Capitolo 6 - Avalon

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Chi Ama Non Deve Sentirsi Sicuro Del Suo Amore Per Mancanza Di Rivali:
Senza Sospetti E Gelosie L'Amore Non Dura A Lungo.
Ovidio



Capitolo 6: Avalon

-Michael-, cominciai titubante. –Sei proprio sicuro che sia una buona idea provare ad entrare in quel posto.-
Non ero mai stata maldisposta all'idea di una discoteca, anzi mi erano sempre piaciute ma l'Avalon... Be' l'Avalon non era esattamente il luogo migliore in cui sperare di trascorrere una serata tranquilla.
Fuori dall'enorme porta d'ingresso di quella discoteca c'erano almeno un centinaio di persone in attesa di entrare. La sola idea di stare ore fuori, al gelo, solo per poter entrare in un locale, che di certo non morivo dalla voglia di vedere, mi faceva venire davvero l'orticaria.
Michael scese dalla macchina parcheggiandola proprio davanti all'Avalon.
-Sei sicuro che vada bene lasciarla qui?- chiesi mentre Massi mi porgeva una mano per scendere da quell'auto costosa ma tremendamente scomoda.
Appena misi piede a terra rischiai di cadere per colpa dei tacchi ma Massi mi afferrò prontamente evitando che il mio viso si spiaccicasse su un cumulo di neve che si era formato davanti al marciapiede.
-Non la lascerò qui-, rispose Mike con un sorriso mentre io mi ricomponevo.
Proprio in quel momento uno degli enormi tizi della sicurezza che stava davanti al locale gli si avvicinò e con un sorriso prese le chiavi della macchina.
-Ciao Barton-, disse dandogli una pacca sulla spalla. –Te la parcheggio sul retro, quando la rivuoi fammi un fischio e te la faccio ritrovare qui davanti.- Aveva parlato in un inglese che non avrei capito neanche sforzandomi, fortunatamente Massi mi aveva tradotto tutto in tempo reale sorridendomi. Chissà quante ragazze avrebbero pagato per avere un traduttore così sexy che sussurrava le frasi al loro orecchio, come Massi faceva con me.
-Grazie mille Jimmy, sei un grande!-
Guardai il tizio entrare in macchina e, dopo averla messa in moto, partire verso il retro del locale.
Mike mi guardò facendomi l'occhiolino e io mi aggrappai di nuovo a Massi per evitare un'altra caduta. Tacchi e superficie ghiacciata non contribuivano al miglioramento del mio equilibrio.
Ci avvicinammo ad uno dei ragazzi della sicurezza che stavano all'entrata. Era alto, enorme, nero e con una faccia che diceva "se provate a contraddirmi vi spezzo un braccio". Mi faceva quasi paura, per non dire terrore.
Appena vide Michael si aprì in un sorriso e disse:
-Mike Barton! E' da un pezzo che non ti si vede in giro.-
Le traduzioni sussurrate al mio orecchio da Massi cominciavano a diventare sempre più sensuali, m'impedivano persino di sentire il gelo che c'era nell'aria a causa della neve.
-Ehi, T.J.!- esclamò Mike dandogli il cinque.
Intanto mi voltai lentamente verso la folla di persone che avevamo scavalcato, e non mi ero sbagliata nel pensare che ci avrebbero voluto come minimo morti. Ci guardavano come se stessero pensando alla tortura più dolorosa da infliggerci.
-Quanti siete?- chiese il tizio di nome T.J. rivolto a Micheal.
-Siamo in quattro. Ah, ti ricordi di mia sorella Delia?-
Il ragazzo guardò Delia con un sorriso sornione.
-Tua sorella non è una ragazza che si scorda facilmente-, e le fece un occhiolino mentre lei sollevava un sopracciglio scocciata. –Quando io e tuo fratello andavamo al Liceo insieme venivo a studiare da voi solo per il piacere di vedere te, nonostante tu avessi solo tredici anni. E' un vero peccato che tu abbia deciso di trasferirti in Italia, poteva esserci un'intesa tra noi.-
Delia lo guardava incredula. Mike stava già per rispondere ma la sorella fu più veloce di lui.
-Guarda, sarebbe più facile per te avere un'intesa con le dita della mia mano destra scagliate contro la tua guancia piuttosto che con me.-
-Uhm, sei rimasta la solita dura, eh Delia? Vabbe' allora vuol dire che potrei sempre provarci con lei.-
Mi voltai di scatto quando Massi mi aveva tradotto quella frase. Avrei voluto rispondergli ma prima di tutto non avevo idea di come mandarlo a quel paese in una lingua che potesse capire e poi Massi era stato più veloce di me, stringendomi a sé e dicendo qualcosa che non avevo capito. Il suo tono era stato abbastanza chiaro e la traduzione non mi serviva.
-Okay, okay-, replicò T.J. alzando le mani come per difendersi e cominciando a ridere. –Ho capito che con voi è meglio non fare battute, comunque potete entrare. Mike e i suoi amici saranno sempre i benvenuti nei locali dove lavoro.-
Si spostò di lato per farci passare e proprio in quel momento sentii una specie di boato provenire dalla marea di persone che stava in fila ad aspettare.
-Non sono molto contenti di vederci entrare-, mi spiegò Massi ridendo. –Non credo che convenga tradurti i loro insulti.-
-Non ci tengo per niente a sapere in che modo mi stanno augurando di morire-, risposi alzando un sopracciglio.
Una volta dentro il locale mi fu chiaro praticamente subito che lì dentro sarebbe stato quasi impossibile riuscire ad avere una conversazione con qualcuno. La musica era altissima, raggiungeva livelli stratosferici, e già mi rimbombavano le orecchie facendomi sentire completamente fuori dal mondo.
Massi mi prese per mano per paura di potermi perdere in mezzo a quella calca disumana di gente. Erano in tantissimi, e nonostante le dimensioni della discoteca davvero notevoli, era impossibile riuscire a camminare senza essere travolti da qualcuno.
Mi girava la testa. Non era solo la musica ad uccidere ogni mio singolo neurone ma anche le uniche frasi che sentivo, urlate dagli altri ragazzi all'interno della discoteca, in un americano per me incomprensibile. Ormai ero assolutamente certa che non sarei uscita viva da quella serata. Avrei ucciso Michael! E lo avrei fatto in diversi modi, assolutamente dolorosi.
-Fantastico, vero?- l'urlo di Mike sparato direttamente nel mio timpano mi fece trasalire, per non dire che per poco non avevo fatto un salto aggrappandomi al soffitto come un gatto terrorizzato.
Mi voltai a guardarlo e cercai di fare buon viso a cattivo gioco per non deluderlo. Alzai i pollici in segno di approvazione e sorrisi. Falsa! Indiscutibilmente falsa. Almeno ero felice che Michael sembrasse così soddisfatto della mia risposta "entusiasta".
Quando Mike si chinò verso Delia per urlarle qualcosa nell'orecchio vidi che Massi mi stava guardando a metà tra l'ammirato e l'incredulo.
Alzai gli occhi al cielo esasperata.
Okay, per una volta avevo deciso di non fare l'acida e di lasciar correre. Mica potevo dire a Massi che non avevo fatto una ramanzina con i controfiocchi a Michael semplicemente perché non avrebbe sentito neanche una virgola del discorso che avevo in mente.
Ero troppo rimbambita dalla musica e dal dolore che cominciava a diffondersi sotto la pianta dei piedi per rimproverare qualcuno.
Feci un respiro profondo e cercai in tutti i modi di fare una seduta zen interiore per restare calma e per trovare almeno un motivo che non mi facesse girare i tacchi e scappare da quel posto.
Mentre mi rintanavo nei mille pensieri che mi vorticavano in testa, il motivo che stavo cercando si presentò davanti ai miei occhi prima che la mia seduta interiore terminasse.
-Hi.-
Quel saluto quasi urlato da una voce femminile mi diede subito i brividi.
Un'oca! Un'oca alta, ossigenata, con sgargianti occhi azzurri e un vestito così corto e scollato che lasciava ben poco all'immaginazione umana, si era avvicinata al MIO Massi e gli sorrideva con le voluttuose labbra ricoperte da un rossetto così rosso che in confronto un semaforo era pallido e incolore.
Il sangue cominciò ad abbandonare il mio cervello e agii d'impulso prima che uno qualsiasi dei miei neuroni potesse impedirmelo.
Mi avvinghiai al braccio di Massi e stampandomi in faccia un sorriso malvagio risposi: -Hi, Darling.-
Non sapevo neanche se avessi detto qualcosa di sensato ma il mio sguardo era più combattivo e omicida del solito.
L'oca mi guardò sbattendo le lunghe ciglia truccate, e si lasciò andare ad un'espressione sorpresa.
"Sì, mia cara" pensai tra me. "Mi hai appena dato un validissimo motivo per decidere di sopportare il dolore ai piedi e la musica assordante. Non mi allontanerò da Massi neanche un instante finché si troverà in un posto dove la topagine delle ragazze è a livelli esorbitanti."
-Oh, sorry-, rispose lei facendo un gesto con la mano e allontanandosi. Pensavo fosse finita ma lei si voltò e fece un occhiolino a Massi.
-La uccido!- esclamai lasciando il braccio di Massi per lanciarmi al collo di quell'oca che ormai si era mischiata alla massa che ballava in pista.
Massi mi trattenne per un polso e mi attirò verso di sé abbracciandomi da dietro, e posò la testa sulla mia spalla.
-Dove credi di andare, amore mio?- disse con voce alta ma seducente. Il suo respiro raggiunse il mio collo e mi fece rabbrividire.
-Non puoi andare in giro ad ammazzare le ragazze.-
Stavo per rispondere ma mi posò un dolce bacio sul collo.
-Non provare neanche ad allontanarti da me. Sei il mio ossigeno e io ho bisogno di respirare per vivere.-
Voltai la testa verso di lui. I suoi occhi invasero i miei, e ancora mi chiedevo come diavolo facevano le gambe a reggermi. L'intensità del suo sguardo, la dolcezza delle sue parole, l'amore che mostrava chiaramente sul suo viso: avevo appena trovato un milione di ragioni per non allontanarmi da lui.
-Mi piace da impazzire quando fai la gelosa-, disse lui facendomi l'occhiolino.
Aggrottai la fronte irritata ma non potei rispondere. Le sue labbra si posarono sulle mie, chiudendo le mie parole in un dolce bacio che piano si approfondiva sempre di più. Mi girai totalmente verso di lui e lo attirai a me prendendo con le mani il colletto della camicia. I nostri corpi si ritrovarono praticamente incollati mentre le sue mani si posavano sulla mia schiena.
La temperatura nel locale cominciò ad alzarsi sempre di più, o forse era il mio corpo che stava cominciando ad ardere completamente.
-Massi!-
Interrompemmo il bacio contrariati e ci voltammo a guardare Mike, il soggetto che quella sera era la causa di tutta la mia irritazione.
-Che vuoi?- chiese Massi scocciato.
-Andiamo a prendere qualcosa da bere. Ci avete dato dentro per tutta la settimana, non morirete di certo se vi staccate un attimo.-
Chiusi gli occhi e con calma li riaprii, presi un respiro e guardai Massi.
-Ti prego, lo posso uccidere? Solo un pochino...-
Massi mi guardò sorridendo.
-Più tardi ti darò una mano ad ucciderlo-, mi accarezzò la guancia e sorrise ancora. –Vado a prendere da bere. Vuoi qualcosa?-
Premessa: l'alcol ed io avevamo sempre vissuto su due pianeti assolutamente diversi, quindi non avevo la più pallida idea di quello che avrei potuto bere.
-Fai tu-, risposi dubbiosa. –Niente di forte.-
-Okay. Sicura che vuoi qualcosa di alcolico?- mi chiese stranito.
-Prova a camminare tu su questi aggeggi di tortura, e poi vediamo se non vorresti bere qualcosa di alcolico-, risposi facendogli la linguaccia.
-Saranno anche aggeggi di tortura, ma quando li indossi mi viene voglia di torturarti in altri modi.-
E con questa frase che mi rese più rossa del rossetto dell'oca, Massi si allontanò insieme a Michael per raggiungere il bar, lasciando Delia e me da sole.
-Andiamo verso i divanetti-, mi urlò Delia. –Forse riusciamo a trovare un paio di posti.-
Nel sentire quella frase i miei piedi lanciarono un urlo di gioia.
Fortunatamente riuscimmo a trovare un paio di divanetti liberi non molto lontano dal punto in cui eravamo prima.
Appena mi sedetti sentii i miei poveri piedi rilassarsi e il dolore cominciare a sparire lentamente. Mi accorsi quasi immediatamente, però, che il problema era un altro: quel cavolo di vestito diventava davvero corto quando stavo seduta, quindi mi trovai costretta ad accavallare le gambe per non mostrare al mondo più di quando non avessi mai mostrato.
Delia si sedette accanto a me e si tolse il cappotto.
In effetti cominciava a fare davvero caldo lì dentro e per quanto mi potessi vergognare non potevo di certo rischiare di morire asfissiata, quindi tolsi anch'io il cappotto. Le mie spalle totalmente scoperte mi facevano sentire in enorme imbarazzo: in quel momento qualcosa da bere mi era davvero necessario, altrimenti avrei dato fuori di matto per la vergogna.
-Accidenti!-
Sentii quella parola urlata dalla voce di Delia.
-Cosa c'è?- chiesi ad alta voce guardando la mia amica.
-Si sono smagliate le collant-, esclamò lei irritata. M'indicò il suo ginocchio e notai che c'è un foro enorme proprio nel centro che si stava pericolosamente allargando. –Devo andare un attimo in bagno a toglierle, non posso andare in giro così. Vieni con me o mi aspetti qui?-
La guardai per un secondo soppesando le mie opzioni: restare seduta comoda su quel divanetto senza attirare l'attenzione di nessuno, o alzarmi, camminare sui trampoli della morte, e mostrare a tutti quanto il mio vestito non compisse il suo dovere di coprire il mio corpo. Assolutamente la prima!
-Ti aspetto qui-, risposi sicura.
-Va bene, torno tra un attimo. Non ti muovere.-
-Non ho intenzione di fare neanche un passo. Vai tranquilla.-
Mentre Delia si allontanava la tentazione di togliermi quei trampoli diventava sempre più invitate, ma non mi sembrava il caso di dare sfogo a quella mia fantasia proibita. I miei piedi sbuffarono nell'apprendere quella sentenza mentale.
Di gente ce n'era davvero un'infinità. Il bancone del bar non era lontano dal mio piccolo angoletto in disparte ma di Massi e Michael non c'era neanche l'ombra: erano stati sommersi dalle innumerevoli persone in fila per riuscire ad ottenere qualcosa da bere.
Sospirai sfinita. La serata era appena cominciata e già non vedevo l'ora che finisse.
Il locale era bellissimo e la musica cominciava ad essere quasi piacevole ma continuavo a non sentirmi a mio agio in quel vestito striminzito e indossando quelle scarpe del cavolo.
Avrei di gran lunga preferito passare la mia ultima sera a Boston passeggiando con Massi per le vie del centro e poi tornare nella nostra stanza per passare un'ultima notte che avrei ricordato per tutta la vita.
Il solo stress di stare in quel posto mi stava prosciugando tutte le energie e dubitavo che una volta giunta a casa sarei riuscita anche solo a sfiorare Massi.
-Ehi.-
Qualcuno aveva pronunciato quella parola a pochi centimetri dal mio orecchio. Mi voltai di scatto e vidi un ragazzo. Quando si era seduto accanto a me? Non ci avevo fatto per niente caso.
-Hi, nice to meet you.-
Frena! Frena! Frena!
Ragazzo. Inglese. Occhi da pesce lesso che fanno l'occhiolino.
-Ehm...-
Accidenti a quel paese del cavolo! Come facevo a mandarlo a quel paese senza conoscere neanche un solo insulto in inglese? Avevo bisogno di aiuto, e subito! Ma dove diavolo era finita quella sciagurata di Delia?
-I'm Fabio-, mi disse con un sorriso mentre mi porgeva la mano.
Restai per un attimo basita mentre quasi in modo meccanico stringevo la sua mano.
-Fabio?- chiesi sorpresa. Se la mia supposizione era giusta forse un modo per mandarlo a quel paese c'era.
-Yes. I'm from Italy but I live in Boston.-
Dio ti ringrazio!
Era incredibile che avessi incontrato proprio un provolone italiano.
-Ehm. Fabio, anch'io sono italiana e purtroppo sono anche fidanzata, quindi ti dispiacerebbe girare a largo?- chiesi con un sorriso minaccioso.
-Ma dai!- i suoi occhi s'illuminarono. –Sei italiana? Non ci posso credere! Anzi lo dovevo immaginare visto che sei uno splendore. Mi dai il tuo numero?-
-Fabio, quale parte di "sono fidanzata" non ti è chiara?- cominciava seriamente a stancarmi quell'idiota.
-Be' il tuo ragazzo non è un mio amico e io non sono geloso. Seguo la politica del "tentar non nuoce".-
Il suo sorriso melenso mi colpì direttamente la glicemia che salì alle stelle per la rabbia.
-Oh, vuoi scommettere che invece può nuocere eccome?-
Sollevai un piede e infilzai il suo con il mio tacco a spillo. Lui gemette di dolore mentre io mi alzavo raccattando il mio cappotto e quello di Delia.
-Visto?- chiesi con un sorriso notando con soddisfazione che la smorfia di dolore non aveva ancora abbandonato il suo volto. –Fossi in te cambierei politica.-
Prima che potesse aggiungere un'altra cavolata qualsiasi, rubai il suo bicchiere poggiato sul tavolino davanti a noi e di gran carriera mi diressi verso il bagno per cercare Delia soddisfatta di aver dato un senso a quelle scarpe create da Satana in persona.
Assaggiai un piccolo sorso di quel cocktail e notai che era abbastanza forte ma aveva anche un sapore piuttosto fruttato e dolce. Non era per niente male.
Incontrai Delia proprio mentre usciva dal bagno e mi guardò sorpresa.
-Che ci fai qui?-
-Niente, un tizio ci stava provando e sono scappata-, risposi porgendole il cappotto. –Ovviamente non prima di prendermi un risarcimento.-
Sollevai leggermente il bicchiere che stringevo in mano.
-Gli hai fregato il cocktail?- Delia sembrava molto divertita. –E cos'è?-
-Non ne ho idea. E' buono però-, diedi un'altra sorsata e glielo passai. Delia m'imitò.
Anche se per le leggi americane nessuna di noi due avrebbe potuto bere ce ne stavamo altamente infischiando.
-E brava Vale. Non solo hai rimediato un cocktail gratis ma hai beccato anche il mio preferito: è un Alabama Slammer.-
-Allora cerchiamo i ragazzi, perché ne voglio un altro uguale. Questi tacchi mi stanno uccidendo e devo trovare qualcosa per distrarmi.-
-Credimi, un paio di questi ti distrarranno eccome. Ma non eri astemia fino a dieci minuti fa?- chiese lei ridendo.
-Dovrei esserlo ma non so cos'altro fare per sopportare questa tortura-, stavo mandando all'aria anni di "non berrò mai" solo perché non ero in grado di soffrire per un po' di mal di piedi. Accidenti a me!
-Ecco Mike!- esclamò Delia indicandomi un punto lontano all'interno di quella calca umana appostata davanti al bancone. –Tu resta qui, io vado a dirgli di prendere un Alabama Slammer anche per te.-
Annuii mentre continuavo a bere quel liquido così dolce e piacevole per le mie papille gustative.
Cominciai a guardarmi intorno un po' stranita e senza accorgermene la cannuccia iniziò a produrre un suono strano. Alzai il bicchiere e notai che, a parte il ghiaccio, non era rimasto più nulla. Era completamente vuoto! Ma chi se l'era finito? Non potevo averlo bevuto tutto così in fretta ma a giudicare da come la testa cominciava a farsi pesante probabilmente era opera mia. C'era di positivo però che i piedi non erano più al centro dei miei pensieri ed era diventato tutto molto più sopportabile. La musica altissima, la gente che mi urtava passando, le luci basse ma allo stesso tempo fastidiose per gli occhi. Tutto era improvvisamente diventato molto più interessate e... divertente.
Posai il bicchiere su un tavolino che avevo sotto mano e misi i cappotti su una sedia perché a malapena riuscivo a reggermi in piedi figurarsi se ero in grado di tenere con me degli oggetti.
Cercai di seguire il tragitto che Delia aveva fatto per arrivare da Michael ma non riuscii a trovare né l'una né l'altro in mezzo a tutta quella gente.
Ebbi l'improvviso impulso di cercarli ma pensai fosse meglio non muovermi, mi sembrava anche troppo facile perdersi di vista in quella discoteca e almeno Delia sapeva dove fossi, quindi era meglio che non mi postassi neanche di un centimetro.
Allora perché stavo camminando?!
La pista da ballo era diventata d'un tratto molto attraente e le mie gambe si stavano muovendo senza che io potessi in alcun modo fermarle.
-Ciao!- esclamò una voce alla mia destra. –Ti ho trovata finalmente.-
Mi voltai e il viso di Fabio si stagliò davanti a me aprendosi in un enorme sorriso.
Avrei voluto dire qualcosa per mandarlo a quel paese e liberami nuovamente di lui ma quel cocktail aveva rallentato tutti i miei sensi e non riuscii a formulare alcuna frase, né con il pensiero né tanto meno con la bocca.
-Mi hai rubato il cocktail, quindi per farti perdonare dovrai ballare con me- il suo sorriso si fece sempre più ampio.
-Cosa?!- fu l'unica parola che potei esclamare prima che lui mi afferrasse per un braccio e mi portasse con lui sulla pista da ballo.
-Ehi! Aspetta!- biascicai con la lingua che si inceppava a ogni sillaba.
Arrivammo al centro della pista e lui si piazzò davanti a me cominciando a dimenarsi seguendo il ritmo della musica.
Il cocktail che avevo bevuto stava iniziando ad avere un effetto troppo strano perché riuscissi a gestirlo. Senza che io lo volessi, il mio corpo cominciò a muoversi e a seguire i gesti di quello di Fabio.
Avvertivo la musica palpitarmi direttamente a livello del cuore mentre mi scatenavo in pista. Dovevo ammettere di non aver mai provato una sensazione così liberatoria. Ballare non era mai stata una delle mie attività preferite ma con un po' di alcol diventava davvero un'esperienza molto interessante.
Fabio era compiaciuto dal mio comportamento, lo dimostrava il sorriso soddisfatto che troneggiava sul suo volto. Cercai di osservarlo meglio: non sembrava volesse provarci più di tanto. Era abbastanza distante da me e ballava senza dare troppo peso alla mia presenza, voleva solo divertirsi un po'. La dovevo smettere di pensare continuamente male.
Lanciai un'altra occhiata verso il bancone ma dei miei compagni non c'era neanche l'ombra.
Uffa!
Ora che avevo scoperto quanto fosse divertente ballare in quel modo volevo condividerlo con Massi. Volevo scatenarmi insieme a lui e fargli vedere quanto sapessi essere sensuale ballando, o almeno lo speravo. Mi mancava così tanto, nonostante ci fossimo divisi da pochi minuti.
Avevo bisogno di lui come l'aria. Aria che in quel momento cominciava decisamente a mancarmi.
Ma perché?
E poi realizzai a cos'era dovuta quell'improvvisa sensazione di claustrofobia. Fabio!
Si era avvicinato di molto a me e mi aveva messo le mani sui fianchi attirandomi a lui in modo che i nostri bacini si toccassero. Si lasciò andare a dei movimenti ondulatori e cercò in tutti i modi di costringermi a fare lo stesso, rendendo la sua presa sui miei fianchi ancora più intensa.
Fu in quel momento che capii una cosa fondamentale: non mi ero sbagliata su di lui! Ci stava provando di brutto, e soprattutto ci stava provando in un modo così viscido da farmi venire il voltastomaco.
Dovevo allontanarmi da lì! Massi mi avrebbe ucciso e io dopo mi sarei suicidata! Non volevo più ballare! Non lo volevo fare con uno sconosciuto che mi aveva portato su quella pista con un mezzo inganno probabilmente immaginando che avevo bevuto.
Massi! Volevo Massi!
Provai a girare i tacchi per squagliarmela ma Fabio fu più veloce di me e, afferrandomi per un braccio, mi attirò a sé. Adesso la mia schiena era contro il suo petto e una delle sue mani cominciò a scivolare lenta sulla mia pancia.
Alzai gli occhi al cielo e cercai di divincolarmi ma un po' per l'alcol che avevo in corpo un po' perché lui era più forte di me, non fu possibile in alcun modo.
Mentre con una mano continuava a tenermi il braccio con l'altra si spostò dalla mia pancia e raggiunse il collo spostandomi i capelli di lato. Avvertii le labbra di un ragazzo che non conoscevo, di qualcuno che non era Massi, posarsi sulla mia spalla.
Provai di nuovo ad infilzargli un piede con il mio tacco ma questa volta fu più veloce di me e si scanso in tempo.
Con forza mi voltò in modo che i nostri sguardi si incontrassero.
-Davvero pensavi che ci sarei cascato di nuovo?- mi chiese ridendo mentre teneva le mani saldamente ancorate alle mie braccia.
Non riuscivo a muovermi, sentivo la testa pesante e i muscoli sembravano non reagire agli impulsi che cercavo in ogni modo di inviare.
Massi! Avevo bisogno di Massi!
Ero in trappola, non sapevo che inventarmi per riuscire a scollarmi di dosso quell'insulso idiota di un italiano importato in America!
Lui continuava a sorridermi mentre nessuno sembrava essere accorto di nulla. La gente intorno a noi ballava ignara di quello che stava accadendo, e la musica era troppo forte perché io potessi urlare a qualcuno di spaccare la faccia a quel tizio. Eravamo come due aghi in un pagliaio mimetizzati alla perfezione, nessuno avrebbe potuto sospettare che Fabio mi aveva praticamente sequestrato e che stesse utilizzando la presenza di tutta quella gente per coprire il suo reato.
L'odio mi stava crescendo dentro alla velocità della luce e se solo ne avessi avuto la possibilità avrei preso a sberle quel ragazzo finché il primo strato di epidermide non si fosse staccato da quella sua faccia del cavolo, che tra l'altro era ancora contenta e sorridente mentre io pianificavo un modo per farlo letteralmente fuori.
Mi guardai intorno alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarmi a mettere in atto il mio piano omicida ma quando i miei incontrarono nuovamente quelli sorridenti di Fabio accadde qualcosa di così sconvolgente da frenare tutti i miei pensieri.
Aveva posato le sue labbra sulle mie con forza e stava cercando di costringermi a ricambiare un bacio assurdo e senza alcun senso. Per me non era neanche un bacio visto che ero concentrata nel tenere le labbra serrate, e ci stavo mettendo così tanta forza da farmi male. Questo non sembrava importare a quell'idiota che dischiuse le labbra e accarezzò le mie con la lingua. Voleva convincermi a ricambiare quella cosa!
Era matto!
Era un idiota!
Non lo avrei mai baciato di mia spontanea volontà e sapeva che quello era l'unico modo per costringermi ma non sapeva quanto potessi essere testarda.
Continuava ad insistere mentre io meditavo un nuovo attacco con la mia scarpa conficcata nel suo piede quando avvertii uno spostamento d'aria alla mia destra e delle mani che mi attiravano verso un corpo.
-Che cazzo fai?!-
Quell'urlo mi costrinse ad aprire gli occhi. Ero tra la braccia di Delia che mi stringeva a sé con sguardo arrabbiato rivolto verso qualcuno che era a terra. Fabio!
Davanti a lui, in piedi, c'era un altro ragazzo di spalle. Capelli biondi, postura sicura ma allo stesso tempo resa spaventosa da quei respiri forti e decisi che facevano sollevare le spalle.
Massi!
Era lui e sembrava a dir poco furioso.
-Rispondimi, stronzo!-
Massi urlò di nuovo contro Fabio che se ne stava a terra con il labbro sanguinante e un livido che cominciava ad espandersi lentamente sulla guancia.
-Ballavo-, rispose semplicemente Fabio rimettendosi con calma in piedi.
Ovviamente la musica non c'era più e l'attenzione di tutti era puntata su quei due ragazzi che stavano per darsela di santa ragione, o almeno quello era il presentimento che c'era nell'aria.
Massi si fiondò su Fabio afferrandolo per il colletto della camicia.
-Quella è la mia ragazza! Toccala di nuovo e giuro che sarà l'ultima cosa che farai nella vita!-
-Fossi in te non lascerei da solo un bocconcino succulento come quello, e pare che neanche a lei dispiaccia troppo ballare con qualcuno che non sia tu, amico.-
Il sorriso passò per un attimo sul volto di Fabio prima che Massi gli sferrasse un altro pugno facendolo rovinare di nuovo a terra con un tonfo molto più forte rispetto a prima.
Massi stava per avvicinarsi a Fabio, voleva colpirlo ancora.
-Massi, fermati!- urlai con le lacrime agli occhi.
Lui si blocco immediatamente. Si voltò di scatto e mi trapassò con lo sguardo.
Spalancai gli occhi incredula: mi stava fissando con aria infuriata e allo stesso tempo delusa. Che cavolo avevo combinato?! Come minimo stava pensando che avessi accettato tranquillamente di ballare con Fabio e che magari glielo avessi chiesto io di baciarmi.
No!
Non stava succedendo! Tutto ma non quello. Non sopportavo che i suoi occhi mi guardassero in quel modo.
-Massi, io...-, cominciai provando ad avvicinarmi a lui.
-Andiamo-, disse rivolto a Michael che se ne stava fermo accanto a me e Delia. –Torniamo a casa, domani devo prendere un aereo.-
Mike fece un cenno con la testa e Massi si mosse verso l'uscita. Mi passò accanto senza neanche degnarmi di uno sguardo e fu come ricevere una pugnalata in pieno stomaco.
Mi voltai, pronta ad urlargli di aspettare, che dovevamo parlare, che dovevo spiegargli ma Delia posò una mano sul mio braccio fermandomi.
-Vi chiarirete quando arriveremo a casa, adesso è troppo arrabbiato-, la guardai con una lacrima che mi scendeva sul volto. –Tranquilla, lascialo sbollire un po'.-
Presi un respiro profondo e annuii con un gesto quasi impercettibile.
Guardai la schiena di Massi allontanarsi e sentii come se un pezzo del mio cuore volesse in tutti i modi staccarsi dal mio corpo per raggiungere quello di Massi. In quell'istante lo sentivo lontanissimo, non avevo mai sentito Massi così distante da me, neanche quando passando per i corridoi del Virgilio mi ignorava.
-Raggiungiamoli-, mi disse Delia con calma.
Annuii ancora una volta in modo meccanico e mentre ci dirigevamo verso l'uscita sentii il DJ dire qualcosa al microfono per poi mettere su un nuovo disco.
Tutto era tornato alla normalità all'interno dell'Avalon, come se niente fosse accaduto. Eppure, forse, quel nulla che era accaduto per l'Avalon aveva appena stravolto la mia vita. 

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