Capitolo 9 - Rapimento Inaspettato

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Per Tutti, Anche Per I Più Fortunati,
L'Amore Comincia Necessariamente Con Una Sconfitta.
(Hermann Hesse)




Capitolo 9: Rapimento Inaspettato

-No, ferma! Cosa?!-
-Hai capito bene Amy-, mormorai sconsolata poggiando la testa sul banco mentre sentivo ancora i pensieri che facevano un rumore incredibile vorticando nella mia mente.
Era il primo giorno dopo le vacanze di Carnevale ed era il momento della ricreazione. Avevo provato in tutti i modi a cancellare l'incontro con Riccardo ma quando Amy mi aveva chiesto se andasse tutto bene, non ce l'avevo proprio fatta a mentirle. Con qualcuno dovevo pur parlarne. Le avevo raccontato ogni cosa, dal nostro incontro imprevisto alla chiara dichiarazione di Riccardo davanti al mio agognato caffè.
-Ma stiamo scherzando?! Non può tornare così all'improvviso, non ci posso credere. Riccardo è davvero un idiota!-
-Chi è Riccardo?- chiese una voce alle spalle di Amy.
Era Sabrina. Come ogni giorno veniva nella nostra classe per fare ricreazione insieme: le compagne di classe di Marco adesso odiavano molto di più Amy ma Sabrina era ancora evitata e ignorata. Se non fossimo stati a metà dell'ultimo anno scolastico Sabrina avrebbe volentieri chiesto il trasferimento nella nostra classe.
-Riccardo?- la voce sorpresa di Marti mi arrivò lontana come un sussurro. –Ma chi? Riccardo Donati?-
-Sì, proprio lui-, rispose Amy con voce irritata.
-Chi è Riccardo?- riprovò Sabrina dubbiosa.
-Perché state parlando di Riccardo?- Marti prese posto al mio fianco e iniziò a mangiare il suo panino. –Adesso che c'entra?-
-E' tornato-, disse Amy lapidaria.
Marti si bloccò e comincio a tossire come una matta mentre cercava di far scendere quel boccone che evidentemente le si era fermato in gola alla notizia ricevuta da Amy.
-Che cosa?!- esclamò fissandomi. –E' uno scherzo, vero?-
-Magari-, mormorai sconsolata.
-Spero sia tornato per una vacanza-, disse tra un colpo di tosse e l'altro mentre apriva la sua bottiglietta d'acqua.
-E' tornato per sempre-, continuò Amy risparmiandomi l'ennesima spiegazione.
-Ma è impazzito?!- Marti sembrava davvero sconvolta.
-Insomma chi è questo Riccardo?- chiese Sabrina piuttosto spazientita.
-Nessuno-, rispose Amy con tono acido, non per la domanda di Sabrina ma per l'evidente astio che provava all'idea dell'assurda decisione di Riccardo di tornare con prepotenza nella mia vita che stava diventando quasi perfetta grazie a Massi.
Sabrina alzò un sopracciglio scettica.
-Per essere un nessuno ha causato abbastanza scompiglio in voi tre.-
-E' un amico di Vale-, rispose Marti respirando regolarmente per riuscire a riprendersi dal semisoffocamento di poco prima.
-Amico non è la parola adatta-, rincarò Amy beccandosi una delle mie occhiate di fuoco.
-Certo che è la parola adatta-, ribattei sulla via dell'irritazione più pura, Amy stava cominciando davvero ad esagerare. –Riccardo ed io siamo sempre stati solo amici.-
-Sì, e io sono Julia Roberts-, rispose Amy alzando gli occhi al cielo. –Se Riccardo non fosse partito per Londra alla fine vi sareste messi insieme e lo dimostra il fatto che lui è tornato qui e ha lasciato la sua ragazza perché è innamorato di te. Adesso spiegami dove dovrebbe essere la "sola amicizia" in tutta questa storia.-
-Da parte mia, ora, c'è solo amicizia e le cose non cambieranno-, cercai di spiegare nel tono più sicuro e deciso possibile.
-Aspettate solo un attimo-, cominciò Sabrina stralunata. –Questo tizio è sbucato fuori dal nulla dicendo di essere innamorato di Vale e lei in passato stava per innamorarsi di lui? Ho capito bene?-
-Più o meno è così-, rispose Amy. Io avevo finito qualsiasi parola riguardo quella storia. La notte prima ero riuscita a dormire solo grazie alla telefonata con Massi che mi aveva fatto completamente dimenticare l'incontro con Riccardo ma quella mattina, appena sveglia, la consapevolezza mi aveva investito come un'onda durante una tempesta. Insieme ad essa era giunta anche la sensata idea di dover dire al più presto a Massi di Riccardo, prima che lui lo venisse a sapere da qualcun altro con magari particolari inesistenti.
-Vi prego di non farne parola con nessuno-, cominciai mentre le mie amiche si voltarono a guardarmi. –Alla fine delle lezioni incontrerò Massi e gliene parlerò, anche se magari sorvolerò sul fatto che Riccardo gli ha praticamente dichiarato guerra. Neanche Marco deve sapere nulla, la sua capacità di mantenere un segreto equivale al mio senso d'orientamento.-
Amy, Marti e Sabrina mi guardarono con uno strano sguardo di compassione, forse immaginavano ciò che mi passeggiava nella mente già da qualche ora: che avevo fatto di male per meritarmi un destino simile? Ero finalmente felice, avevo trovato una persona che mi amava e soprattutto che io amavo più della mia vita e adesso si era posto sul mio cammino un ostacolo che di certo non potevo ignorare.
Riccardo. Un nome che in passato per me aveva significato moltissimo adesso era diventato una specie di sassolino nella scarpa che mi dava fastidio al solo nominarlo. Gli volevo bene come anni prima, inutile negarlo, ma la sua dichiarazione mi aveva fatto capire che niente poteva più essere come nel passato, almeno non per lui.
Tutte a me! Sempre tutte a me!
Pochi minuti dopo suonò la campanella che decretava la fine della ricreazione e l'arrivo della D'Arcangelo per la sua lezione. Eravamo tutti abbastanza tranquilli, il secondo quadrimestre era appena cominciato e quindi era certo che la prof avrebbe solo spiegato. In quella giornata mi ci mancava solo un'interrogazione della D'Arcangelo quando non avevo aperto libro per decidere di pensare seriamente al suicidio.
-Buongiorno ragazzi.-
La sua voce allegra dimostrava che ancora non era stanca di quella giornata di scuola. In genere all'ultima ora diventava intrattabile come un Pitbull con il mal di denti.
-Cosa avevo spiegato prima delle vacanze?- chiese rivolta alla Giordano, ovviamente.
-Il sistema solare in generale-, rispose lei pronta.
-Bene-, si alzò e prese il gessetto da dentro il cassetto per poi avvicinarsi alla lavagna. –Allora oggi andremo avanti e spiegherò le caratteristiche del Sole.-
-Che hai intenzione di fare?- mi sussurrò Marti una volta che la D'Arcangelo si voltò per scrivere.
-Nulla-, risposi un po' sorpresa. –Sono innamorata di Massi e voglio stare con lui, Riccardo si dovrà mettere l'anima in pace.-
-Vale, stiamo parlando di Riccardo. Sai che è una testa dura e che non si fermerà davanti al tuo rifiuto.-
Martina aveva la capacità straordinaria di farmi vedere una situazione già pessima sotto una luce anche peggiore. La odiavo quando lo faceva!
-Marti lo so, ma io so essere più testarda di lui. Se non si rimette in quella zucca vuota l'idea che lui ed io possiamo essere solo amici allora è meglio che giri parecchio alla larga da me. Lo sai che so diventare piuttosto cattiva quando mi ci metto.-
-Ferrari, avete intenzione di continuare ancora per molto tu e la tua collega?-
La voce stizzita della D'Arcangelo mi raggiunse come un fulmine dritto nel cervello. Lo sapevo che sarebbe successo! Quanto la mia vita andava male non poteva fare altro che peggiorare.
Tutti si voltarono a guardarci ed io mi sentii sprofondare mentre mi era venuta la voglia incredibile di spaccare la faccia a qualcuno. Riccardo sarebbe stata la persona perfetta allo scopo ma in quel momento, pur di sfogarmi, sarebbe andata bene una persona qualunque.
La D'Arcangelo si trovava proprio al secondo posto e mi servii davvero tanta ma proprio tanta meditazione interiore per ricordare che ero all'ultimo anno di liceo e che qualunque mia risposta non consona avrebbe comportato parecchi problemi. Respirai con molta calma e stampandomi sul volto un'espressione di vero pentimento cercai di riflettere prima di parlare.
-Ci scusi professoressa-, cominciai. –Chiedevo a Giuliani a che pagina del libro fosse l'argomento che sta spiegando.-
Avevo già il libro aperto a quella pagina, ma la D'Arcangelo non si sarebbe messa ad indagare.
-Sono contenta che tu stia ritrovando la voglia di studiare, Ferrari. L'ultima interrogazione è andata davvero molto male, in pagella ti ho messo sette solo perché ho visto l'impegno ma lo sai che se avessi dovuto seguire la media sarebbe stato un sei.-
Dovevamo affrontare l'argomento della mia ultima interrogazione proprio in quel momento? Era proprio necessario? Da qualche parte nell'ultima Gazzetta Ufficiale c'era scritto che il Parlamento aveva accettato un decreto legislativo in cui si citava l'articolo "Fate passare a Valeria Ferrari la giornata più pesante e stressante della sua vita"? No, perché se così non era, mi ritrovai ad essere davvero stufa di tutti quei problemi. Non ce la facevo più e la D'Arcangelo ce la stava mettendo tutta per portarmi allo stremo, lo sapevo benissimo.
-Ha ragione, professoressa-, non volevo risponderle male, le avrei dato esattamente quello che voleva. –M'impegnerò di più per la prossima interrogazione.-
Mi lanciò un'occhiata scettica.
-Spero di vederti venire volontaria, Ferrari. Dimostrami la tua buona volontà.-
E che cavolo! Pure volontaria! Voleva la soddisfazione di vedermi andare al patibolo di mia spontanea volontà! Era una strega, un aspide, un mostro! Il nomignolo Lucifero era davvero niente, era solo un complimento per descrivere quella donna senza cuore. Come poteva essere la madre di una persona meravigliosa come Massi? Come poteva aver dato la vita al ragazzo che amavo e che desideravo?
-Certo, verrò volontaria.-
Mi toccò fare ancora una volta buon viso a cattivo gioco. Avevo la brutta sensazione che quel giorno avrei dovuto correre a casa subito dopo la fine delle lezioni, altrimenti con la sfiga che mi aveva preso di mira, avrei rischiato davvero di morire senza nemmeno accorgermene.
La professoressa mi lanciò la sua ennesima occhiata scettica e si voltò per tornare a scrivere qualunque cosa avesse deciso di spiegarci in quella giornata assolutamente da dimenticare.
Marti mi lanciò uno sguardo per scusarsi ed io le sorrisi per poi poggiare di nuovo la fronte sul banco lasciando che l'angoscia prendesse possesso dei miei pensieri.
Avrei tanto voluto lasciar perdere quella giornata di scuola per tornarmene sotto il mio piumone caldo e soffice. Avrei voluto dormire per almeno una settimana in modo che il mio cervello fosse totalmente libero da qualsiasi tipo di stressante agonia mentale.
"Andiamo Vale, tu sei un tipo forte. Non ti lasci abbattere da certe stupidaggini."
Spalancai gli occhi mentre la mia fronte era ancora poggiata sul banco. Quelle parole, la mia mente le aveva formulate associandole al volto e alla voce di Riccardo. Già, il mio amico Riccardo, quello di quattro anni prima, mi avrebbe detto esattamente quelle parole per impedire che io mi arrendessi. Lui era fatto così, anche a costo di dovermi costringere non avrebbe mai permesso che io gettassi la spugna perché credeva in me e nella mia forza.
Quello stesso ragazzo, solo poche ore prima, aveva deciso di rovinare tutto gettandomi addosso i suoi sentimenti. Se solo lo avesse fatto quattro anni prima, se solo non si fosse trasferito... Mi ritrovai a pensare che aveva ragione, con tutti quei SE di mezzo Riccardo ed io ci saremmo messi insieme, era una cosa quasi inevitabile e Massi sarebbe rimasto l'odiato figlio della mia professoressa di scienze. La quindicenne sepolta dentro di me e invaghita di Riccardo pensava questo, mentre la diciottenne innamorata di Massi si ripeteva altro: Massimiliano Draco era il ragazzo giusto e lo sarebbe sempre stato.
Eppure, nonostante la mia decisione, uno strano senso di rimpianto mi permeava. Era come se nella mia mente si fossero formati dei puntini di sospensione, come se fossi in attesa di qualcosa, e non avevo idea se si trattasse di qualcosa di bello o no. Ero solo cosciente del fatto che la mia tranquillità, tutte le mie certezze, stavano per essere sconvolte. Si trattava solo di una sensazione, di una specie di presagio avvertito dal mio cuore, ma riuscivo a sentirlo chiaramente.
Stava per accadere qualcosa. Ne ero certa.
Alla fine feci un respiro profondo e decisi di ascoltare la voce nella mia testa, per quanto mi desse fastidio che fosse quella di Riccardo. Quindi, rimboccandomi le maniche, cominciai a prendere appunti su quello che la D'Arcangelo stava spiegando.
Proprio in quel momento qualcuno bussò e poco dopo fece il suo ingresso in classe il signor Roberto che con un educato "Buongiorno" porse un foglio alla professoressa.
-Ferrari-, disse lei facendomi quasi venire un infarto.
-Cosa?- chiesi con la faccia di una che era appena tornata dalla luna con la metà dei suoi neuroni funzionanti.
-Devi uscire prima, i tuoi genitori sono venuti a prenderti.-
Sì, certo. I miei genitori, entrambi, erano usciti prima dai loro rispettivi uffici per venire a prendermi alle 11.30 della mattina. Come no! E io ero Cappuccetto Rosso che salvava il Principe Azzurro dalle grinfie di un Troll.
-Scusi, ci deve essere un errore. I miei genitori dovrebbero essere in ufficio.-
-Ferrari, adesso fai pure storie per uscire prima? Qui c'è la firma di tua madre e del vicepreside. Quindi prendi le tue cose e vai dai tuoi genitori.-
Il tono seccato della D'Arcangelo non lasciò spazio ad altri tipi di proteste da parte mia.
Poco dopo mi ritrovai a scendere le scale del Liceo Classico Virgilio con in mente duemila domande da porre a mia madre. In tanti anni di scuola non erano mai venuti a prendermi prima e non capivo cosa potesse essere accaduto.
Ero quasi all'uscita quando una voce, una voce sepolta nella mia memoria mi richiamò alla realtà.
-Vale.-
Mi voltai con un movimento meccanico, quasi senza rendermene conto.
-Giovanni!- la mia sorpresa era evidente e si rispecchiava negli occhi dell'uomo di mezza età che avevo di fronte. Era alto, con i capelli brizzolati e un po' stempiato, eppure quello che mi era rimasto impresso di più nella memoria erano i suoi occhi verdi tendenti al marrone. Gli stessi occhi di Riccardo. –Ma che ci fai qui?-
-Mio figlio non ti ha detto nulla? Eppure in aeroporto avrete parlato.-
Sì, avevamo parlato ma Riccardo aveva sparato solo cretinate per tutto il tempo.
-No, non mi ha detto nulla.-
-Sono il nuovo vicepreside-, rispose lui con un sorriso. –Le scuole superiori di Londra non erano esattamente fatte per me e alla fine ho chiesto il trasferimento qui a Lecce. Ci hanno messo un po' per accettarlo, sai quanto è lenta la burocrazia italiana ma alla fine mi hanno affidato l'incarico proprio in questa scuola visto che il vecchio vicepreside va in pensione l'anno prossimo e aveva chiesto qualche mese di malattia.-
-E' fantastico-, risposi contenta. Ricordavo anche troppo bene quanto a Giovanni Donati, professore d'Italiano, piacesse insegnare e l'idea di diventare preside o vicepreside non gli era mai dispiaciuta. –Ti devo dare del lei?-
Giovanni si lasciò andare a una risata.
-Magari qui a scuola sarebbe meglio, non vorrei che si creassero equivoci.-
-E allora, lei mi sa dire perché i miei genitori sono venuti a prendermi? E soprattutto dove diavolo sono? Qui non li vedo?-
Giovanni rise ancora e la cosa cominciava a sembrarmi anche troppo sospetta.
-Sì, lo so benissimo. Credo che ti stiano aspettando fuori.-
Mi fece l'occhiolino e con lo sguardo indicò la porta per invitarmi ad uscire.
A quel punto non sapevo più cosa pensare. Salutai Giovanni con un gesto della mano ed un sorriso e mi diressi verso il cortile della scuola con miliardi di pensieri che mi girovagano in testa. Stavo per prendere il cellulare per scrivere un messaggio a Massi così almeno avrebbe saputo perché non ci sarei stata al suono dell'ultima campanella quando mi bloccai sul posto appena vidi chi mi aspettava fuori dai cancelli.
-Tu che diavolo ci fai qui?!-
Inutile dire che non avevo urlato solo perché ero troppo sorpresa.
-Sono venuto a prenderti-, rispose un impavido Riccardo poggiato con la schiena alla sua Mito bianca.
-Dove sono i miei genitori?- chiesi mentre mi avvicinavo a lui con fare minaccioso. Avevo una strana voglia di picchiarlo, forse perché avevo capito quello che aveva combinato quel ragazzo idiota.
-Ehm, direi che sono a lavoro-, rispose lui con un altro occhiolino.
Sollevai un sopracciglio irritata e fissai i miei occhi dritti nei suoi sperando che prendesse fuoco per autocombustione.
-Che c'è?- chiese spaesato.
Alzai gli occhi al cielo incredula.
-Io me ne torno in classe-, sentenziai voltandomi.
-Ferma! Non puoi!- esclamò lui afferrandomi il polso.
-Ah, no?- dissi guardandolo ancora negli occhi. –Perché non potrei, sentiamo un po'. Perché lo dici tu? L'idiota che è tornato da Londra solo da poche ore e già si permette di dire quello che posso o non posso fare. Io me ne torno in classe, perché con te non vado proprio da nessuna parte. I tuoi modi non mi piacciono per niente, se volevi vedermi, bastava che mi telefonassi e ci saremmo visti nel pomeriggio, il mio numero di casa non è cambiato.-
Lui mi guardò per un secondo e poi si aprì in un sorriso così luminoso che per poco non rimasi abbagliata.
-Mi era mancata così tanto?-
-Di che cavolo stai parlando?!- esclamai con un tono di voce che stava cominciando ad alterarsi sul serio.
-Sto parlando dell'espressione che fai quando diventi acida e cominci ad arrabbiarti.-
Spalancai gli occhi mentre sentii uno strano tuffo al cuore.
-A quindici anni ti rendeva tenera, ma adesso che sei quasi una donna diventi assolutamente meravigliosa con quell'espressione. Potrei guardarla anche tutta la vita senza mai stancarmi.-
Abbassai lo sguardo cercando con tutte le forze di non arrossire. Non potevo! Non era lui che mi dava certe emozioni, non potevo sentirmi lusingata.
-Riccardo-, mormorai. –Lasciami tornare in classe e smettila di lasciarti andare a certe sdolcinatezze. Non ti sopporto quando fai così.-
Lui lasciò andare il mio polso e mi posò una mano sotto il mento per sollevarmi il viso.
-Non puoi tornare in classe. Mio padre ha falsificato la firma di tua madre, non vorrai metterlo nei guai durante il suo primo giorno di lavoro spero...-
E che cavolo?! Stava facendo leva sul mio senso di colpa.
-Ma siete impazziti?! Si può sapere che vi è saltato in mente a tutti e due?!-
-E' stata un'idea di mio padre-, si difese lui. –Lo sai che è più matto di un cavallo, e ha pensato che ti avrebbe fatto piacere uscire prima da scuola e stare un po' con me dopo tanto tempo. Appena ha saputo che ti avevo incontrato in aeroporto e che avevamo parlato ha praticamente fatto i salti di gioia.-
-Tu e tuo padre avete messo su un'associazione a delinquere per caso?- chiesi sconvolta. –Prima di tutto è contro la legge falsificare una firma, e secondo, magari potevate chiedermi se ero d'accordo prima di architettare tutto sto casino!-
-Dai su, non fare l'acida adesso-, alzò gli occhi al cielo e poi mi posò una mano sulla testa scompigliandomi i capelli. Sapeva perfettamente di aver vinto, non avevo altre armi per oppormi al suo piano. –Andiamo alla Villa Comunale?-
Annuii senza neanche provare a protestare, ormai non potevo appigliarmi più a nulla. Comunque alla fine non mi sarebbe dispiaciuto poi così tanto passare un po' di tempo con Riccardo, magari sarei anche riuscita a spiegargli come si deve che la doveva smettere di provarci con me.
Una decina di minuti dopo scendemmo dall'auto dopo che Riccardo ebbe parcheggiato e ci dirigemmo con calma verso l'enorme cancello nero che ci avrebbe permesso di fare il nostro ingresso nella Villa Comunale, un piccolo spazio di verde proprio al centro della città.
Durante il viaggio in macchina non avevamo parlato più di tanto. Riccardo si era limitato a farmi qualche domanda sui miei genitori o a chiedermi come andasse il mio percorso scolastico. Non si era minimamente interessato al mio ragazzo, era come se per lui nemmeno esistesse, eppure avevo la sensazione, conoscendolo, che presto avrebbe cominciato a tartassarmi di domande riguardo Massi. Ne ero praticamente certa. Stava solo facendo come un puma che si divertiva a girare un po' intorno alla preda prima di avventarsi su di lei e sbranarla.
Entrammo nella Villa e iniziai a respirare un po' di quell'aria fredda ma resa più leggera dalla presenza degli alberi e delle aiuole con il prato. Mi era sempre piaciuto quel posto, da piccola mia madre mi ci portava a vedere il laghetto dei cigni che ormai da anni non era più in funzione.
Seguimmo per un po' il viale di mattoni e poi decidemmo di sederci su una panchina sotto un enorme pino.
-Allora-, cominciò Riccardo con un sorriso. –Che tipo è lo stronzo con cui me la batto?-
Mi voltai a guardarlo di scatto e lo fulminai con uno dei miei sguardi fuoco.
-Ma come ti permetti?!- la mia voce era più squillante e imbestialita del solito.
-Vale, mettiti nei miei panni. Sono innamorato di te e tu stai con un altro, permetti che la cosa mi dia leggermente ai nervi. Soprattutto considerando che sono tornato qui in pratica solo per te.-
-Mi ci sono messa nei tuoi panni, quattro anni fa quando mi hai detto di esserti fidanzato e non mi pare di aver chiamato stronza la tua ragazza. L'ho accettato e basta, ed è quello che dovresti fare anche tu così non avresti più tanti problemi mentali e non cercheresti di rapirmi contro la mia volontà.-
-Prima di tutto non ti ho rapita, ho solo fatto in modo che non potessi rifiutare il mio gentile invito. Per la questione di Lara, invece, tu avevi solo quindici anni e io stavo a migliaia di chilometri da te. Non puoi negare che la lontananza ti abbia aiutato parecchio ad accettare la mia relazione.-
Ma porca di quella miseria! Perché Riccardo era sempre in grado di fare ragionamenti inattaccabili, ogni volta che avevo provato a contraddirlo in passato mi aveva battuto su tutta la linea. Sembrava che le cose non fossero cambiate per niente.
-Riccardo-, cominciai prendendo un grosso respiro. –Ho pensato a quello che mi hai detto ieri ed è vero che probabilmente se non te ne fossi andato per noi sarebbe andata in modo diverso ma questo non toglie che io adesso sono innamorata di Massi e non ho intenzione di lasciarlo. Puoi inventarti tutti i trucchi e piani malefici che ti pare ma dopo tutto quello che ho passato per avere Massi non ho alcuna intenzione di perderlo. Mi dispiace non m'innamorerò mai di te.-
Mi guardò intensamente negli occhi con uno sguardo che non riuscii a decifrare. Forse lo avevo ferito. Oddio, ero stata troppo diretta. Magari potevo essere un attimo più delicata, ma non credevo che ci sarebbe rimasto male. Riccardo non era il tipo che se la prendeva quindi...
-Perciò il tizio in questione di chiama Massi. Che nome da coglione-, disse sedendosi meglio sulla panchina con fare pensieroso. –Potevi scegliere di meglio, Vale.-
In quel momento compresi come si doveva sentire un vulcano che rimane silente per tanto tempo un attimo prima dell'eruzione. Avvertivo la pressione crescere dentro di me e le parole esplosero fuori come lava incandescente.
-Ma come ti permetti! Razza di idiota patentato senza un minimo di neuroni ancora funzionanti!-
Riccardo si voltò a guardarmi ma non sembrava infastidito dalla mia frase, quasi urlata, più che altro appariva divertito. La cosa mi rese ancora più furiosa.
-Parli tu, razza di cretino! Spiegami che cavolo di nome è Larissa?!-
Spalancò gli occhi un po' sorpreso dalla mia argomentazione.
-Avanti, dimmi perché io avrei fatto una cattiva scelta quando il più scemo tra noi due sei stato proprio tu. Larissa sembra il nome di un cane.-
-Per essere una che aveva accettato la cosa mi sa che hai odiato parecchio Lara-, disse facendomi l'occhiolino.
-Tu sei deficiente-, alzai gli occhi al cielo e gli diedi uno scappellotto in testa. –Non me ne frega niente di Lara o di quello che c'è stato tra voi. Solo non accetto che insulti Massi senza nemmeno conoscerlo.-
-Ho il diritto di odiarlo-, rispose con semplicità mentre si massaggiava la parte lesa fingendo che il dolore fosse più di quello reale. –C'ero prima io di lui. Mi sento come se mi avessero rubato qualcosa, e in effetti, è proprio quello che è accaduto. Tu puoi dirmi di non tormentarti e di non provare a riaverti, ma non puoi chiedermi di non odiare il tuo ragazzo. Detestarlo e l'unica cosa che m'impedisce d'impazzire dal dolore. Non puoi essere così crudele da togliermi anche questo, il mio cuore è già a pezzi e non ti permetterò di distruggere persino la mia salute mentale.-
Riccardo stava soffrendo così tanto. Il mio amico Riccardo, quello che mi era stato accanto in molti dei momenti peggiori della mia vita, quello che mi aveva sempre spronato ad andare avanti nonostante i problemi e la poca fiducia in me stessa, quello che non mi aveva mai abbandonata anche quando lo avevo trattato male. Riccardo era a pezzi ed era solo a causa mia. Non avevo idea di cosa fare o pensare, sapevo solo che mi sentivo tremendamente in colpa e che quel senso di tristezza non mi avrebbe abbandonato tanto presto perché era la stessa tristezza che stavo leggendo in quel momento negli occhi dolci, da bambino, che mi stavano fissando chiedendo aiuto in modo disperato. Mi guardava come se fosse indeciso se odiarmi o amarmi, e quel suo tormento interiore stava diventando anche il mio: dovevo allontanarmi da lui o restargli accanto come aveva fatto quel ragazzo in miliardi di occasioni?
-Riccardo...-
-Non dire nulla-, disse abbassando lo sguardo. –Puoi dirmi di dimenticarti quanto ti pare. Ho capito che sei innamorata di lui e che non vuoi lasciarlo ma non puoi decidere della mia vita. Se ho scelto di riaverti non puoi impedirmi di provarci.-
Alzò gli occhi e mi guardò con occhi pieni di quello che era indiscutibilmente amore, non avevo altre parole per definirlo. Conoscevo anche troppo bene quello sguardo, quel liquido dolore che gli si stava diffondendo nelle iridi, era lo stesso che avevo io quando pensavo che Massi non mi avrebbe mai amato. Avevo visto quegli occhi ogni mattina quando mi guardavo allo specchio fino al giorno in cui Massi ed io ci eravamo messi insieme. Non potevo sopportare di vederlo negli occhi di una persona a cui volevo così bene e all'improvviso sentii una fitta tremenda all'altezza del cuore. La sofferenza di Riccardo stava diventando anche la mia e la cosa mi spaventava.
-Smettila-, disse alzandosi in piedi di scatto.
-Cosa?- chiesi stranita come se mi fossi svegliata all'improvviso.
-Smettila di provare pena per me. Non è quello che voglio da te e non posso sopportarlo, quindi smettila. Odiami, prendimi a schiaffi, urlami contro ma non provare pena per me.-
Mi alzai anch'io e lo fissai negli occhi.
-Riccardo, lo sai perfettamente che ti voglio un bene incredibile. La mia non è pena ma dolore perché tu stai soffrendo a causa mia e questo mi uccide. Pensi che per me sia facile ferirti e non poter far nulla per evitarlo? Be', ho una notizia per te: tutta questa storia mi tormenta da ieri perché non sopporto l'idea di farti del male.-
A quelle parole i suoi occhi diventare due languidi laghi di dolcezza mentre lentamente le sue labbra si aprirono in un leggero sorriso felice.
-Perdonami, ti chiedo scusa.-
-Per co...-
Non riuscii a terminare la frase, Riccardo aveva posato le mani sulle mie guance e aveva chiuso le mie labbra in un bacio che mai mi sarei aspettata. La sorpresa mi fece chiudere gli occhi e all'improvviso l'odore di Riccardo m'investì come un'ondata di ricordi. Quante volte avevo sperato di sfiorare quelle labbra e di sentire il profumo di Riccardo mentre mi baciava. Lo avevo sognato talmente tante volte e avevo rinchiuso tutti quei sogni in un cassetto che decise di spalancarsi e di farmeli rivivere tutti in una volta sola annullando ogni mia volontà.
Le labbra di Riccardo si mossero dolcemente sulle mie e senza rendermene conto risposi con lentezza a quel bacio che non divenne più profondo. Era come essere in un limbo in cui le nostre labbra si accarezzavano senza mai cercare di più e il mio cuore, che batteva come un matto ma allo stesso tempo era in pace con il mondo, cominciava a sperare che quel bacio durasse in eterno.
D'un tratto degli arruffati capelli biondi e dei profondi occhi verdi apparvero nella mia mente.
Massi!
Spinsi via Riccardo immediatamente e mi posai una mano sulla bocca come per difendermi da un suo nuovo attacco.
-Lo ami-, disse lui con calma. –Ma una parte di te mi ama ancora, non puoi negarlo altrimenti mi avresti respinto prima.-
Fu un attimo. Mi sentii come un toro che vedeva il torero sbandierare qua e là il suo drappo rosso. La mia mano si alzò e si scagliò con forza sulla guancia di Riccardo costringendolo a voltare la testa di lato.
In quello schiaffo avevo messo tutta la rabbia che avevo in corpo.
-Riportami immediatamente a scuola-, sentenziai lapidaria.
-Vale...-
Lo fulminai con lo sguardo.
-Prova a dire un'altra parola e, giuro, sarà l'ultima che pronuncerai nella tua vita. Se vuoi arrivare a domani riportami subito a scuola.-
Non disse altro, né in quel momento né tantomeno durante il viaggio di ritorno.
Ero veramente infuriata e non solo con Riccardo ma anche con me stessa. Mi ero lasciata andare ai ricordi e per un secondo il mio cuore aveva battuto per qualcuno che non era Massi. Non sarei mai riuscita a perdonarmi, eppure mi resi conto di quanto quel bacio mi fosse servito. Lo avevo immaginato e forse provarlo mi avrebbe definitivamente tolto dalla testa le fantasticherie romantiche avevo fatto su Riccardo a quindici anni. Nessuna di quelle fantasie e neanche un secondo di quel bacio potevano essere paragonati a quello che provavo per Massi e ai momenti meravigliosi che avevo trascorso con lui e che avevo la ferma intenzione di trascorrere ancora.
Riccardo non aveva alcun modo di vincere perché io ero più testarda di lui e soprattutto perché il mio amore per Massi non era in discussione, non lo era mai stato.
Arrivammo davanti al cancello della scuola. La campanella era ormai suonata da più di mezz'ora quindi non c'era più nessuno nei dintorni.
-Non c'è bisogno di salursi-, mormorai uscendo dalla macchina. Non mi voltai neanche per un attimo e mettendomi lo zaino in spalla mi diressi verso il mio scooter.
Aspettai che la macchina di Riccardo si allontanasse e iniziai a cercare le chiavi. Volevo solo tornarmene a casa e dimenticare tutto quello che era successo. Per quanto il dolore di Riccardo fosse intenso non poteva prendersi certe libertà, era stato un gesto assurdo.
Prima di partire forse era meglio mandare un messaggio a Massi, con tutto quello che era successo mi ero dimenticata di farlo prima e probabilmente era preoccupato.
Presi il cellulare e iniziai a pensare a cosa fosse meglio scrivergli.
-Se stai cercando una scusa da rifilarmi ti puoi risparmiare la fatica.-
Mi bloccai di colpo e avvertii il gelo prendere possesso del mio corpo. La paura mi avvolse e sapevo che quando mi sarei voltata avrei dovuto affrontare gli occhi verdi che più amavo e che adesso, probabilmente, mi avrebbero guardato con odio puro.

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