capitolo 32

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Il mattino seguente mi sveglio per colpa di un rumore proveniente da fuori, come dei colpetti sulla mia finestra. Per un attimo penso che sia l'albero fuori ma quando lo sento di nuovo capisco che questi colpi non sono suoni naturali e del tutto casuali, sono artificiali e crati di proposito per attirare l'attenzione della gente.
Che ore saranno? Accendo il display del telefonino e leggo l'orario: 10.05.; mi alzo dal letto e un altro colpo mi spinge a girarmi. Ma chi può essere a quest'ora? Mi affaccio e me lo ritrovo davanti in tutta la sua imponenza, alto e magro, potente, glaciale. Una visione inquietante; tra le mani la sua scatola integra ed un ghigno agghiacciante sul volto, i suoi occhi talmente tanto intimidatori con quel barlume di pazzia. Tutto sembra non finire più.
Corro giù per le scale ed in fine fuori la porta per assicurarmi che lui ci sia per davvero ma quando arrivo al suo posto c'è solo il vicino di casa che parla con il barista. Che sia stata una semplice allucinazione? Che tutto ciò di brutto accaduto fino adesso sia stato solo un sogno? Io ho mai trovato quella scatola?
Mi dirigo verso la porta di casa e quando la apro un piccolo click fa scattare la trappola architettata appositamente per me, e sullo sterno si pianta un coltellaccio da cucina. Quando alzo lo sguardo lo vedo davanti a me che tiene il manico dell'arma e lo spinge dentro fino a perforarmi, fino a quando non vedo il buio.
Mi risveglio di botto in preda al panico in una stanza d'ospedale, sola. Il bianco che riflette il sole mi porta a chiudere un attimo gli occhi e riaprirli poco dopo abituandomi all'intensità della luce.
Vedo entrare di corsa un infermiere che mi stava guardando dalla finestra interna che mi controlla la pressione e la frequenza dei battiti, ma non capisco cosa stia succedendo.
-Mi scusi...-, attiro la sua attenzione -ma perchè sono in una stanza d'ospedale...?- gli domando e lui mi osserva attentamente:- Signorina, lei è stata in coma per un lungo periodo di tempo.-, risponde infine.
-Coma? Scusi, temo di non comprendere.-.
-È arrivata qui scortata da due ragazzi la sera di halloween, quando ci fu quell'omicidio, o genocidio, alla scuola.-.
-Ma...io ricordondi esserne uscita illesa,- ammetto.
-No, mi dispiace smontarle il sogno ma lei è arrivata qui con nove costole rotte, sanguinante dalla testa e la colonna vertebrale danneggiata, priva di coscienza. È stata violentata e maltrattata dal custode della scuola prima che arrivassero i soccorsi, teneva anche un coltello nel fianco ed i nervi scoperti della spalla.-.
Non comprendo. E tutto quello che è successo fino ad ora? Tutto un sogno?
-E...i miei genitori? I miei amici?.-.
-Stavano tutti aspettando che lei si risvegliasse, ma molti non dormivano da troppo tempo e sono stati mandati a casa.-.
-E gli altri...?.-.
-Dobbiamo avvisare i suoi familiari della sua ripresa, signorina, e vedrà che saranno subito tutti qui.-.
-Per...quanto tempo sono stata in questo stato?.-.
-Un anno abbondante, signorina.-.
Non pongo più domande, non posso sentire oltre.
L'infermiere va via dopo avermi avvisato che avrebbe chiamato i miei genitori e pian piano diffuso la notizia anche agli altri, ma questo per ora non mi interessa più di tanto. Che cos'è successo per davvero?
Mi scopro e alzo leggermente il pigiama per vedere se ho strani segni di sutura e per fortuna nulla. Durante l'anno ovviamente le mie ferite si saranno chiuse e rimarginate. Mi poggio al cuscino e guardo fuori quando noto l'albero di fuori che picchietta leggermente contro la finestra trasparente e lì mi rendo conto che la stanza è la stessa del mio suddetto sogno. Ormai diverse emozioni si immischiano dentro di me come fanno le domane e i miei dubbi, che risposte non hanno. Mi domando come sia possibile e che cosa sia successo in realtà, se è vero quello che mi ha raccontato l'infermiere e se questo non sia un sogno.
Alzandomi dal letto stacco la flebo e le mie gambe cedono facendomi ruzzolare a terra come un sacco di patate, per un attimo le ho sentite molto deboli ed è stato quasi come se non ci fossero state, poi riprovando ho capito che è passato così tanto tempo che hanno perso l'abitudine di sopportare il peso del mio corpo e di camminare. Provo di nuovo reggendomi al letto e tremano le mie gambe sottoposte a questo sforzo e tutto ciò che cerco di fare è andare a guardare fuori e sentire l'aria che tira, sentire davvero il calore della luce sulla mia pelle talmente bianca da farmi sembrare un cadavere; mi metto dritta in piedi nonostante il continuo traballare delle gambe e a stentoni raggiungo la porta della mia stanza aprendola e, sorreggendomi grazie all'aiuto del muro, cammino fino a fuori in un punto dove chi sta male può prendere aria e finalmente il mio tremolio periodico ha smesso di darmi problemi, anche se il camminare di per sé si rivelava un ostacolo; fuori c'è qualche vecchietto ormai arrivato al capolinea della sua vita e dei bambini che vengono a trovarli o vengono seguiti dai loro genitori durante le cure. Io guardo l'orizzonte che mostra la città e mi stiro leggermente aprendo la braccia e facendomi abbracciare da un fresco venticello, il sole mi illumina il volto scaldandolo e non mi sento più oppressa come prima ma sono libera, il peso che avevo sul petto non lo sento più.
Mi giro verso la porta dalla quale sono uscita e vedo Valentina con Cristina e Arianna e Mattia, che mi corrono incontro saltandomi al collo abbracciandomi tutti insieme. Vale è scoppiata in lacrime e Arianna, come Mattia e Cristina, la osserva perplessa.
-Che vi piangete? Mica è morta.-.
-Ma sono lacrime di felicità! Sono felice di rivederla viva! Sono felice che non abbia mollato!.-.
-Sì, ma così non ti sembra di esagerare?.-.
-Sto esagerando secondo te Sofia?.-.
-Mh?.-.
Mi giro verso di loro che mi guardano aspettando una risposta.
-Non vi stavo ascoltando, scusatemi. Ma sono felicissima di rivedervi e questa volta, finalmente, non è un sogno.-.
-Com'è stato lo stato di coma in cui eri? Cosa hai fatto?,- domanda Cristina.
-Sai...-, li guardo tutti in modo serio -è meglio non saperlo, non mi credereste mai-, rispondo alla fine.
-Ma ora comenti senti?,- domanda Mattia.
-Sto bene. Mi sento libera.-. Rispondo sorridendo e perdendo l'equilibrio, venendo ripresa al volo da Valentina e Mattia, mentre Arianna e Cristina si stavano lanciando verso di me per acchiapparmi e di fatti tengono un lembo del colletto del pigiama. Mi aiutano a mettermi in piedi.
-Che succede?.-, chiede Arianna preoccupata.
-È che le mie gambe non sono abituate a tenere il mio peso, o almeno non più.-.
-Ma non ti hanno dato il permesso gli infermieri di alzarti? Rischi di ammazzarti in questo modo,- mi rimprovera Mattia.
-Lo so...scusatemi.-.
Cristina mi picchietta sulla spalla attirando la mia attenzione ed indicando mia madre sulla porta che mi guarda in lacrime, e senza perdere tempo le corro tra le braccia stringendola come lei fa con me.
-Non piangere mamma...ti prego.-.
Lei mi stringe senza rispondermi e mi accarezza la testa coccolandomi e singhiozzando di tanto in tanto; le mani le tremano e continua a stringermi al suo petto.
-Temevo...-, ha la voce strozzata dal pianto -di averti persa per sempre...-.
-Mamma...non piangere. Sono qui, no?.-.
annuisce.
-Ed è questo che conta...che io sia qui e che sia viva, che sorrida e che ti parli. No?.-.
-Sì...-. Mi stringe ancora.
Qualche minuto dopo mi hanno fatta rientrare nella mia stanza e detto che mi avrebbero tenuto lì ancora per un po', giusto per constatare che io stia bene. Quando tutto finalmente è finito mia madre mi è passata a prendere con il nuovo compagno, Roberto. Nome molto fastidioso e credo che lo chiamerò Bobby. Comunque sia sono salita in macchina e ci siamo diretti a casa, tutti insieme.
E Laughing Jack? Ho preferito credere alla versione dell'infermiere e fingere che nulla sia successo dando a Jack la solita figura del personaggio da racconto Horror.
Nel percorso mi era sembrato di sentire una risata malsana, agghiacciante, ma non diedi peso alla mia fervida immaginazione. In fondo...Laughing Jack era solo una leggenda metropolitana, no?

il demone della scatolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora