Capitolo 3

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Finisco di mangiare mentre chiacchiero con Meredith. Mi ha chiesto della mia famiglia ed io le ho chiesto della sua. Lei ha due sorelle e un fratello ed è la più grande. Ha 17 anni come me ed ha il ragazzo. Ha detto che è qui in accademia anche lui e che me lo presenterà.

Ci alziamo e sprepariamo dove abbiamo mangiato, poi ci avviamo verso l'uscita della mensa, ma vengo fermata dalla voce del preside -sì, ho avuto la conferma da Meredith- che mi chiede di venire con lui nel suo ufficio. Saluto la mia compagna di cena, lo raggiungo e poi lo seguo attraverso diversi corridoi fino al suo ufficio. È molto spazioso e ben arredato. Lui si siede dietro la scrivania di mogano e mi fa segno di sedermi sulle poltroncine disposte di fronte ad essa. Sono comode.

«Allora, mia cara, la tua stanza è al terzo piano, al dormitorio femminile, e questa è la chiave. La tua valigia dovrebbe già essere là e sulla scrivania troverai gli orari delle lezioni e i libri di testo. Ci sarà inoltre un promemoria con gli orari dei pasti e del coprifuoco, una copia delle regole dell'istituto e la cartina dell'edificio. Sempre sulla scrivania troverai delle pasticche blu. Prendine una al giorno, serve per non far sfuggire al tuo controllo le tue abilità. Hai qualche domanda?».

Ma questo qui respira? Ha detto tutto in una volta senza neanche prendere fiato, che abbia una qualche mutazione anche lui? Ovviamente non ho il coraggio di chiederglielo e scuoto la testa per fargli capire che non ho domande.

«Perfetto, se hai bisogno di qualcosa o hai problemi puoi pure parlare con i professori o in caso sai dove trovarmi». Mi viene quasi voglia di fargli il saluto militare visto il tono da leader che ha usato, ma credo che non sia una cosa furba. Mi accompagna alla porta ed io esco per andare alla ricerca delle scale. Vago per tipo dieci minuti -cavolo questo posto è davvero più grande di quanto pensassi- e finalmente le trovo. Alleluia! Anch'esse sono tutte di legno, infatti scricchiolano mentre passo sopra i vari gradini. Faccio tutte e tre le rampe di scale e alla fine mi ritrovo un po' senza fiato. Sono proprio una pappa molle.

Vado avanti e indietro per il corridoio del terzo piano, finché finalmente trovo la mia stanza. La 27, come c'è scritto sulla chiave. Che non è di legno. La infilo nella toppa, giro e finalmente entro in quella che sarà la mia stanza per un bel po' di tempo. È grande, molto più grande di quanto mi aspettavo. Credevo fosse come una di quelle camere dei dormitori dell'università, con solo un letto, un armadio e una scrivania, invece sembra quasi un appartamentino. È molto sfarzosa, con un letto enorme, sicuramente a due piazze, e l'armadio a QUATTRO ante. Cioè, Dio mio, i miei vestiti non ne occuperanno neanche mezzo di quel coso. La scrivania non è da meno, e neanche lo specchio attaccato alla parete. È largo come quattro persone in fila e altro almeno due metri. Ho anche un bagno privato e un piccolo terrazzo, e comincio a chiedermi se per caso tutto questo sia uno scherzo. Ok, è una scuola speciale -per delle mutazioni- ma tutto questo lusso è quasi eccessivo. Cioè, siamo solo dei ragazzi. Non che mi lamenti, eh.

Mi siedo sul letto e vago ancora un po' con lo sguardo. Sono davvero basita, questo posto è fantastico.
Mi dirigo verso la scrivania e c'è davvero tutto quello che Mr. Deberley mi ha detto. Trovo anche le pastigliette blu. Non mi ispirano per niente. Decido di prenderle domani mattina, ora sono davvero troppo stanca: ho viaggiato tutto il giorno e tutti questi cambiamenti sono uno stress emotivo. E poi, non vedo l'ora di provare il mio enorme letto.

Vado a perlustrare velocemente il bagno, poi recupero spazzolino e dentifricio da una delle mie valigie e mi lavo i denti. Anche il bagno è bello grande, con due lavandini, due specchi, -che poi perché due? Sono solo io- ed una vasca gigante. Immagino già lunghi bagni rilassanti e schiumosi.

Mi metto il pigiama e vado subito a letto. È davvero troppo comodo. Finisco così per l'addormentarmi subito, mettendo così fine al primo giorno in questo strano posto.
Ma i sogni che mi accompagnano durante la notte sono confusi. Immagini di ali e di vento forte ed impetuoso scorrono nella mia mente. È come essere in balia di un potente tornado: non posso fare niente, posso solo aspettare che tutto finisca. Poi, però, una voce sovrasta il tutto. È bella, soave, tranquilla e rassicurante. «Non... pillole... cestino... combatti...». Capisco quello che dice ma non ne capisco il senso. È tutto confuso. Altre ali, altro vento, poi nero.

Mutations' Academy (#Wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora