Capitolo 6

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Mi sveglio con le occhiaie. La notte che ho appena passato è stata davvero strana. Direi quasi inquietante. Sono davvero successe un sacco di cose, ma tra tutto il casino l'unica cosa a cui riesco a pensare è quel ragazzo. Aveva una bella voce... Oddio che patetica! Basta con i sogni da principessine!

Faccio le solite cose di ogni mattina e per quanto ci provi, non riesco proprio a nascondere il mio viso stanco. Fisso la mia immagine allo specchio e spero di poter vedere una Catherine diversa tra un po' di tempo. Un po' più forte, un po' più saggia, un po' meno timida.

Sono circondata dal lusso del bagno della mia stanza, ma neanche questo mi tira su di morale. Sono sfinita. E non ho ancora mosso un dito.

Scendo per fare colazione, ho davvero fame, ieri sera non avevo mangiato niente. Ovviamente quando entro nella sala vedo subito Meredith. E mi sorprendo ogni volta. È sempre bellissima, con il viso illuminato dal sole che entra dalle vetrate alte fino al soffitto. Un po' la invidio, ma solo perché so che non potrò mai essere come lei.

Mi siedo vicino ai miei tre unici conoscenti e iniziamo a mangiare quello che abbiamo scelto questa mattina. Mi sorprende quanto riesca a mangiare Lucas, cioè cavolo, con tutta quella roba dovrebbe essere obeso, invece è più snello di me. Bah, i misteri della vita.

«Non hai una bella cera» dice Meredith guardandomi. Alzo lo sguardo su di lei e faccio spallucce. Quando sono stanca non parlo mai. Ma se non parlo ricomincio a pensare. Ogni volta. Penso a ieri notte, a questa scuola, all' angoscia che avevo durante il viaggio in macchina con la mia famiglia. E solo adesso mi passa per la testa la consapevolezza che non so dove sia situato il posto in cui mi trovo. Sono costretta a chiederlo a Meredith, questa mia mancanza è imbarazzante. E poi chissenefrega del silenzio autoimposto da stanchezza.

«Meredith posso chiederti una cosa?».
Mi fissa con sguardo incuriosito, lasciando perdere il suo yogurt alla fragola.

«Durante il viaggio per venire qui ero ancora un po' sconvolta, sai no, per i cambiamenti, per quello che ero... e non ho fatto molto caso a dove stavo andando. Non è che mi illumineresti?».

Per un momento penso che possa scoppiare a ridere. Insomma, chi è che fa un viaggio di quattro/cinque ore e non si guarda neanche un po' intorno? Ma in fondo lei è Meredith: lei mi capisce. La vedo annuire. 

«Beh, è comprensibile. Io sapevo già da mesi che sarei venuta qui, prima di partire. I miei volevano aspettare che finissi la prima superiore. È ovvio che eri sconvolta, non sapevi cos'eri, non sapevi se c'erano altri come te, non sapevi di questo luogo» dice continuando ad annuire. Dio santo, questa ragazza sa leggermi dentro.

«Comunque, per rispondere alla tua domanda, siamo a circa 30 km da New York. Ogni tanto, quando al preside gli gira, fa uscire per un giorno quelli con le mutazioni meno visibili. Andiamo sempre tutti in città, c'è una fermata dell'autobus a 10 minuti a piedi da qui». Ma allora potrei andarci anche io! Ho sempre sognato di andare a New York.

«Ti capisco, anche io non vedevo l'ora». Aspetta, l'ho detto ad alta voce? Arrossisco. Quando mi emoziono mi capita. Lascio fuoriuscire le parole senza filtri, senza pensare. A casa mia me lo facevano notare molto spesso.

«Meredith, tu da dove vieni?».

«Los Angeles. Ci sei mai stata?». Magari!

«No purtroppo, ma mi piacerebbe».
Eccome se mi piacerebbe. A causa della mia mutazione, non ho più viaggiato.

«Magari una volta ti ci port...».

Le porte della mensa vengono aperte con violenza, tanto che sbattono contro le pareti. Nel mezzo, c'è un ragazzo che si guarda in giro con aria di superiorità. E questo tipo da dove esce? Ha un non so che di particolare. I suoi occhi sono così chiari da sembrare trasparenti (e riesco a vederli anche dalla distanza in cui mi trovo!), mentre i suoi capelli talmente scuri da sembrare inchiostro. È bello. Non meraviglioso, ma bello. Guarda praticamente tutti i presenti negli occhi. Quando è il mio turno rimango incantata. Eh, è l'effetto che gli occhi chiari hanno su di me.

È vestito in modo semplice: jeans, maglietta a maniche corte (nonostante sia ormai ottobre) e scarpe da ginnastica comode. È sicuramente un ragazzo alto, anche se non riesco a dargli un'altezza precisa. È piuttosto lontano da me.

Mi guardo intorno e tutti sembrano sapere chi è. Tutti tranne me, grandioso. C'è chi ha uno sguardo un po' impaurito, chi uno sguardo che trasuda fastidio, chi rispetto, chi addirittura timore reverenziale. Sembra sia una persona di spicco qui in accademia. Mi dovrò informare. E chi meglio di Meredith può togliermi questa pulce dall'orecchio?

Il ragazzo comincia a camminare verso il buffet a grandi e sicure falcate. Saluta il preside da lontano e viene ricambiato con un cenno. Solo quando si avvicina al buffet e riesco a vederlo meglio, mi accorgo di una cosa che mi fa rimanere a bocca aperta. Letteralmente. Dalla schiena dal moro spuntano in tutto il loro splendore due magnifiche, enormi e candide ali bianche. Non sono alette di piccione, di rondine o di chissacchè, sembrano invece due vere e proprie ali d'angelo. Sono proprio quei due capolavori che rendono la camminata dal ragazzo così aggraziata. Quasi sfiora il pavimento, nel vero senso della parola.
Davvero, nei miei 17 anni di vita non ho mai visto una cosa del genere.

Mi rendo conto di avere ancora la bocca aperta e che sto rischiando pericolosamente di mettermi a sbavare. Mi giro di scatto verso Meredith, che ha ripreso a mangiare tranquillamente.

«Chi è?».

«Chi è chi?».

«L'angelo» dico senza pensarci. A Meredith va di traverso lo yogurt e Zack la aiuta subito, dandole qualche colpetto sulla schiena. Poi ritorna a bisticciare scherzosamente con Lucas.

«Aryan? Lui non è per niente un angelo, anzi. Quel tipo si diverte a sedurre le povere studentesse».

Sbaglio o sembra incazzata? Che l'abbia sedotta? Il mio pensiero viene spezzato da altre informazioni su questo fantomatico dongiovanni da strapazzo.

«Ogni tanto si rinchiude da qualche parte e non esce per giorni. Era da quasi due settimane che non si vedeva in giro. È stato la prima mutazione a mettere piede qui ed ha già finito di studiare. Eppure non si leva di torno, rimane ancora qui a fare il re della galassia» continua grugnendo un pochino. Deve proprio stargli sulle scatole.

«Te lo dico da amica ad amica, perché ormai lo siamo diventate: non fidarti mai di Aryan Sword».

Mutations' Academy (#Wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora