VECCHIE AMICIZIE

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POV NADINE

Dopo aver dato ordine allo stalliere di sistemare i cavalli nella stalla, Alec diede un forte strattone a Robert per indurlo a muoversi prima di invitarmi ad entrare nel castello con un ampio gesto del braccio. Scendemmo i tre gradini che portavano al salone centrale e mi immobilizzai, lasciando che loro due proseguissero verso la grande tavolata.

Avevo visitato questo identico castello nel futuro, ovvero a una distanza di più di quattrocento anni e, a esclusione del mobilio, ogni singola pietra era rimasta intatta e al suo posto. Riconoscevo l'alto muro in pietra che si ergeva alla mia sinistra, così lucido e liscio che non avrebbe potuto trattenere un granello di polvere, la scala in legno che conduceva al livello superiore che purtroppo nel XXI secolo non avevamo potuto salire perchè i gradini erano ormai diventi instabili e marci, la balconata che si estendeva per tutta la lunghezza di un lato della costruzione.  

Ruotai su me stessa mettendo a confronto ciò che avevo visto nel futuro con ciò che stavo vedendo ora: era rimasto immutato, come sospeso nel tempo.

Il salone centrale, di proporzioni gigantesche, era ricoperto di fieno e aveva un enorme camino di pietra dove un grande fuoco rosso scoppiettava riscaldando l'aria circostante. Diviso a metà da una stuoia di canne era ammobiliato con un enorme tavolo che svettava sopra una pedana, dietro la quale erano state appese delle armi. C'era persino una balestra che a giudicare dalla ruggine non doveva essere stata usata da almeno una cinquantina d'anni. Era di fattezze piuttosto moderne e mi ricordava quella di Daryl di The Walking Dead [riferimento al primo libro]. Altre tavolate di legno erano state disposte sotto la pedana e si fermavano proprio dove iniziava un paravento che probabilmente conduceva dalle cucine, a giudicare dal continuo andirivieni di servitori. 

Il rumore della porta d'ingresso che si apriva bloccò la mia ispezione e mi misi da parte quando una ragazza, così bionda che sembrava avere le menches, si gettò all'interno senza aspettare di essere annunciata. Portava i colori degli O'Braam sopra un vestito più scuro, quasi nero, e dal suo modo sicuro di camminare compresi che non poteva trattarsi di una serva. Si sciolse in un sorriso quando vide Alec ma si spense appena si accorse della mia presenza.

Fece una goffa riverenza a me, poi con una vocetta terribilmente infantile si rivolse a mio marito: "Devo volerle bene, Alec?".

"Sì, devi", le rispose Alec.

"Perché?", s'imbronciò.

"Perchè ne sarei molto felice".

La ragazza mi guardò da capo a piedi con una smorfia. "Allora farò un piccolo sforzo". 

Poi corse verso il lato destro della lunga tavolata e si lasciò cadere sulle ginocchia di Alec. "Mi siete mancato, mio Signore".

"Anche tu", le sorrise, ignorando di proposito la mia occhiata infastidita. "Come sta la tua famiglia?".

"Stanno tutti bene... oh, mia sorella ha avuto il bambino".

Tossicchiai un paio di volte ma entrambi mi ignorarono. Sembravano non riuscire a togliersi gli occhi di dosso. Quelli della ragazza erano melliflui, quelli di Alec rasentavano l'adorazione.

I miei lanciavano saette.

Chi diavolo era quella bambina? Mi avvicinai silenziosamente per osservarla meglio e capii che era una di quelle persone che rimangono bambine tutta la vita. Solo che anziché intenerirmi mi risvegliava un malsano senso di evisceramento. Anche se non mi ritenevo una persona gelosa, il loro rapporto riusciva a rimescolarmi lo stomaco. Non capivo cosa fosse o più probabilmente non volevo ammetterlo. In ogni caso mi fece sbroccare.

Mi misi sul fianco destro di Alec e con un gesto discreto della mano gli sfilai il pugnale dalla cinta per conficcarlo nel tavolo, esattamente sotto i loro nasi.

VOGLIO CHE TU SIA MIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora