LA MIA AMANTE

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POV NADINE

La porta che dava accesso alla mia camera da letto cigolò quando provai a spingerla in avanti. Era pesante e i cardini arrugginiti dal tempo la rendevano difficile da aprire. Strinsi al petto alcuni asciugamani e con una spallata riuscii a spalancarla al secondo colpo.

L'umidità impregnava le pareti in legno e agli angoli del soffitto con tutta probabilità c'era qualche perdita, poiché durante l'ultimo temporale alcune gocce di pioggia erano filtrate dal tetto, disegnando alcune serpentine lungo le travi. Mi ero imposta più volte di provare a riparare qualcosina ma non ero mai stata abile nel fai da te e tutto sommato, nonostante le piccole fessure, il grande caminetto riusciva a mantenere tiepida la camera per tutta la durata delle notti.

La porta massiccia si richiuse con un tonfo che riecheggiò nelle pareti spoglie ed io vi posai contro le spalle, concedendomi due respiri di sollievo. Lord Renuar aveva mandato lady Clark ad informarmi che si sarebbe assentato per tutto il pomeriggio e ne volevo approfittare per concedermi un attimo di tregua dalla paura. 

Sarebbe stata una tregua passeggera, minata dalla mia masochistica intenzione di mettere un punto alla situazione in cui mi trovavo. Ma restava pur sempre una piccola parentesi tra un'intera esistenza fatta di terrore e avvertimenti. 

Se sulle prime avevo sperato di trovare un'alleata in lady Clark, ben presto avevo dovuto ricredermi. La sua posizione sociale le impediva di contrastare Renuar e in quanto donna non avrebbe mai potuto venirmi in aiuto. Avevo provato a confidarmi con lei circa gli atteggiamenti violenti di Renuar ma nessuna mia parola era riuscita a suscitare in lei collera o disappunto. D'altronde come potevo aspettarmi il sostegno da una donna nata e cresciuta in un'epoca in cui la condizione femminile non era semplicemente sottovalutata ma addirittura ignorata? Sembrava che la sua mente viaggiasse sulla stessa lunghezza d'onda di Alec. E cioè che io meritavo ogni sopruso subìto. 

Al pensiero di Alec tirai un sospiro che tremolò in gola, segno premonitore di alcune lacrime in procinto di rivelare la loro presenza. 

Il mio piano di vendetta martellava nella testa, pronto solo ad un mio via libera per attuarsi, ma allo stesso tempo tremava per ciò che avrebbe implicato. Perché una cosa era certa: se volevo vendicarmi di Alec non avrei mai potuto cedere al ricatto di Renuar, divenendone la sua puttana. 

Ciò che dovevo fare era mostrargli la famiglia cui aveva rinunciato, costruendola con un altro uomo. E farlo richiedeva tempo e una completa trasformazione di me stessa. 

Volevano una donna mite e totalmente dipendente? Dio, ero pronta a vestirmi da agnello se fosse servito. 

Ma alla fine avrebbero pagato. Tutti.

Avanzai lentamente nella penombra, stupendomi di quanto quella piccola stanza fosse già divenuta talmente familiare da riuscire a percorrerla persino ad occhi chiusi. Poggiai gli asciugamani sul grande letto a baldacchino e cercai tastoni sulla cassapanca la candela che avevo provveduto a conservare. Avvicinai lo stoppino al fuoco del caminetto e la cera sprigionò una piccola fiammella gialla.

In mancanza dell'orologio avevo iniziato ad usare le candele come misura del tempo. Poiché le candele bruciavano ad un ritmo abbastanza regolare e costante, sapevo seppur con scarsa precisione quando trascorreva un'ora. Non era come avere una sveglia digitale piazzata sul comodino ma tutto sommato mi impediva di impazzire. Abituata a vivere con un regolare tram tram, in cui le giornate erano scandite da orari affissi ovunque, sui tabelloni della metro, sull'orologio del televisore, sul mio badge e sul mio inseparabile smartphone, riuscire a regolarmi con l'essenziale aiuto del posizionamento solare era una delle cose che più mi urtava di quest'epoca. Mi sentivo spaesata, come se la mia vita avesse perso il controllo. 

VOGLIO CHE TU SIA MIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora