Capitolo 2 - Appena Prima Di Partire

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L'Attesa E' Una Freccia Che Vola E Che Resta Conficcata Nel Bersaglio.
La Realizzazione Dell'Attesa E' Una Freccia Che Oltrepassa Il Bersaglio
Soren Kierkegaard



Capitolo 2: Appena Prima Di Partire

E va bene.
Con Delia poco prima della fine del quadrimestre avevamo progettato di partire per gli Stati Uniti. Visto che voleva andare a trovare suo padre e suo fratello Michael, le era sembrato che le vacanze di Carnevale fossero il momento più opportuno per partire tutti insieme.
Questo prima di una serie di eventi che ci aveva praticamente portati a rinunciare.
Sabrina non poteva allontanarsi da Lecce perché il suo fratellino non riusciva a vivere senza di lei. Quando aveva solo accennato alla partenza, il bambino era scoppiato a piangere pregandola di non andare, di non abbandonarlo. Quindi Sabrina era out.
Martina non sarebbe partita a prescindere. Figuriamoci se sua madre le avrebbe mai dato il permesso, era inutile persino chiederglielo.
Amy era pronta alla partenza, aveva persino comprato una valigia nuova. Ma all'improvviso suo padre si era preso la polmonite e lo avevano ricoverato. Di certo lei non sarebbe mai partita con il padre in quelle condizioni, anche se ormai era in via di guarigione.
Di conseguenza Marco non aveva intenzione di muoversi senza Amy, perciò anche lui era fuori dal gioco.
Massi non aveva avuto problemi. Sua madre conosceva i Barton da una vita e la sola idea che lui partisse con Delia la mandava in estasi. Ovviamente non sapeva della mia presenza.
Fin qui potrebbe anche sembrare che la situazione non fosse poi così tragica, se non ci fosse stato il piccolo insignificante dettaglio che io non avevo ancora detto ai miei che volevo partire per Boston. In genere non mi avrebbero mandato da sola neanche a Bari, figurarsi se mi avrebbero lasciato andare negli Stati Uniti senza battere ciglio.
Ero talmente gasata all'idea di partire che mi era proprio passato di mente il fatto che avevo dei carcerieri e non dei genitori.
Accidenti a me!
Mia madre, Roberta Rizzo, sarebbe morta d'infarto all'idea di me, sua unica figlia, su un aereo- cioè a chilometri di distanza dalla terra ferma- per tutte quelle ore.
Ma sopra ogni cosa immaginavo e già sentivo la reazione di mio padre: mi avrebbe semplicemente incenerito con lo sguardo senza lasciarmi neanche modo di replicare.
Mio padre, Gianpaolo Ferrari, la maggior parte delle volte non si comportava come un padre. Era più come un fratello, un fratello minore per giunta. Probabilmente per lui io sarei stata la sua bambina sempre e comunque. Fin da piccola mi aveva ripetuto costantemente che il giorno in cui avrei trovato un fidanzato lui avrebbe dovuto ucciderlo, era nel suo pieno diritto e nessuno avrebbe mai potuto dire nulla.
Ovviamente non ero così idiota da pensare che se mio padre avesse saputo di Massi lo avrebbe fatto secco per davvero, ma conoscendo mio padre ero abbastanza consapevole del fatto che lui non avrebbe accettato tanto facilmente una mia relazione con un qualsiasi ragazzo.
In più, conoscendo Massi sempre di più, mi ero resa conto di quanto somigliasse a mio padre.
Come tutte le bambine quando da piccola mi chiedevano chi avessi voluto sposare da grande io rispondevo "Il mio papà". Non c'era altro uomo al mondo per me: sapeva proteggermi, sapeva farmi ridere e sapeva cosa desideravo facendo di tutto pur di donarmelo.
Alla fine ero stata accontentata: avevo trovato la fotocopia di mio padre.
Massi e papà erano uguali. Non lo avevo mai notato prima ma in quell'ultimo mese avevo trovato delle somiglianze davvero inquietanti.
Papà era uno a cui piaceva mettersi in mostra. Amava avere ragione e sapeva che la maggior parte delle volte era lui a essere dalla parte del giusto, cosa per cui si sentiva in diritto di vantarsi. Scherzava e faceva battute in continuazione, aveva sempre voglia di ridere. Era il migliore nel suo lavoro e non avrebbe mai accettato il contrario. In più il suo sport preferito era stuzzicare me.
Massi era identico a lui.
Questo mi spaventava perché sapevo che se un giorno si fossero incontrati si sarebbero uccisi a vicenda a suon di frecciatine e di battute, fino a quando non sarebbero passati definitivamente alle mani.
Avevo paura, inutile nasconderlo.
Mio padre aveva sempre avuto un forte ascendente su di me. Il mio scopo fino a quel momento era sempre stato quello di non deluderlo, a costo di stare male io stessa. Per questo sapevo che se per caso non avesse accettato Massi come mio ragazzo io sarei entrata ancora più in crisi.
E quello stupido di Massi si arrabbiava perché non volevo che i miei genitori sapessero che avevo una relazione, che mi ero innamorata.
Come faceva a non capire che io agivo solo per il suo bene?
A volte quel cretino era proprio un idiota buono solo a farmi incavolare come una iena!
Tanto lo sapeva che l'avrei spuntata io, che bisogno c'era di fare tante storie? Pensandoci, probabilmente, per lui era quasi naturale ribattere, proprio per spirito di contraddizione. E sempre pensandoci, difficilmente avrei potuto continuare ad amare un Massi diverso da quello di sempre, pieno di ego e di dolcezza.
Parcheggiai con calma il mio scooter nel solito posto, dietro l'edificio scolastico. Ormai era già da un po' che Amy ed io non venivamo a scuola con il mio scooter. Era Marco a passare ogni mattina da lei e a riportarla a casa quando finivano le lezioni. Ero davvero contenta di vedere quanto stesse andando bene la loro storia, si amavano tanto e lo potevano dimostrare in ogni modo.
Quello che mi lasciava un attimo sorpresa era che ancora non avevano "consumato". Sapevo che Amy aveva sempre avuto una mentalità piuttosto rigida per quanto riguardava il sesso ma non avrei mai pensato che l'avrebbe portata avanti così strenuamente, e di certo non credevo che Marco l'avrebbe accettata senza battere ciglio. Sempre che lui sapesse davvero qual era l'opinione di Amy al riguardo. Potrebbe sembrare un attimino esagerato ma c'era una frase che la mia amica mi ripeteva fin da quando avevamo capito cos'era il sesso e cosa comportava. Questa frase era: "Non ho intenzione di farlo fino a quando non sarò sposata. Voglio che mio marito sia il primo e l'ultimo."
La solita esagerata dai gesti eclatanti, ma quando diceva una cosa difficilmente se la rimangiava. Per quanto mi riguardava, rimanevo della mia opinione: Marco non aveva ancora idea di quanto facesse sul serio Amy riguardo quella faccenda.
Lo avrebbe capito con il tempo.
Solo immaginando quello che avrebbe pensato il povero Marco non potei fare a meno di lasciarmi sfuggire un sorrisetto.
Comunque quelli erano solo affari loro, adesso avevo altro a cui pensare e di cui preoccuparmi.
Ero arrivata un po' troppo presto per i miei standard ma quella notte non avevo dormito bene e non avevo voglia di starmene in casa. In cortile non c'era praticamente nessuno e stavo pensando di sedermi su una panchina per ripetere scienze ma quando mi avvicinai notai che era bagnata fradicia. Odiavo l'umidità notturna!
Visto che non c'era nessuno decisi di andare in classe.
Entrai nell'atrio della scuola e vidi che non c'erano bidelli in giro, ma per sicurezza, visto che non permettevano a nessuno di entrare in aula così presto, decisi di entrare dalla porta laterale che dava sulle altre scale.
Aprii con calma la porta senza fare rumore e stavo per cominciare a salire le scale quando mi sentii afferrare per il polso e trascinare all'indietro, mentre una mano mi chiudeva la bocca.
Mi ritrovai al buio.
Ero... Ero... Ero finita nello stanzino delle scope sotto le scale!?
-Stai calma sono io-, sentii una voce dietro di me, come sentivo il battito forsennato del cuore di Massi contro le mie scapole, e come sentivo distintamente il calore del suo corpo contro la mia schiena.
Lo stanzino delle scope era uno spazio piuttosto ristretto quindi eravamo costretti a rimanere in quella posizione.
Di certo non sarei stata io a lamentarmi!
-Che succede?- chiesi stizzita. –Perché mi hai trascinata qui dentro?-
Era proprio buio, non vedevo nulla. Mi sembrava di parlare con il vuoto.
-Tu non vuoi che ci vedano insieme ed io avevo bisogno di parlarti.-
-E di cosa?- chiesi contrariata.
I miei occhi stavano cominciando ad abituarsi lentamente all'oscurità e cominciai a distinguere diversi flaconi di detersivo posati su uno scaffale proprio davanti al mio naso.
-Volevo solo parlare un attimo di quello che ha detto ieri mia madre...-
La sua voce era seria, molto seria. Non avevo mai sentito quel tono di voce uscire dalla bocca di Massi.
Non parlai, non ne avevo la forza.
-Mia madre ha sempre voluto che io e Delia stessimo insieme. Da piccolo ero persino arrivato a pensare che le nostre vacanze in America avessero il solo scopo di farci innamorare, e non credo di aver avuto tutti i torti.-
Mi voltai lentamente verso di lui e cominciai a intravedere i suoi occhi anche attraverso il buio di quello sgabuzzino sudicio.
-Se questo è il tuo modo per tranquillizzarmi, ti comunico che non funziona. Sapere che tu e Delia siete vittime di una relazione combinata non mi aiuta per niente.-
-Se magari mi fai finire di parlare, forse riusciamo a uscire da questa storia senza ucciderci a vicenda-, rispose lui stizzito.
Lo fissai per un attimo e poi abbassando lo sguardo gli diedi il mio tacito consenso a continuare.
-Non posso nasconderti che in effetti c'è stato un periodo, un paio d'anni fa, in cui sembrava che io e Delia stessimo per metterci insieme sul serio.-
Alzai la testa di scatto, sconvolta da quella rivelazione.
-Era estate e i nostri genitori trovavano sempre il modo di lasciarci soli o di farci uscire insieme, alla fine stavamo quasi per cascarci. Ma non è mai successo nulla.-
-Scusa la domanda, ma che intendi quando dici "stavamo quasi per cascarci"?- la mia voce era dura e le mie braccia s'incrociarono in una posa rigida e furibonda senza che io me ne rendessi neanche conto.
Lui mi guardò per qualche istante ed ebbi la netta impressione che un sorrisetto gli si fosse dipinto per pochi attimi sul volto.
-Sei gelosa per caso?-
Ma allora era proprio cretino!
-Ehm... Fammici pensare...-, mi posai l'indice sul mento. –Direi proprio di sì! Delia è stupenda e lo sai che ho sempre sofferto di un senso d'inferiorità nei suoi confronti, quindi se per caso tu hai mai provato qualcosa per lei direi proprio che sono in diritto di essere gelosa. Perché lo so che io non potrei mai competere con una come lei e se c'è anche solo la minima possibilità che tu possa provare qualche interesse nei suoi confronti probabilmente io non potrei mai fare niente per convincerti a cambiare idea.-
Massi mi posò l'indice sulle labbra per zittirmi e sentii il mio cuore cominciare a battere forte.
-Ancora devo capire come spiegarti che tu non devi convincermi di niente.-
Lo fissai con gli occhi spalancati mentre lui si chinava sul mio viso e mi lasciava un bacio delicato sulle labbra facendomi vedere tutto luminoso nonostante il buio dello sgabuzzino.
Prese la mia mano sinistra e la posò sul suo petto. Il ciondolo del mio bracciale fece capolino fuori dalla manica del mio cappotto. La V con il brillantino che Massi mi aveva regalato per Natale si ritrovò ora a contatto con il suo cappotto ed io sapevo che sotto gli strati di stoffa si nascondeva un altro ciondolo, quello appeso alla catenina che Massi portava al collo, il ciondolo con la M. Erano un ricordo del nostro primo Natale insieme e il modo con cui Massi mi aveva fatto capire fino a che punto lui ed io fossimo legati in modo indissolubile.
-Ricordi quello che ti ho detto a Natale?- mi chiese lui in un sussurro mentre premeva la sua mano contro il suo petto con ancora più forza.
Certo che lo ricordavo! Non avrei mai dimenticato neanche una sola parola pronunciata dalle labbra di Massi ma mi sarebbe piaciuto sentirle di nuovo.
-Rinfrescami la memoria-, mormorai divertita.
Sapevo che stava sorridendo compiaciuto, ormai lo conoscevo abbastanza da sapere che i miei atteggiamenti di arrendevolezza nei suoi confronti portavano il suo ego smisurato a gonfiarsi ancora di più, ma non me ne importava niente. Dopotutto anche quel lato così egocentrico di Massi mi piaceva altrimenti non mi sarei mai innamorata di un tipo come lui.
Lui si chinò verso di me e avvicinando le labbra al mio orecchio cominciò a ripetermi le parole che mi aveva detto a Natale.
-Quando siamo lontani... Siamo tu ed io, separati. Due persone che neanche dovrebbero conoscersi e che nessuno deve vedere insieme...-
Staccò la mia mano dal suo petto e portandola alla bocca ci lasciò un bacio delicato mentre io sentivo il mio cuore che stava per esplodere, non sapevo cosa fare per calmarmi ma probabilmente non avevo alcuna intenzione di farlo.
-Quando siamo insieme però torniamo ad essere Massi e Vale, sempre. Non dimenticarlo mai, per favore.-
Lo guardai notando, anche nel buio poco luminoso dello sgabuzzino, quanto l'idea che io non riuscissi a recepire il suo messaggio avrebbe potuto renderlo infelice.
-Non lo dimenticherò-, promisi con tono serio. –Ti amo troppo per poterlo dimenticare.-
Quelle parole funzionarono esattamente come il detonatore di una bomba: Massi mi attirò verso di sé, senza neanche lasciarmi il tempo di rendermene conto, e cominciò a baciarmi con forza, con possesso, come se volesse farmi capire sul serio cosa significasse essere solo ed esclusivamente sua. Sentii le sue braccia stringermi forte mentre il mio corpo rispondeva in modo automatico a quello di Massi, assecondandolo e rendendogli tutto molto più semplice.
Più il bacio diventava profondo e più sentivo quanto il mio legame con Massi fosse forte, nonostante tutti i miei dubbi mi bastava solo averlo così vicino a me per continuare a essere sicura del nostro rapporto.
Massi doveva averlo capito visto che continuava a baciarmi in quel modo che mi toglieva fiato, parole e voglia di ragionare in modo razionale.
Alla fine ci dividemmo e d'un tratto mi resi conto di aver dimenticato tutti i motivi che fino a poco prima mi avevano così angosciato. Ma rimaneva ancora un problema da risolvere e Massi neanche ne era al corrente.
-Non ho ancora detto ai miei di Boston-, lo dissi tutto d'un fiato, come se avessi avuto il timore di non ritrovare più il coraggio per pronunciare quelle parole.
Lo sguardo di Massi, che fino a poco prima era dolce e pieno di desiderio, si fece grave, davvero pesante da sopportare.
-La partenza è fissata per la prossima settimana! Si può sapere che cavolo stai aspettando?!-
-Non c'è bisogno che ti scaldi tanto-, ribattei innervosita. –Lo so anch'io che ho fatto un casino, me ne rendo perfettamente conto.- Mi staccai da lui e incrociai le braccia stizzita.
-Evidentemente non te ne rendi conto davvero, altrimenti lo avresti già detto ai tuoi-, il suo tono era risentito e la cosa non mi piaceva per niente. –Non ho intenzione di andare a Boston senza di te, quindi cerca di risolvere questa situazione o andrà a finire che parlerò io con tuo padre.-
Fu come se un fulmine mi avesse colpito in pieno stomaco.
Massi che parlava con mio padre?!
Una cosa del genere non sarebbe mai dovuta accadere, piuttosto era meno pericoloso saltare attraverso dei cerchi di fuoco in sella a un triciclo.
-Non ci pensare neanche!- esclamai con voce stridula. –Faresti solo danni!-
-E allora vedi di risolvere questo problema oggi stesso!-
Massi era stato categorico, probabilmente perché ci teneva proprio a quella piccola fuga a Boston, e di certo non potevo dargli torto. In America, per una settimana, non avremmo dovuto nasconderci. Potevamo finalmente uscire alla luce del sole senza avere sempre il terrore che la D'Arcangelo o qualcun altro potesse scoprirci.
-Ci proverò-, risposi alla fine abbassando lo sguardo.
Lui posò due dita sotto il mio mento e sollevò il mio viso per fare in modo che i nostri occhi si potessero incontrare.
-Sai che non sono il tipo che accetta le sconfitte-, mi sussurrò con un sorriso dolce. –Quindi vedi di far accettare a tuo padre l'idea di questo viaggio.-
Incredibilmente quel sorriso così premuroso riuscì a donarmi un po' di buonumore fino al punto di far sorridere anche me, nonostante avessi davvero poco di cui essere felice.
-Prometto che non ti deluderò.-
Un'ora dopo quell'intenso incontro nello stanzino delle scope, ero in classe a cercare di seguire una delle noiosissime spiegazioni di Filosofia della Lubelli. Quando si trattava di Storia amavo il suo modo di spiegare ma se dovevo affrontare un'intera ora a sentirla parlare di Hegel, come in questo caso, mi prendeva proprio un senso di angoscia.
Eravamo tutti piuttosto impegnati nel fare tutto tranne che prendere appunti o seguire quando bussarono alla porta. Entrò il professor Salerno con la sua solita aria indaffarata e un paio di fogli in mano.
-Buongiorno, ragazzi-, disse con tono tranquillo.
Rispondemmo al saluto tutti ancora parecchio annoiati e assonnati.
-Sono solo passato per informarvi che abbiamo ricevuto dal Ministero le prove e le materie per l'esame di Stato.-
All'improvviso la noia scomparve letteralmente dall'aula e venne sostituita da qualcosa di molto più simile ad ansia e attesa.
Io per prima cominciai a realizzare solo in quel momento quanto gli esami fossero vicini e quanto poco mi sentissi preparata per affrontarli.
Era tutta colpa di Massi!
Mi aveva tenuto talmente impegnata in quegli ultimi mesi che mi ero completamente dimenticata della Maturità e di tutto quello che avrebbe comportato. Fino ad allora avevo continuato a considerarla solo come il momento in cui Massi ed io avremmo potuto smettere di nasconderci senza pensare a tutto quello che avrei dovuto affrontare in quei giorni infernali.
-Dunque-, Salerno prese uno dei fogli che aveva in mano e cominciò a leggerli. –Per la prima prova avrete ovviamente lo scritto d'italiano, e il commissario sarà interno. Quindi io sarò nella commissione d'esame.-
Ci guardammo tutti con un sospiro di sollievo che uscì spontaneo. Avere un commissario esterno d'italiano sarebbe stato un vero e proprio incubo. Inoltre con Salerno avevamo un rapporto speciale ed eravamo certi che sarebbe stato dalla nostra parte sempre e comunque.
-La seconda prova sarà lo scritto di latino con commissario esterno.-
A quel punto ci fu un boato di sbuffi incredibile. Un po' ce lo aspettavamo che le cose sarebbero andate così, però l'idea di dover "sfoggiare" il nostro bel latino con un docente che non ci conosceva non ci riempiva proprio di gioia.
-Infine le altre materie con commissari esterni saranno matematica e filosofia-, concluse Salerno guardandoci.
Mi ci volle qualche secondo per riuscire a metabolizzare quella frase.
Filosofia?! Esterna?!
Uccidetemi! Vi prego...
-Adesso potete proporre voi le materie con i commissari interni, tranne italiano ovviamente. Mi raccomando cercate di fare una scelta ponderata. Da questo dipenderà buona parte del vostro esame, quindi pensateci bene.-
Il panico si diffuse nell'aula. Non avevamo mai pensato alle materie da proporre per la commissione quindi non sapevamo proprio dove sbattere la testa.
Per nostra fortuna la Lubelli decise di venirci incontro dandoci uno dei suoi consigli.
-Probabilmente vi conviene associare due dei vostri docenti alle materie che già avete. A latino potreste affiancare greco, quindi la professoressa Bianchi che comunque può darvi un aiuto in caso di difficoltà.-
Ci guardammo tutti con aria scettica. La definizione che la Bianchi dava alla parola "aiuto" era parecchio diversa da quella attribuita da noi.
-Ovviamente vi converrebbe anche affiancare al commissario esterno di matematica la professoressa Gigli con fisica. In questo modo non lascereste due materie prettamente scientifiche nelle mani di un docente che non vi conosce.-
In effetti quella era un'idea buona. La Gigli non ci avrebbe difeso a spada tratta ma almeno sapevamo che in fisica non pretendeva chissà quali brillanti e meravigliose prestazioni. E se avessimo avuto un po' di fortuna, magari, il commissario esterno di matematica avrebbe deciso di seguire la linea adottata dalla Gigli.
-A questo punto vi rimarrebbe scoperta solo Filosofia. Nel senso che sareste costretti ad avere un commissario esterno sia per Filosofia sia per Storia, ma almeno avreste la certezza di non avere tra le materie d'esame né Scienze né Storia dell'Arte.-
Era vero! Non ci avevo minimamente pensato! Seguendo quella logica, Scienze sarebbe rimasta fuori e di conseguenza... Di conseguenza Massi ed io saremmo potuti uscire allo scoperto molto prima del previsto!
