Ci allontaniamo dalla musica, e ci mettiamo in un cantuccio di spiaggia.
I ragazzi continuano a danzare felici, e la notte ormai ha tinto tutto di nero.
Ci sediamo l'uno accanto all'altra, e osserviamo il mare che si infrange delicatamente sulla riva.
Il fuoco poco lontano ci illumina i volti tesi.
Mi giro verso di lui.
Voglio sapere qualcosa.
Voglio sapere qualcosa di più su di lui.
« Allora? » chiedo.
Si gira verso di me, e si passa una mano tra i capelli.
So bene che non è semplice parlarne.
Ma io voglio davvero sapere.
« Quattro anni fa » dice, all'improvviso.
« Mi sono suicidato quattro anni fa ».
Spalanco gli occhi, e avverto quasi un dolore fisico.
« C-cosa? » chiedo, mentre la voce inizia a mancarmi.
Con il dito indica casa sua.
« Mi sono buttato da lì ».
Alzo gli occhi, e per qualche secondo mi sembra di vederlo precipitare dalla balconata.
Distolgo lo sguardo immediatamente.
« Perché? » chiedo.
« Lily. Si chiamava così ».
« Chi? »
« La mia ragazza » dice.
« Cosa le è successo? » chiedo.
« E' morta. Un tumore. E' stato velocissimo, non abbiamo neppure avuto il tempo di rendercene conto ».
« Le sono stato vicino per tutto il tempo, ma lei era quasi sempre sotto medicinali, e lucida lo era poche volte. E' morta senza che le riuscissi nemmeno a dire addio ».
Si asciuga velocemente una lacrima che gli scorre lungo la guancia, per far in modo che io non la veda.
Troppo tardi.
Mi stringo a lui, e gli cingo il braccio, appoggiandoci la testa.
« Mi dispiace » dico.
Mi dispiace? Che stronzata è dire "mi dispiace" per una cosa così?
Sono consapevole della banalità della mia risposta, ma il mio cervello è andato in vacanza e non so che altro dire.
« Mi sono suicidato durante i suoi funerali » dice, e si lascia andare a una risatina amara.
Piena di dolore.
Oh, Dio.
Credevo di essere io ad avere l'esclusiva per tutto il dolore.
Ma forse lui mi batte.
O almeno, è un pareggio.
« I miei genitori erano in chiesa, io mi sono rifiutato di andare. Credevano che andasse tutto bene. E invece, sono salito lì sopra, ho allargato le braccia... e sono volato giù ».
Dice, e mima il gesto, allargando il braccio sinistro.
« Vivere senza di lei era qualcosa che non ero disposto ad affrontare. Quindi meglio non vivere affatto piuttosto che fare i conti ogni giorno col dolore, col vuoto che aveva lasciato dentro di me ».
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Save me, or let me go
Short Story"Salvami, o lasciami andare". Respiro forte. O almeno ci provo. Ora non respiro più. Vado a fondo, sempre di più. Le braccia si fermano, io mi fermo. Ecco. È il momento. Provo a sorridere, ma non ci riesco. "È quasi finita, è quasi fi...