Immagina-Sharon/Marcello(matrimonio)

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È uno dei giorni più importanti della mia vita. Ci sono tutti, i miei genitori, mio fratello, i miei nonni, gli zii, i parenti più stretti e i miei amici delle medie e delle superiori. O almeno la maggior parte.

E tutti sono qui solo per me. Una me che non avrei mai immaginato né qui, né in questa situazione. Ebbene si, mi sto sposando con l'uomo che mi ha aspettata per tutta la vita, ma che io non amo. Lo sposo solo perché me lo ha chiesto mia madre, come ultimo desiderio prima di lasciare questo mondo per un cancro al cervello.

Sono nella stanza riservata alla sposa e alle damigelle, dietro un paravento a mettermi le calze in pizzo bianco, come il resto del vestito d'altronde. Finito con le calze che arrivano a metà coscia, metto la giarrettiera (uno sfizio del mio futuro marito) e con i miei adorati decolleté bianchi. Mi alzo dalla sedia e mi aggiusto il corsetto azzurro con lo scollo a cuore prima di uscire allo scoperto e chiedere alla ragazza -Veronica, mi sembra di ricordare- della boutique in cui ho acquistato il vestito istruzioni. Si, perché sarei capace di sporcarlo col trucco leggero oppure direttamente romperlo. Lei è girata verso il grande armadio a muro, in quercia lavorata, che sta prendendo il mio vestito nuziale. Mi avvisa di mettermi al centro della stanza e io eseguo. In quell'istante entrano le mie damigelle, cioè Sara, mia migliore amica e damigella d'onore, poi Naomi, Elena e Mari, che indossano tutte un vestito bianco e azzurro con lo scollo a cuore e la gonna a sirena. Sara si avvicina giocherellando con una ciocca di capelli.

«Se entrasse adesso Alessandro, il tuo caro futuro marito, dovremmo sospendere il matrimonio per motivi pornografici.» scherza lei.

Io la ignoro sorridendo alla battuta e Veronica mi chiede di alzare le braccia per non sporcare il vestito in caso di polvere. Io eseguo e me lo infila, il bustino morbido con lo scollo a cuore in pizzo e reticolato per far vedere il corsetto sotto e creare così un gioco di colori insieme. La gonna, azzurra, ampia e a balze, mi ricoprirà almeno le gambe dall'aria autunnale di ottobre. La gonna è divisa in due parti: quella azzurra come il corsetto è in pizzo, mentre del tullé bianco è stato cucito alla vita, finendo spostato verso sinistra rispetto al centro della vita, e in due angoli, nascondendo le cuciture con un fiocco rigido e azzurro.

Veronica finisce di allacciarmi i nastri azzurri dopo aver tirato su la cerniera del bustino, liberando subito dopo i boccoli che la mia parrucchiera ha voluto farmi e subito vado verso il grande specchio nella stanza e mi liscio la gonna, prima che mia madre, anche da malata, ha voluto assistere dal vivo al mio matrimonio con l'uomo che ha sempre voluto al mio fianco. Entrando in questa stanza comincerà a fare la parte della madre protettiva.

Dal corridoio arriva la voce tanto famigliare di mia madre, che come un bodyguard blocca chiunque voglia entrare nella stanza, o solamente avvicinarsi alla stanza. Qualche istante dopo sento la porta aprirsi e chiudersi e la figura di mia madre rovinata dalle chemio si riflette insieme alla mia nel grande specchio, guardandosi in giro come spaesata e poi mi vede, illuminandosi come fosse Natale. Mi si avvicina, svolazzando nel suo vestito verde smeraldo, che mette in risalto i suoi occhi. Si avvicina velocemente e mi abbraccia.

«Oh, tesoro! Sei bellissima!» mi dice stringendomi più forte «Lo sapevo che avevi scelto prima l'uomo migliore invece di quel Marco o Michele -com'è che si chiamava? Oh, fa nulla- e poi il vestito migliore» continua muovendo la mano a destra e a manca.

«Si lo so mamma» le sorrido io «e comunque si chiama Marcello» la ammonisco «ma adesso posso sapere perché lo hai sempre odiato?» le chiedo.

«Beh, perché non mi sembrava quello giusto per te.» si giustifica lei.

«E il motivo vero?» le chiedo girandomi verso di lei.

«Ma è quello il vero motivo, ma ora non pensiamoci, stai pronta che tra mezz'ora devi essere in chiesa.» mi dice lei uscendo altrettanto velocemente di come è entrata qualche minuto fa. Sorrido, scuotendo la testa, prendo il bouquet di rose bianche e non metto il velo che ho sempre odiato, non so per quale motivo. Mi avvio verso l'auto che abbiamo noleggiato per portarmi fino alla chiesa. Nei successivi 20 minuti di macchina che mi separano dalla destinazione ripenso a quanto sia stato bello passare quel poco tempo con Marcello, prima come amico e poi come amante, prima che i suoi genitori morissero per un orribile incidente causato da un ubriaco alla guida, partendo verso l'Inghilterra, a Londra, per vivere con i suoi zii che non aveva mai conosciuto, trovando successivamente lavoro in un ristorante di lusso della zona. Dopo la sua partenza non l'ho più sentito, anche se ho continuato ad amarlo, sperando in un suo ritorno.

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