Mi avvicino.
Osservo il mio viso tirato.
Le ecchimosi sulle ginocchia, le braccia, i capelli aggrovigliati.
La mascherina dell'ossigeno e i tubi ancora attaccati.
Il macchinario continua a fare "bip" in maniera incessante.
Sono ancora viva, allora.
Poi spalanco gli occhi.
Ecco il perché di quel messaggio fuori casa mia.
"Resisti."
Inizio pian piano a comprendere il perché di molte cose.
Il fatto di non riuscire a mangiare.
A bere.
Sono pallida, pallidissima.
Penso di star impazzendo.
Guardo il mio corpo privo di sensi disteso sul lettino, mentre cerco di dare un senso a tutto quello che sta capitando.
La porta si apre, e un'infermiera dall'aria annoiata fa capolino all'interno.
Si avvicina al mio corpo e da un'occhiata alla cartella clinica appesa sul letto. Da uno sguardo al macchinario, e trattiene uno sbadiglio.
Guarda l'orologio dorato sul polso e alza gli occhi al cielo.
« Che palle » mormora.
La guardo, e le do al massimo ventisei anni.
I capelli biondi sono raccolti in una treccia, gli occhietti verdi sono vispi e la bocca è molto grande. Forse troppo.
Chirurgia a gogo.
Si allontana, e chiude la porta alle sue spalle.
Mi avvicino al comodino e osservo le margherite.
Nessuno si è degnato di cambiare l'acqua.
Ne prendo due, e le tengo in mano, osservando i petali sottili e immacolati.
Non posso credere che quella sia davvero io.
Non posso credere che stia succedendo a me.
Spingo la porta, e solo allora mi accorgo del perché le persone non si accorgono di me.
Non mi vedono.
Sono invisibile. Sono poco più di un leggero spiffero d'aria.
Esco dal pronto soccorso e prendo aria.
La notte è stellata, e una leggera brezza scuote dolcemente le foglie degli alberi che percorrono la stradina provinciale.
Inizio a correre.
So già dove sto andando.
Non mi preoccupo neanche di scansare le macchine.
Penso, ironicamente, che tanto non corro il rischio di essere investita.
Nessuno mi vede.
Poi all'improvviso mi fermo.
Un dubbio atroce si impossessa di me.
Se nessuno mi vede, come fa Sam a vedermi?
Il cuore inizia a battermi nel petto, e penso a come sia possibile che riesca ancora ad avvertire una sensazione come questa.
Inizio a correre più forte, e in pochi minuti sono sulla spiaggia.
Rallento soltanto quando sento la sabbia entrarmi nelle scarpe.
STAI LEGGENDO
Save me, or let me go
Short Story"Salvami, o lasciami andare". Respiro forte. O almeno ci provo. Ora non respiro più. Vado a fondo, sempre di più. Le braccia si fermano, io mi fermo. Ecco. È il momento. Provo a sorridere, ma non ci riesco. "È quasi finita, è quasi fi...