Il Destino Assomiglia Al Vento,
Poiché Ci Spinge Rapidamente In Avanti Oppure Ci Rigetta All'Indietro
Arthur Shopenhauer
Capitolo 7: Non Si Sfugge Al Destino
Il viaggio in auto per tornare a casa di Delia e Michael fu qualcosa di assolutamente surreale. Se avessi dovuto confrontarlo con il percorso che avevamo fatto poche ore prima per recarci all'Avalon, avrei di certo detto che erano l'uno l'opposto dell'altro. Nell'abitacolo di quella macchina c'era un solo elemento che regnava sovrano: il silenzio.
Dal canto mio avevo provato più di una volta ad aprire bocca per spiegare a Massi quello che era successo in quella maledetta discoteca con Fabio ma ogni volta Delia mi bloccava facendomi cenno di lasciar perdere, che avrei dovuto aspettare.
Aspettare cosa?!
Non avevo fatto nulla di sbagliato, a parte affidare i miei sensi e le mie decisioni ad uno stupido cocktail. Tolto questo, non mi sentivo per niente in colpa e non vedevo proprio perché Massi doveva trattarmi come l'ultima persona degna di rispetto sulla faccia della terra. Forse a lui serviva tempo per sbollire e chiarire con calma ma, se non l'aveva ancora capito, io ero esattamente l'opposto: dovevo chiarire subito con le persone altrimenti cominciavo ad accumulare rabbia fino al punto di scoppiare.
Delia conosceva bene Massi e sapevo che aveva ragione eppure nessuno in quell'auto conosceva abbastanza me per sapere che non era il mio ragazzo la bomba ad orologeria, ero io.
Appena arrivati davanti casa Barton Massi scese dall'auto e camminò verso l'entrata senza dire nemmeno una parola o augurare la buonanotte a qualcuno.
-E' fatto così-, disse Michael mentre mi aiutava a scendere dall'auto. –Spiegagli con calma quello che è accaduto e vedrai gli passerà. Ha solo bisogno di metabolizzare quello che ha visto.-
Fissai Michael con uno sguardo di fuoco.
-Il fatto che un ragazzo ci abbia provato con me, costringendomi a ballare con lui e baciandomi contro la mia volontà non lo autorizza a fare l'offeso-, dissi con tono deciso. –Se qualcuno non lo avesse notato sono io quella che è quasi morta di paura perché non sapeva come uscire da una situazione disarmante e, chissà, forse anche pericolosa. Massi si comporta da duro credendo che io abbia commesso il reato più grave esistente nell'universo ma è proprio lui quello che si sta scavando la fossa da solo perché io non merito di essere trattata così. Non da lui, che dovrebbe amarmi.-
Michael e Delia mi fissavano allibiti.
Ancora più arrabbiata sbattei lo sportello dell'auto infischiandomene del fatto che costasse più di casa mia con tutto l'arredamento e mi diressi di gran carriera in camera, dove sapevo che Massi avrebbe passato i suoi ultimi secondi di vita.
Lo avrei ucciso con le mie mani! Non poteva trattarmi così! Non lo avrei permesso.
Entrai in casa e mi fiondai all'interno dell'ascensore che pochi secondi prima aveva ospitato anche Massi. Aspettai che le porte si richiudessero battendo il piede a terra.
Ma quanto diavolo ci metteva quel coso a salire?!
Quando le porte si riaprirono, uscii e camminai velocemente verso la stanza che aveva ospitato me e Massi in quei giorni. Se solo qualcuno mi avesse detto che il nostro viaggio sarebbe finito in quel modo assurdo non ci avrei mai creduto, anzi avrei iniziato a ridere come una matta pensando che quella persona aveva un urgente bisogno di essere rinchiusa.
E invece eccomi lì, furiosa come un gatto a cui avevano pestato la coda, e altrettanto agguerrita con una voglia matta di avere la testa di Massi. Fossi stata una regina, lo avrei fatto decapitare senza neanche pensarci.
Dio! Quanto ero arrabbiata!
La porta della stanza era chiusa ed io la spalancai immediatamente, senza neanche starci a pensare, entrando come una furia.
Massi era di spalle, rivolto verso le enormi vetrate che davano all'esterno. Aveva smesso di nevicare già da un po' e la notte si stagliava nera e cupa come non mai, non avrei trovato una stella nemmeno cercandola con il telescopio.
Si tolse la giacca, senza voltarsi. Questo mi fece infuriare ancora di più, una specie di patina rossa di rabbia si diffuse davanti ai miei occhi e avvolse il mio cervello. Volevo solo ucciderlo!
-Hai intenzione di rivolgermi ancora la parola o mi rassegno definitivamente?!- chiesi con voce risentita sbattendo la porta. Almeno se aveva fatto finta di non sentirmi entrare adesso non aveva più quel lusso, il rumore di quella porta lo aveva avvertito persino mia madre in Italia.
Nessuna risposta. Si limitò a sfilarsi anche la camicia restando in maglietta.
-Massi! Rispondimi!- adesso cominciavo davvero a stancarmi.
-Non ho voglia di parlare. Domani dobbiamo svegliarci presto-, il suo tono era assolutamente innaturale, sembrava quello di un automa e non del mio Massi.
-Non hai voglia di parlare?- chiesi incredula. –Ti sembra il caso di fare il bambino capriccioso proprio adesso? Qui non si tratta di aver voglia di parlare ma di doverparlare. Ho già aspettato troppo tempo e non mi va che continui a credere che quello che è successo sia stato un mio errore.-
Massi continuava a non guardarmi. Si tolse i pantaloni e s'infilò sotto le coperte.
-Massi!- esclamai esasperata.
Lo sentii prendere un respiro profondo.
-Massi-, lo chiamai ancora una volta con una nota di semi disperazione nella voce.
-Non ho voglia di parlare!- disse lui quasi urlando e voltasi di scatto a guardarmi con quei suoi occhi pieni di rabbia.
All'improvviso mi sentii come una bambina che era stata sgridata da suo padre. Sbattei le palpebre spaventate mentre il mio cuore accelerava impaurito da quello che stava accadendo. Massi mi fissò per qualche altro secondo continuando a trapassarmi la testa con quel suo sguardo e poi si rimise sotto le coperte dandomi ancora le spalle.
Non poteva trattarmi così. Non era giusto.
Mi tolsi le scarpe e piombai sul letto afferrando il braccio di Massi e provando in tutti i modi a farlo voltare.
-Non puoi non parlarmi. Ho bisogno di chiarire. Massi, ti prego!-
Il mio tono era tra l'arrabbiato e lo spaventato ma non sembrava smuovere Massi neanche di un millimetro dall'intenzione di non parlarmi.
-Si può sapere che cavolo ti è preso?- chiesi al limite della disperazione. –So di aver sbagliato, non avrei dovuto bere quel cocktail ma io...-
-Forse non sono stato chiaro-, cominciò lui tenendo gli occhi chiusi come se volesse addormentarsi al più presto. –Non ho voglia di parlarne. Non voglio sapere cosa è successo, ho solo bisogno di dormire. E' stata una serata molto più stressante del previsto, quindi se non ti dispiace ora vorrei starmene tranquillo.-
-E non ti importa un cavolo che io non starò tranquilla? Devo sapere che andrà tutto bene, che questa cavolo di serata non ha rovinato tutto.-
-Sinceramente?- iniziò lui aprendo gli occhi. –Non lo so.-
Fu come entrare in una doccia gelata quando fuori c'erano meno dieci gradi. Sentii che persino il mio cuore era stato avvolto da quel gelo che non accennava a diminuire nonostante io cercassi di respirare in modo più profondo e regolare
-Che vuoi dire?-
I suoi occhi erano aperti ma guardava da un'altra parte, come se incontrare i miei fosse troppo per lui o forse non gliene importava più di tanto di guardarmi negli occhi e tranquillizzarmi.
-Voglio dire che un po' me lo aspettavo quello che è successo stasera.-
-Cosa?!- chiesi incredula. –Ma che vai blaterando?-
Lui sospirò e finalmente mi guardò negli occhi ma ancora una volta non ci vidi il solito sentimento con cui mi avvolgevano di solito. Erano stranamente freddi e aridi.
-Tra noi è successo tutto molto in fretta, stiamo iniziando a conoscerci davvero solo ora e sapevo che prima o poi uno di noi due avrebbe commesso un qualche tipo di errore. Ti amo così tanto che non volevo credere che sarebbe successo ma ovviamente non è stato così.-
-Ascoltami, ti prego. Non è stata colpa mia, non totalmente almeno. Quel ragazzo mi ha portato con l'inganno a ballare con lui, e mi ha baciato contro la mia volontà.-
Massi mi guardò con un sorriso amaro.
-E quale sarebbe stato l'inganno? "Scusa ho perso una lente a contatto sulla pista da ballo, mi aiuti a cercarla?". Era questo il grande piano per convincerti a ballare con lui, perché a meno che non ci sia una spiegazione valida, dal mio punto di vista tu l'hai seguito senza farti alcun tipo di problema. Accidenti Vale! Mi sono allontanato solo per qualche minuto e quando torno ti trovo avvinghiata a un altro! Come cazzo dovrei sentirmi secondo te?-
Detta così sembrava molto più grave di quanto non fosse in realtà, eppure sapevo che Massi non aveva tutti i torti. Se la situazione fosse stata capovolta probabilmente io avrei dato fuori di matto e non gli avrei parlato per una vita e mezzo.
Dovevo stare calma e cercare di ragionare. Arrabbiarmi avrebbe solo peggiorato la situazione, e di parecchio anche.
-Massi, io avevo bevuto. Sai che sono astemia e quel poco d'alcol mi è bastato per non capire più dov'ero. So che avrei dovuto fare più resistenza e ti giuro che ci ho provato ma lui è riuscito comunque a portarmi sulla pista da ballo. Quando mi ha baciato gli avrei infilzato il mio tacco nel piede se tu non fossi intervenuto prima. Credimi, ho avuto talmente tanta paura che stavo per mettermi a piangere e l'unica cosa che volevo era ritrovare te perché mi abbracciassi e mi dicessi che andava tutto bene. Non credermi se preferisci, ma le cose sono andate così.-
Lui mi guardò negli occhi, il suo sguardo mi sembrava leggermente più morbido rispetto a prima.
-Va bene-, sospirò abbassando lo sguardo. –Tranquilla, è tutto a posto. Adesso vorrei dormire se non ti dispiace.-
-Sicuro che vada tutto bene?- chiesi con il cuore che batteva così forte da farmi quasi male, e non era un dolore piacevole.
-Sì, certo-, fece un mezzo sorriso ma sapevo che non era sincero. Aveva capito che stava cercando di liquidare la questione perché ci voleva pensare su e non perché fosse realmente tutto tornato come al solito.
-Okay-, risposi rassegnata
Era inutile continuare, non avrei cavato un ragno dal buco. Insistendo avrei solo rischiato di peggiorare la situazione e non era certo quello di cui avevo bisogno, la situazione era già grave così senza creare ulteriori problemi.
Lui mi guardò per un altro secondo e poi si stese dandomi di nuovo le spalle.
Rimasi immobile, inginocchiata su quel letto mentre Massi provava a far finta di dormire.
Nonostante i riscaldamenti fossero al massimo avvertivo un gelo quasi surreale in quella stanza. Mi sembrava di vedere tutto con gli occhi di un'altra persona, era come se fossi completamente separata dal mio corpo e quello non fosse un momento che stavo vivendo ma solo il pezzo di un qualche spettacolo a cui assistevo davanti al televisore.
Niente di tutto quello che era accaduto mi sembrava reale eppure così era. Era accaduta ogni cosa: Fabio, l'Avalon, il bacio, la rabbia e il risentimento di Massi.
Tutto era stranamente reale e profondamente doloroso.
Abbassai la testa che era diventata troppo pesante e, con una calma che non era da me, mi alzai da quel letto e spensi la luce.
Il cielo buio non riusciva a illuminare troppo la stanza, giusto quel poco per farmi intravedere il profilo di Massi che faceva ancora finta di dormire. Quel buio avvolgeva completamente il mio cuore oltre che la mia vista.
Con un sospiro mi diressi in bagno e accesi la luce chiudendo la porta dietro di me. Tolsi lentamente il cappotto e il vestito gettandoli a terra, me ne sbattevo altamente se costavano un occhio della testa, non riuscivo a pensare troppo e il valore degli indumenti era passato assolutamente in fondo alla classifica delle mie priorità.
Mi ritrovai davanti all'enorme specchio sopra il lavandino. Il mio viso era ancora perfetto, il trucco non era per niente sbavato, come se nulla fosse accaduto. Balla! Il mio corpo stava raccontando una balla colossale. Qualcosa era successo e quel qualcosa stava rischiando di rovinare tutto.
Non ero stupida e le parole di Massi erano anche troppo chiare perché io facessi orecchie da mercante e non le comprendessi a pieno senza scorgere il loro reale significato.
Tra noi è successo tutto molto in fretta, stiamo iniziando a conoscerci davvero solo ora e sapevo che prima o poi uno di noi due avrebbe commesso un qualche tipo di errore. Ti amo così tanto che non volevo credere che sarebbe successo ma ovviamente non è stato così.
Quelle frasi, ogni sillaba era stata come una coltellata in pieno petto.
Uno, due, tre, quattro...
Pugnalata dopo pugnalata quel coltello si era conficcato sempre più affondo dentro al mio cuore, ferendomi, facendolo sanguinare come mai era accaduto in tutta una vita.
Non era difficile tradurre tutto quel discorso: Massi non si fidava di me, probabilmente non lo aveva mai fatto, e stava cominciando a pensare che fosse stato un errore lasciarsi andare ai sentimenti così presto. Era questa la verità. Non c'entrava nulla quello che era successo all'Avalon, ero certa che fin dall'inizio lui avesse non poche riserve nel decidere di instaurare una relazione con una ragazza che fondamentalmente conosceva appena.
Aveva usato dei giri di parole ma era chiaro quanto fosse insicuro sul nostro rapporto. Probabilmente non sul nostro amore, quello non lo stava mettendo in discussione: i sentimenti c'erano, su quello non appariva nessun dubbio.
Ciò di cui non era sicuro, quello di cui io cominciavo ad avere paura, era che i nostri caratteri non fossero compatibili.
In quel momento capii il significato delle parole "a volte l'amore non basta". Ci amavamo, ma eravamo in grado di portare avanti un rapporto? Eravamo fatti per stare insieme? Era quello che il destino aveva in serbo per noi o ci stavamo precludendo la possibilità di trovare la persona davvero adatta a noi?
Di una cosa ero sicura: se fino a quel momento l'amore non era bastato, avrei trovato il modo per colmare tutte le lacune che i nostri caratteri così diversi avevano scavato nel nostro rapporto. Dopotutto ero sempre stata una persona molto diplomatica e riflessiva, un modo per far andare le cose lo avrei trovato a costo di spenderci tutta una vita.
Massi era il mio Massi. Dopo tutto quello che avevo passato avrei lottato con le unghie e con i denti per far in modo che lo capisse e che non si mettesse in testa strane idee come quelle che già aveva. Avrei fatto tabula rasa nel suo cervello e avremmo ricominciato da capo.
Volente o nolente si sarebbe reso conto che nessun'altra sarebbe stata come me e che lui non avrebbe mai potuto condividere con un'altra ragazza quello che condivideva con me.
Ero decisa a combattere.
Mi guardai determinata allo specchio. Sì, quella era la decisione giusta.
Mi sciacquai diligentemente il viso per eliminare ogni traccia del trucco di quella sera: non doveva restare nemmeno la più piccola traccia sul mio viso. Avevo bisogno di sentirmi pulita, di sentirmi di nuovo la solita Vale che per un attimo, un maledetto attimo, era sparita portando via con sé tutto quello che di buono c'era stato in quei mesi.
Presi il morbido asciugamano -probabilmente prodotto con qualche materiale super pregiato ma non me ne importava nulla- e me lo passai sul volto macchiandolo di fondotinta e matita per gli occhi. Sciacquai ancora una volta il viso, strofinando per bene, e questa volta sull'asciugamano non rimase alcuna traccia di trucco.
Sospirai ancora una volta fissando la mia immagine dello specchio. Ero tornata ad essere me stessa ed ero pronta ad affrontare qualsiasi cosa, come avevo sempre fatto nella mia vita.
Spensi la luce del bagno e aprii la porta. Lanciai un'occhiata verso Massi: non si era mosso di un millimetro, quindi non stava ancora dormendo, era inutile che fingesse.
Presi la maglietta smessa di mio padre da sotto il mio cuscino, la infilai e mi misi sotto le coperte cercando di restare il più lontano possibile dal corpo di Massi.
Era incredibile.
Fino a quel pomeriggio avremmo pagato chissà quale cifra per stare da soli in un letto e adesso ce ne stavamo ai due lati opposti, dandoci persino le spalle. Poteva esserci qualcosa di più triste? No, dubitavo che potesse esserci. Non dopo che avevamo passato ogni secondo di quella vacanza a baciarci e abbracciarci, persino quando dormivamo.
Se solo uno di noi due avesse avuto meno orgoglio che gli scorreva nelle vene avrebbe fatto il primo passo, almeno un accenno di voler far pace. Sì, perché per quanto Massi avesse detto che tutto era tornato normale, non era per niente così. Si sentiva nell'aria che eravamo distanti come il Brasile e la Russia: tra noi c'era un oceano e un paio di continenti.
Non sapevo che fare.
Avrei dovuto trovare un modo per sfiorarlo, per fargli capire che avevo bisogno di lui ma avevo il terrore che mi mandasse a quel paese: non volevo che i suoi occhi mi guardassero ancora con quel disprezzo che li aveva permeati quella sera.
Per la prima volta in vita mia ero davvero terrorizzata, spaventata dall'idea di essere ancora ferita da una persona che amavo così tanto, e ancora di più avevo la pressante paura di perdere quella persona e quel sentimento che, sia nel bene che nel male, mi aveva reso immensamente felice come mai ero stata.
Mi rigirai sulla schiena e posai il dorso della mano sulla fronte. Il respiro di Massi non era ancora forte e regolare, quindi era più che sveglio.
Il mio cervello lavorava febbrilmente alla ricerca di una soluzione che non riusciva a trovare.
Ipotesi numero uno.
Potevo rischiare e cercare di attirare l'attenzione di Massi in un modo qualsiasi con la complicanza che la sua rabbia crescesse e la situazione degenerasse. Ma almeno avrei fatto qualcosa.
Ipotesi numero due.
Avrei potuto aspettare che passasse la notte, che Massi si facesse una bella dormita, e poi cercare di riprendere il discorso il giorno dopo sperando che entrambi avessimo riflettuto abbastanza e non avessimo parlato a sproposito. Probabilmente era la soluzione migliore ma significava anche passare la notte in bianco perché avevo le mani legate.
Mossi le gambe in un gesto impaziente mentre la testa rischiava di andarmi a fuoco: stavo davvero pensando troppo.
Accidenti!
Sentii Massi muoversi, si era messo a pancia sotto. Non lo avevo visto, ma lo avevo immaginato dal movimento che aveva fatto. Non sembrava avesse intenzione di parlare o di farmi capire in qualche modo che era sveglio, eppure sapevo che non dormiva. Forse anche lui era in preda a pensieri simili ai miei. Qualcuno di noi doveva fare qualcosa, non ce la facevo più a stare in quella situazione di stallo.
Non avevo assolutamente la minima idea di come uscire da quel casino, qualsiasi cosa pensassi mi portava inesorabilmente alla sconfitta. Era la prima volta che Massi ed io ci trovavamo a litigare in modo così serio e non sapevo davvero come comportarmi. In realtà, ipoteticamente sapevo cosa fare ma metterlo in pratica era tutta un'altra storia.
Sospirai ancora una volta e voltai leggermente la testa per guardare il profilo di Massi ma proprio in quel momento mi arrivò un cuscino in pieno viso.
-Ehi!- esclamai buttando il cuscino a terra.
-Cosa?- mi chiese Massi senza voltarsi e con voce assonnata.
-Mi hai lanciato un cuscino in faccia!- come se già non lo avesse saputo perfettamente ciò che aveva appena fatto.
-E allora?- il suo tono era abbastanza strafottente, il che mi fece irritare parecchio.
-E allora sei un cretino!- esclamai risentita.
-E tu una stupida!-
-Razza di deficiente!-
-Cretina!-
-Imbecille!-
-Idiota!-
-Scemo!-
Dopo questa serie di dolci parole d'affetto... Okay, dopo questa marea d'insulti, Massi fece un sospiro e non disse più nulla mentre io ero ancora a bocca aperta sul punto di blaterale l'insulto successivo al suo, che però non arrivò.
Rimase semplicemente in silenzio ed io del silenzio ne avevo davvero abbastanza.
Mi voltai sul fianco in modo da poter vedere bene la sagoma del ragazzo che era a pochi centimetri da me.
-Massi?- cominciai titubante.
-Cosa?-
-Mi abbracci?-
Non volevo ma il mio tono era uscito fuori molto più disperato e triste di quanto avrei immaginato. Altro che orgogliosa! Mi ero ritrovata così fragile e stanca che a malapena me n'ero resa conto di quanto il contatto con il corpo di Massi mi stesse mancando.
Lui non se lo fece ripetere due volte. Si giro di lato, in modo che ci trovassimo l'uno di fronte all'altra, e mi attirò a sé stringendomi forte. Mi ritrovai con il viso nell'incavo del suo collo e mi rannicchiai meglio in quell'abbraccio. Avvertivo tutto il suo calore trasmettersi al mio e subito il mio cuore, come la mia anima, trovò la sicurezza che stava cercando da ore. Era incredibile come quel semplice abbraccio mi facesse sentire bene e in pace con il mondo. Bastò solo quel banale contatto per aumentare la mia determinazione nel sistemare le cose.
-Sei una stupida-, mormorò Massi stringendomi di più e accarezzandomi delicatamente la schiena e il collo.
-Anche tu-, risposi sfregando il naso contro il suo mento.
-Probabile. Sei tu che mi fai rincretinire.-
Rimanemmo qualche secondo silenzio, poi decisi che era arrivato anche per me il momento di fare un passo verso il chiarimento.
-Scusa-, cominciai con molta calma, come se stessi camminando su un pavimento di cristallo. –Mi sono comportata davvero come una cretina, non volevo ferirti. Spero solo che questo non ti faccia cambiare idea su di noi, non lo sopporterei. Non posso pensare di non stare più con te, per quanto a volte sia davvero complicato starti dietro.-
-Vale-, sospirò lui tra i miei capelli.
-Cosa?-
-Ho detto quelle cose solo perché stare con te è la cosa migliore che mi sia mai capitata e ho il terrore che per una sciocchezza possa finire tutto. Siamo diversi, molto diversi, ed è possibile che un giorno ti stancherai di stare con qualcuno che non potrai mai comprendere appieno.-
-Non succederà-, risposi con fermezza.
-Lo spero.-
Quelle due parole racchiudevano tutti i suoi timori e mi fecero sentire così impotente. Volevo solo che si sentisse meglio e che capisse quanto avevo bisogno di averlo accanto a me. Lui doveva far parte della mia vita, non c'era altra soluzione.
-Non ti ho mai chiesto una cosa-, continuò lui un po' titubante.
-Dimmi pure.-
Prese un respiro e mi strinse ancora un po'.
-Valeria Ferrari. Anche se siamo diversi, anche se litigheremo altre cento volte come stasera, anche se ti farò venir voglia di scappare via e di non vedermi mai più, vuoi stare con me... per sempre?-
Spalancai gli occhi stupita. Che stava succedendo? Possibile che Massi avesse così tanta paura di perdermi da cercare una conferma come quella? Mi amava davvero così tanto? Non avrei mai pensato possibile che accadesse una cosa così sconvolgente e meravigliosa come quella.
Gli occhi cominciarono a riempirsi di lacrime e stringendomi di più a lui risposi: -Certo, che lo voglio.-
Anche se non potevo vederlo, sapevo benissimo che sul viso di Massi era comparso un sorriso, uno di quei sorrisi sinceri e pieni d'amore che mi facevano battere il cuore e che mi ricordavano ogni volta perché mi fossi innamorata di lui.
Non potevo assolutamente immaginare una vita senza Massi e non avrei mai creduto che per lui fosse lo stesso. Saperlo mi riempii il cuore di gioia e di speranza: se entrambi lo volevamo a tal punto di certo le cose non sarebbero mai potute andare male. Bastava metterci il massimo dell'impegno.
Massimiliano Draco era il mio destino e se c'era una cosa che avevo imparato era che puoi cercare di nasconderti e di fuggire ma non potrai mai sfuggire al destino, ed io non avevo alcuna intenzione di evitare il mio destino se aveva il volto del ragazzo che amavo.
Piano, con tutte quelle certezze e il calore del corpo di Massi, mi rilassai fino ad addormentarmi, felice come poche volte mi era successo nella vita. La maggior parte delle volte quella felicità era stata merito di Massi, sempre e soltanto merito suo.
La mattina dopo Devon e Michael ci accompagnarono in aeroporto. Delia era abbastanza depressa all'idea di lasciare suo padre e suo fratello ma sapeva di dover tornare a casa e, con un po' di fortuna forse, loro sarebbero venuti presto in Italia a trovarla. Per quanto riguardava me ero davvero grata a Boston, mi aveva fatto vivere momenti indimenticabili e l'episodio della sera prima forse era quello che mi era servito di più: mi aveva fatto capire quanto l'idea di perdere Massi fosse assolutamente impensabile.
-Sorellina-, disse Michael quando eravamo quasi pronti per imbarcarci. –Fai la brava a Lecce, altrimenti vengo lì e ti striglio come si deve.-
-Oh, andiamo Mike-, rispose Delia esasperata. –Lo sai che io non so fare la brava, cerca di fartene una ragione.-
-Massi.-
-Sì, Mike. Tranquillo, la controllerò io.-
-Anch'io-, aggiunsi alzando la mano.
Ci guardammo e tutti scoppiammo subito a ridere.
-Pensate che mi lascerete vivere in pace tutti quanti?- chiese Delia divertite.
-Ovviamente no-, intervenne Devon. –Non ci sperare.-
Dopo dei saluti quasi eterni, un po' tristi ma soprattutto divertenti raggiungemmo l'aereo e ci preparammo al viaggio infinito che ci avrebbe riportato a casa.
Passammo il tempo chiacchierando e maledicendo il fatto che il giorno dopo saremmo dovuti tornare subito a scuola. Di certo non potevo chiedere ai miei genitori di restare a casa dopo che mi avevano permesso di attraversare l'Atlantico. Se dovevo essere sincera, poi, non vedevo l'ora di rivedere le mie amiche e Marco: anche se erano dei matti col botto mi erano mancati da morire.
L'aereo atterrò in perfetto orario all'aeroporto di Brindisi.
Scendemmo con calma e ci dirigemmo verso la zona per il ritiro dei bagagli.
Proprio in quel momento Massi riaccese il cellulare e subito compose un numero. Sapevo anche troppo bene chi stava chiamando.
-Mamma?-
La D'Arcangelo, ovvio.
-Sì, siamo appena atterrati. Ho capito, va bene. A dopo.-
Chiuse la chiamata e io già sapevo cosa stava per dirmi.
-Mia madre è qui fuori-, disse con voce amara.
-Lo avevo immaginato, anche mio padre sarà qui tra poco. Mi ha mandato un messaggio dicendo che è appena partito da casa.-
Arrivammo davanti ai rulli e subito i bagagli cominciarono a girare, pronti per tornare dai loro proprietari.
Vidi la mia valigia e Massi mi aiutò a tirarla giù. Diede una mano anche a Delia e fece la stessa cosa con la sua.
-Vale-, cominciò Delia sorridente. –Ci vediamo domani a scuola. Salutatevi con calma.-
Si allontanò di qualche passò, avvicinandosi alle porte che ci avrebbero portato all'interno dell'aeroporto.
Avevo detto a mio padre che il volo sarebbe arrivato con mezz'ora di ritardo in modo che non rischiassimo un incontro tra lui e la D'Arcangelo, e gli avrei detto che la madre di Delia era già venuta a prenderla così non sarebbe stato strano vedermi in aeroporto da sola.
Massi e Delia avrebbero subito raggiunto la D'Arcangelo fingendo di aver appena passato una meravigliosa settimana a Boston come due perfetti innamorati. Io avrei dovuto aspettare al ritiro bagagli finché loro non fossero andati via.
Un piano perfetto.
Ben tornata a casa Vale! Ben tornata nel tuo mondo di bugie e di sotterfugi per evitare che la tua prof scopra la tua storia d'amore con suo figlio.
Inutile, il mio destino sembrava quello per il momento.
-Ti chiamo più tardi-, disse Massi abbracciandomi.
-Lo so che abbiamo passato insieme tanto tempo però non credo che mi sia bastato-, sussurrai al suo petto mentre lo stringevo a me con tutte le mie forze.
-Ancora pochi mesi e saremo liberi.-
-Non vedo l'ora.-
Si staccò da me e guardandomi negli occhi mi fece sentire ancora una volta in Paradiso. Il suo sguardo era così dolce e innamorato, come se non volesse far altro che guardarmi per tutta la vita.
-Ti amo-, disse semplicemente.
-Anch'io, tantissimo-, risposi col cuore.
Si chinò su di me e mi diede un dolce bacio. Leggero come una nuvola, deciso come la pioggia, delicato come la seta, intenso come il nostro amore.
Dopo quel bacio ci separammo. Aspettai qualche minuto e poi, portandomi dietro il mio trolley, mi avviai verso l'uscita del ritiro bagagli.
In Italia era ormai pomeriggio inoltrato e fuori era già buio. C'era ancora un po' di tempo prima che arrivasse mio padre quindi mi sembrava il caso di prendere un caffè, un caffè italiano, uno vero! Mi era mancato da morire!
Mentre mi dirigevo verso il bar sentii il mio cellulare vibrare. Lo presi e vidi che era un messaggio.
Amore. Questi giorni sono stati i più belli della mia vita. Spero ce ne saranno ancora tanti, e la sai una cosa? Neanche a me il tempo che abbiamo passato insieme è bastato. Ti amo.
Un sorriso mi nacque spontaneo sul volto mentre leggevo. Ero talmente impegnata nel guardare quelle parole da non vedere dove stavo andando e senza accorgermene andai dritta a sbattere contro qualcuno. Alzai lo sguardo mortificata.
-Mi scusi, io non...-
Le parole mi morirono in gola. I miei occhi avevano incontrato quelli di un colore famigliare intrappolati in centinaia di ricordi che credevo perduti. Quel verde tendente al marrone, quel verde così scuro e deciso che per tanto tempo era stato al centro dei miei pensieri, quel verde così diverso da quello di Massi eppure altrettanto bello e che mi stava guardando altrettanto stupito.
-Vale...-
Quella voce. Era stata la padrona dei miei sogni per così tanto tempo che non avrei potuto confonderla con quella di nessun altro.
-Riccardo.-
Con ancora il cellulare in mano dove troneggiava il messaggio di Massi mi persi negli occhi di Riccardo. Passato e presente lì, nello stesso istante, entrambi nella mia vita.
Ancora una volta, in poche ore, mi ritrovai a pensare che era davvero impossibile sfuggire al destino quando ci si metteva d'impegno.
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Verso La Maturità
Romantik||Sequel de Il Figlio della Prof|| La nuova versione de "Il figlio della prof" è ora un romanzo. Trama completamente rinnovata ma sempre Massi e Vale a farvi sognare. Il titolo è "La filosofia di Zorba" disponibile su Amazon, Mondadori, Feltrinelli...