Certo, avrei dovuto affrontare un indiavolato commissario esterno per Storia e Filosofia, ma sinceramente dubitavo che la presenza della Lubelli mi sarebbe stata d'aiuto. Filosofia era comunque materia esterna e in Storia me la cavavo senza problemi.
-Non dimenticate che voi potete solo proporre le materie, poi sta a noi docenti del Consiglio decidere se accettare o meno. Comunque, in genere, questa scuola tende a non rifiutare le materie scelte dagli alunni perché non vogliamo crearvi ulteriori difficoltà.-
Traduzione: "Voi proponete che noi tanto accettiamo sicuro..."
Appena suonò la campanella, la Lubelli uscì e noi iniziammo subito a preparare una bella lettera da consegnare alle Preside, dove avevamo scritto tutte le materie per l'esame. Ci attenemmo diligentemente a tutto quello che ci aveva consigliato la Lubelli con la speranza che quella lavatrice ambulante della Preside non avesse nulla in contrario.
Mentre eravamo ancora impegnati nel trovare le frasi più d'effetto e convincenti per scrivere quella lettera, la Bianchi entrò in aula di gran carriera e si sedette velocemente come al solito senza guardare nessuno.
Prese il registro e firmò, mentre la classe cadeva nel silenzio più tombale. Eravamo a Febbraio, il quadrimestre era ormai finito, ma lei aveva quella faccia solo quando aveva intenzione di interrogare. Ovviamente nessuno era preparato, visto che non interrogava mai a inizio quadrimestre.
-Avete sentito delle materie d'esame?- chiese la Bianchi chiudendo il registro.
Noi cominciammo ad annuire intimoriti, mentre qualcuno aveva anche trovato il coraggio, chissà dove, di sibilare un flebile "sì".
-Latino è esterno, quindi preparatevi perché ho intenzione di mettervi sotto. Tirate fuori i libri di letteratura latina. Come minimo dovrò spiegare tre autori oggi.-
Un silenzioso sospiro di sollievo si levò quasi impercettibile per l'aula. Non avrebbe interrogato. Per un attimo mi ero sentita morire, era come se avessi perso dieci anni di vita in un colpo solo.
La Bianchi stava per iniziare la spiegazione quando qualcuno bussò alla porta che si aprì subito dopo senza neanche lasciare alla professoressa il tempo di dare una risposta.
-Salve.-
O dei di tutto l'Olimpo! Santi di tutto il Paradiso!
Era il vicepreside! E non era solo! Tra le mani aveva le schede di valutazione!
Erano le pagelle!
Chiusi gli occhi disperata, mentre visualizzavo già nella mia mente tutti i cinque che ci avrei visto.
Un brusio di tensione cominciò a levarsi all'interno della stanza mentre Marti si voltava a guardarmi terrorizzata. La odiavo quando faceva così! Che si terrorizzava a fare! Aveva nove in tutte le materie. Di che aveva paura? Di un otto? Ma io avrei pagato per avere delle paure come quelle! Accidenti a lei.
Il vicepreside, tale professor Giannaccari Luigi, cominciò a consegnare le schede chiamandoci uno ad uno alla cattedra. Giusto per farci fare una bella figura di merda in più, poiché prima di consegnarci la scheda doveva leggerla e commentarla.
-Ferrari Valeria.-
Alzai gli occhi al cielo disperata mentre abbandonavo il mio posto e camminavo verso il prof. In quel momento quell'uomo era identico a un patibolo.
-Be', Ferrari, direi che ti puoi ritenere soddisfatta-, disse porgendomi la scheda dopo averla letta. Non aveva commentato. Le sue parole erano state solo quelle.
Aggrottai la fronte stranita e tornai al mio posto.
Aprii lentamente la scheda e quando lessi i miei voti per poco non mi presero un infarto fulminante, un ictus cerebrale e una trombosi tutto insieme.
Italiano Otto
Latino Sette
Greco Sei
Storia Otto
Filosofia Sette
Matematica Nove
Fisica Nove
Storia dell'Arte Otto
Educazione Fisica Nove
Ma il voto che di certo mi aveva sorpreso più di tutti era stato di certo il suo. Quello della D'Arcangelo, la donna che mi odiava e mi denigrava sempre davanti a tutti.
Il Sette se ne stava lì, accanto alla parola Scienze ed io non potei fare a meno di sgranare gli occhi fino a quando non mi fecero male.
Non era possibile! Non ci credevo. Eppure era scritto tutto nero su bianco su quel pezzo di carta che in quel momento per me era diventato quasi d'oro.
Un'ora dopo ero in corridoio per la ricreazione. Insieme a me c'erano anche Marti, Amy, Marco e Sabrina. Avevamo ricevuto tutti le pagelle, e i risultati erano stati piuttosto prevedibili: Marti e Sabrina avevano preso una bella sfilza di nove a testa, Marco era riuscito a prendere un sette in matematica (per la gioia della sua insegnante, cioè me) e un buon numero di otto, mentre Amy più o meno era andata come me, tranne un bell'otto troneggiante in Scienze.
Con una pagella del genere forse sarei riuscita a convincere mio padre a lasciarmi partire per l'America, anche se ancora la vedevo davvero dura.
-Ferrari.-
Per poco non mi prese l'ennesimo infarto della giornata. Mi voltai di scatto e mi ritrovai davanti Massi che mi guardava con aria di sufficienza, come se fossi l'ultimo essere presente sulla terra che meritasse le sue attenzioni. Era incredibile che attore nato fosse quel ragazzo.
Delia se ne stava al suo fianco e mi sorrideva con la solita aria svampita che assumeva a scuola.
-Draco?- chiesi io sollevando un sopracciglio scocciata. –Hai bisogno di qualcosa?-
Mi veniva da ridere quando pensavo che ogni santissimo giorno a scuola dovevamo mettere su quel teatrino per non creare sospetti nella gente che ci stava intorno. A volte decidevamo persino di ignorarci per giorni e giorni, giusto per essere sicuri che nessuno s'impicciasse dei fatti nostri e non decidesse di indagare. Ovviamente mi riferivo alla D'Arcangelo, che, quando voleva, sapeva essere più pressante di un segugio.
-L'hai ricevuta la pagella?- mi chiese lui con un sorrisetto soddisfatto.
Okay, forse la sua non era proprio una recita. Il suo lato egocentrico e megalomane era venuto fuori e adesso non vedeva l'ora di vantarsene.
-Sì-, risposi un po' confusa. –Ne sono soddisfatta, soprattutto del mio Sette in Scienze.-
A quelle parole Massi rimase stupefatto e stava per aprirsi in un sorriso luminoso, ma riuscì a bloccarsi in tempo. Sapevo che era orgoglioso di me, che avrebbe voluto abbracciarmi ma non poteva farlo, e questo feriva lui esattamente come lacerava me che avrei voluto saltargli al collo e baciarlo per festeggiare quel voto inaspettato.
Odiavo a morte quella situazione, e odiavo la D'Arcangelo! Maledetta!
-Be' Scienze per me è un giochetto da nulla, un Nove non me l'ha mai tolto nessuno. E anche Delia ha avuto un Otto, vero?-
Si voltò verso Delia e lei sorrise soddisfatta.
-Oh, Yes-, rispose con un sorriso meraviglioso. –E' stato very difficult, ma the end ho avuto un Eight. Sono così happy!-
Era incredibile come Delia riuscisse a sembrare davvero una deficiente patentata quando ci si metteva d'impegno. Quei due erano andati alla stessa scuola di recitazione, me lo sentivo.
-Sai Draco, non m'interessa se tu e la tua "girlfriend" avete dei voti più alti dei miei, almeno sono sicura di avere molto più cervello di un biondo platinato arrogante e della sua degna compagna che avrebbe bisogno di un vocabolario anche per dire "Ciao"!-
Wow, dovevo ammettere che quando non ero davvero arrabbiata tiravo fuori delle frecciatine parecchio pesanti.
Massi stava per rispondermi, e nei suoi occhi lessi l'indecisione tra lo scoppiare a ridere e il saltarmi addosso per fare l'amore proprio in quel momento, quando accadde qualcosa di strano.
-Salve ragazzi-, una voce conosciuta interruppe lo slancio di Massi.
-Ciao Davide-, risposi io confusa voltandomi a guardare il mio compagno di classe.
Lanciai un veloce sguardo verso Marti che come al solito non sembrava aver voglia di mostrare alcun tipo di reazione. Da quando c'era stato tutto quel casino con Christian, in fatto di emozioni, era diventata più arida di un deserto. Non pretendevo che facesse i salti di gioia vedendo Davide ma che almeno s'irritasse un po' come faceva prima quando lo vedeva.
Niente. Non riuscivo ancora a capire cosa le passasse per la testa, e le si ostinava a non voler parlare.
-Ehm-, disse Davide un po' impacciato come al suo solito. –Non so se lo avete saputo, ma...- guardò un attimo Marti. Sembrava indeciso se continuare o meno. –Ecco, ho appena incontrato Giacomo e mi ha dato una notizia, non lo so se si possa definire buona.-
Lo guardammo tutti incuriositi.
-Cosa ti ha detto?- chiese Marco, ovviamente il più curioso di tutti. A volte avevo il dubbio che fosse davvero una donna e non un uomo.
-Mi ha parlato di... di Christian.-
Si bloccò. Evidentemente aveva paura che magari Marti si potesse stranire, ma guardando la mia amica notai che un iceberg avrebbe avuto più emozioni di lei.
-Continua-, lo invitai io cercando di tranquillizzarlo.
-Avete notato che da quando ha avuto quel problema con quei "teppisti" non si è più fatto vedere a scuola. Be', Giacomo ha scoperto che i genitori lo hanno iscritto in un'altra scuola un po' lontana da qui.-
-Dove?- chiesi con un misto di rabbia e irritazione nella voce.
-Milano. A quanto pare lì ha uno zio, un fratello del padre. I genitori hanno pensato che fosse meglio che si allontanasse un po' da qui. Secondo Giacomo è perché quei ragazzi che l'hanno picchiato probabilmente hanno continuato a minacciarlo anche dopo quello che gli avevano fatto.-
-Direi che è un'ottima notizia-, ribattei con una nota irritata parecchio evidente.
-Sì, lo penso anch'io-, rincarò Massi serio fissando Delia che abbassò lo sguardo intristita.
Se avessi avuto Christian tra le mani non so cosa sarei stata capace di fargli. Avrebbe implorato di essere di nuovo picchiato da quei motociclisti piuttosto che restare con me anche solo un minuto.
Aveva fatto del male a Marti che era una delle persone più importanti della mia vita, e aveva ferito Delia. Non avrei mai potuto perdonarlo per ciò che era, mai.
La campanella suonò ricordandoci per l'ennesima volta che il momento della ricreazione non poteva durare in eterno.
Davide lanciò un'occhiata veloce a Marti che non alzò lo sguardo. Si voltò e tornò lentamente in classe. Il ragazzo abbassò gli occhi e anche lui si diresse verso la nostra aula con l'aria di un povero cucciolo bastonato.
Le voleva bene per davvero. Fino a quel momento avevo sempre pensato che Davide fosse solo attratto da Marti o che semplicemente la trovasse carina, ma forse il suo affetto era molto più profondo di quanto avessi mai potuto immaginare.
Se solo Marti avesse aperto gli occhi e lo avesse guardato. Non potevo di certo costringerla ma i suoi tempi potevano anche essere eterni e chissà se Davide l'avrebbe aspettata. L'amore deve essere alimentato in qualche modo, un sentimento, anche se così forte, non poteva durare per sempre se veniva messo davanti ad un muro di cemento armato.
-Ferrari.-
Massi mi riportò alla realtà.
-Vedi di risolvere quella questione oggi stesso altrimenti saranno guai.-
Alzai gli occhi al cielo esasperata.
-Draco, vai a farti un giro-, risposti acida. –Le tue minacce non mi sono d'aiuto.-
Come al solito vidi nel suo sguardo la voglia matta di ridere ma si trattenne.
Prese Delia per mano e si diresse verso la sua aula.
Non era piacevole vedere il mio ragazzo andarsene in giro mano per mano con un'altra ma non potevo farci niente. Mi conveniva resistere, non potevo assolutamente rischiare che la gente sospettasse, e il Liceo Classico Virgilio era famoso per la velocità con cui i pettegolezzi si diffondevano all'interno di quelle mura decadenti.
Ingoiai ancora una volta quel rospo e mi preparai a tornare in classe per l'interrogazione di Fisica. Questa volta neanche lo charme di Andrea, il nostro rappresentate, avrebbe impedito alla Gigli di interrogare e dovevo essere pronta ad andare al macello, anche se speravo con tutto il cuore che almeno quella tortura mi fosse risparmiata visto che già dovevo affrontare quel brav'uomo di mio padre.

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