Capitolo 13

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Mi sveglio urlando parole incomprensibili, in preda a una specie di convulsioni, con il respiro spezzato e sudata come una fontana. La testa mi gira un po' e le mani mi tremano leggermente. Mi siedo sul letto e riprendo fiato inspirando ed espirando lentamente. Decido di farmi una doccia prima di scendere a fare colazione, così prendo le pilloline blu, mi lavo i denti e mi infilo sotto il getto caldo. L'acqua lava via gli ultimi residui di sudore e paura, e mi rilassa facendo sciogliere i muscoli tesi.

Che cazzo di problemi ha la mia mente malata?

Penso a ciò che ho visto, alle urla che ho sentito... e mi vengono i brividi. Non è stato un banale brutto sogno, le immagini che ho visto nella mia testa sono ancora vivide. Il buio della grotta, l'ufficio del preside, le fronde degli alberi mosse dal vento, il cielo senza luna e senza stelle... il viso di Aryan. È tutto marchiato a fuoco nella mia mente, come se fosse stato tutto reale.

Mi porto una mano sulla fronte e chiudo gli occhi. Vorrei non pensarci e archiviare il tutto, ma ciò che ho visto continua a passarmi davanti, come se stessi guardando un film.

Sospiro. Dovrò combattere i demoni dei miei incubi in un altro momento, oggi è praticamente il primo giorno in accademia di Alek e devo stargli vicina. Questo posto è strano e lui ha bisogno del mio aiuto, almeno per non perdersi cercando di arrivare in mensa.

Quindici minuti più tardi, infatti, sono davanti alla sua porta, esasperata perché è in ritardo. Mi aveva accennato a questo suo difetto ieri sera, ma non pensavo che quando mi aveva detto che è in ritardo SEMPRE e per TUTTO, parlasse veramente sul serio.

Alzo gli occhi al cielo e batto ritmicamente il piede per terra, mentre da dentro la stanza arrivano imprecazioni e scuse soffocate. Se mi fa aspettare altri cinque minuti giuro che lo prendo a calci!

Nel frattempo comincio a vagare con lo sguardo. Non ero mai stata nel corridoio del dormitorio maschile, se non di notte, cosa che non mi ha permesso di guardarmi in torno come si deve. La parete è ricoperta da quadri, come nella parete del nostro corridoio, ma mentre da noi è tappezzata completamente da ritratti un po' inquietanti che sembrano continuamente fissarti, qui sono appese tutte pitture rappresentanti paesaggi magnifici. Da paesaggi montani a paludosi, da lacustri a costieri. Ci sono anche alcune nature morte, raffiguranti i frutti delle diverse stagioni.

L'unica cosa che riesco a pensare è "Wow". Credo di avere la bocca spalancata, questi quadri sono davvero meravigliosi. Soprattutto uno, appeso a pochi metri da me. Raffigura probabilmente Venezia, anche se non so dirlo con certezza. Non l'ho mai vista se non in qualche libro, l'unico mio modo per poter "viaggiare".

Non sono mai uscita dagli Stati Uniti, anche se il mio più grande sogno era sempre stato esplorare il mondo. Desideri nati dalla mia curiosità mai soddisfatta, ma che ho dovuto accantonare dopo i problemi che ho avuto due anni fa circa. Praticamente non sono più uscita di casa, a parte rare volte, quando Cole o Caine mi facevano fare qualche giro con loro in moto. Quello mi stava bene, perché avendo il casco nessuno poteva vedere le mie "imperfezioni".

Ritorno con la memoria alla prima volta che sono salita in una moto. Era la prima volta che uscivo di casa dopo tre mesi di reclusione autoforzata e i miei due fratelloni non ne potevano più di vedermi così giù. Non gli ho mai ringraziati tanto come quella volta. Ha significato tanto per me... facevamo piccoli giri nelle vicinanze, ma a me bastava. Aprivo la visiera e annusavo l'odore della natura, ascoltavo le macchine sfrecciarmi accanto e gli uccelli cinguettare sopra la mia testa, e potevo finalmente guardare il cielo senza problemi in tutti i suoi diversi colori. È solo grazie ai miei fratelli se non sono crollata sotto il peso della disperazione.

Il flusso dei miei ricordi viene interrotto da Aleksey, che schiocca insistentemente le dita davanti alla mia faccia, ancora incantata ad ammirare quel quadro che mi ha fatto cadere in questo piccolo stato di trans.
Mi "risveglio" e mi giro verso di lui. Ridacchia, ma vedo un'ombra di preoccupazione passare sui suoi occhi, anche se solo per un secondo. Gli sorrido per rassicurarlo sul mio stato mentale, a volte precario quando ripenso al passato e al dolore che mi porto appresso. Perché quei momenti ci sono stati, mi hanno cambiata, ed è per questo motivo che non li dimenticherò mai. Perché faranno sempre parte di me, saranno sempre lì a bussare ogni tanto dentro la mia mente, a farsi sentire. Ed io non posso farci niente.

Mutations' Academy (#Wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora