei cavalieri appeso alla parete dietro la testata del letto. 

E poi c'era lei. Di fronte a me. Mary. Mary Campbell.

D'istinto trasalii e vagai con lo sguardo alla ricerca della porta. La trovai. Ed ovviamente la trovai sbarrata. 

"Finalmente la nostra ospite si è svegliata", mi salutò noncurante.

Seduta su una delle banche imbottite, teneva posato sul ventre un ricamo mentre i suoi occhi annoiati danzavano tra me e l'ago. I riccioli scuri le incorniciavano il volto pallido e segnato dalla stanchezza. 

Impiegai qualche secondo a comprendere che, seppur riferendosi a me, si era rivolta a qualcun altro. Alla sua destra infatti, due cavalieri erano ritti e immobili come due statue, gli occhi fissi in un punto non definito della stanza. Non mi stavano guardando ma dalle loro espressioni ero abbastanza certa che non mi avrebbero persa di vista facilmente. 

"Ti sei presa molto disturbo a portarmi in questo posto", ostentai una sicurezza che non provavo. "Almeno dimmi quello che vuoi da me".

Appariva chiaro come la luce delle candele che per il momento Mary non era intenzionata ad uccidermi, altrimenti non avrebbe lasciato che mi svegliassi. Eppure tremai quando la vidi sollevarsi, posare il ricamo sopra l'imbottitura e ciondolare verso di me, col mantello viola che le si allungava in uno strascico dietro le spalle. L'odore che avevo percepito appena sveglia si accentuò ad ogni suo movimento, fino a nausearmi.

"Brami così tanto sentirmi dire che le mie intenzioni sono quelle di torturarti?", rispose ironica alla mia domanda, avvicinandosi ancora.

Era talmente vicina che potevo distinguere ogni minuscolo poro della pelle. Il suo profumo sembrò trasformarsi in qualcosa di maligno che come una corda incandescente mi attanagliava i polmoni, svuotandoli dall'ossigeno. Eppure restai ferma dov'ero, senza retrocedere, a testa alta, pur consapevole che il mio orgoglio non mi avrebbe salvata né tanto meno la mia intelligenza. C'era un limite a tutto. Ed io ero proprio in quel limite.

"Perchè vuoi torturarmi? Perchè sono la moglie di un O'Braam?".

Le sue labbra livide si atteggiarono ad un sorriso. "Voglio vendicarmi di Alec O'Braam ma non credo che torturare sue moglie possa essere per lui un dramma. Noi mogli non siamo poi così importanti".

VOGLIO CHE TU SIA MIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora