Capitolo 19 - Terza Prova

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A Forza Di Vivere Con L'Idea Fissa Su Un'Unica Cosa, Bramandola Ardentemente,
Non Noti Più Il Crimine Dei Tuoi Desideri
Albert Camus



Capitolo 19: Terza Prova

Un'altra mattina stava per cominciare ma non sarebbe stata uguale alle precedenti.
Me ne stavo stesa nel letto con gli occhi aperti a guardare la sveglia sul mio comodino, mancavano pochi secondi prima che cominciasse a suonare come una dannata.
Da lì a poco più di due ore mi sarei seduta per l'ultima volta ad un banco del Liceo Classico Virgilio per sostenere l'ultima prova scritta del mio esame.
Non avevo paura, non avevo ansia. Ero solo rassegnata. Il solo pensiero della terza prova non mi era mai piaciuto, e sapere che nella mia terza prova ci sarebbero state, oltre alle altre, anche due domande di filosofia, mi faceva sentire sconfitta persino prima di vederle.
Italiano, greco, fisica e matematica potevo anche riuscire a gestirle in qualche modo ma formulare un pensiero decente su un quesito filosofico e per giunta scriverlo mi confermava il fatto che quel giorno sarebbe stato uno dei peggiori della mia vita.
Se anche nelle prime due prove avessi avuto dei risultati discreti, la terza prova avrebbe decretato la fine del mio sogno di finire il Liceo con un voto che superasse almeno il settanta.
A complicare il mio umore c'era come al solito la mia vita sentimentale. Riccardo mi stava vicino come solo lui sapeva fare. Gli avevo raccontato ogni cosa dei giorni precedenti e mi aveva ripetuto per l'ennesima volta quanto io fossi stata stupida ad impelagarmi in una situazione del genere. Non potevo di certo dargli torto, ero stata veramente una stupida.
Vedere gli occhi di Massi guardarmi con tanto odio mi avevano sconvolta a tal punto che non avevo neanche più voglia di parlare. Da quando lo avevo lasciato Massi non mi aveva mai guardato così e quindi avevo la certezza che mi avrebbe sempre amata, ma dopo quello sguardo ogni mia convinzione era crollata, insieme alla possibilità che lui un giorno potesse perdonarmi.
Si era arreso e questo avrebbe dovuto rendermi felice, ma la sua resa mi provocava un dolore enorme all'altezza del cuore.
Aveva rinunciato definitivamente a me e non solo, mi odiava!
Ero stata in grado di fare proprio un ottimo lavoro. Mi ero messa in testa di farmi odiare e ci ero riuscita, con l'unica pecca che il mio vero desiderio non era certo quello. Il mio unico e solo desiderio era quello di restare al fianco di Massi per il resto della mia vita ma ero abituata a non ottenere mai quello che volevo, però questa volta faceva davvero male. Malissimo!
Il mio umore era praticamente sotto terra ma era arrivato il momento di affrontare quella giornata. La terza prova della Maturità non sarebbe stata rinviata per i miei problemi con Massi, che ormai neanche esistevano più perché non c'era un noi di cui parlare e preoccuparsi.
Alla fine riuscii ad alzarmi dal letto e a dirigermi con ansia crescente a scuola.
Appena arrivata trovai il mondo, c'erano praticamente tutti i maturandi nel cortile. Evidentemente la terza prova non preoccupava solo me così tanto.
Individuai Marti ed Amy sedute su una panchina proprio vicina al portone della scuola. Appena si accorsero di me mi sorrisero contente. Era inutile, averle accanto era proprio quello che mi serviva.
-Come va?- mi chiese Marti mentre mi sedevo tra loro.
-E' il giorno della terza prova, secondo te come dovrebbe andare?-
-Dai, Vale. Non preoccupiamoci troppo prima di vedere le domande.-
-Senti, l'unico modo che ho per non preoccuparmi è pensare che sono un bigliettino vivente.-
Loro mi guardarono incuriosite e io mostrai le mie sole ancora di salvezza. Avevo bigliettini di filosofia sparsi per tutto il corpo, il risultato di giorni e giorni di lavoro. Ce li avevo persino nel reggiseno e nei calzini. Divisi tutti per autore. Kant nella coppa destra, Hegel in quella sinistra, Freud nella tasca destra, e così via per tutti gli autori che avevamo studiato. Ci avevano concesso di avere il vocabolario di italiano e nella rilegatura avevo bigliettini di fisica, matematica, greco e italiano. Mi ero preparata per qualsiasi evenienza. A parte filosofia nelle altre materie non avevo grossi problemi, ma l'ansia di quei giorni mi aveva insegnato che un vuoto di memoria avrebbe decretato la mia fine, quindi mi ero equipaggiata a dovere.
-Ma sei matta?- mi chiese Marti. –E se ti beccano?-
-Sta tranquilla, ho un metodo. Leggero tutte le domande, individuerò i miei bigliettini mentalmente e metterò sotto il foglio quelli di cui avrò bisogno, è l'unico modo che ho per uscire viva dalla terza prova.-
-Io mi metto dietro di te e se mi servirà qualcosa me la passi.-
Amy era la solita opportunista ma tanto lo avrei fatto anche se lei non me lo avesse detto. Avrei fatto di tutto per aiutare anche loro. Dubitavo che Marti avrebbe avuto bisogno del mio aiuto, ma Amy forse sì. E quindi mi ero preparata anche per loro.
-Come stai?- mi chiese poi Amy con tono preoccupato.
-In ansia, come dovrei stare? Questa prova mi sta togliendo anni di vita.-
-Lo sai che non mi stavo riferendo alla prova.-
La guardai per un attimo e poi abbassai lo sguardo.
-Lui è già qui?- chiesi con una voce così scoraggiata che quasi spaventò anche me.
-E' lì, su quella panchina insieme a Marco.-
Seguii lo sguardo di Amy e lo vidi. Era intento a spiegare qualcosa a Marco e vedevo il suo sguardo assassino rivolto al suo amico. Sapevo cosa significava cercare di far capire qualcosa a quello zuccone di Marco e quindi immaginavo che Massi stesse per perdere davvero la pazienza. In un'altra situazione quella scena mi avrebbe fatto ridere ma per come mi sentivo in quel momento avevo solo voglia di tornarmene a casa e di non uscire più.
-Marco non è arrabbiato perché parlate di nuovo con me?-
-No, ovviamente non gli ho detto nulla del tuo piano. Gli ho solo detto che tu sei nostra amica e che vogliamo starti accanto, lui lo ha accettato ma ha detto che non vuole più saperne niente di te.-
-Be' non lo biasimo, ha fatto la stessa scelta di Massi.-
-Allora?-, mi chiese Amy.
-Allora cosa?-, non capivo cosa volesse.
-Come stai? Ieri ti ho lasciata praticamente ancora in lacrime e oggi non parli per niente dell'argomento, la cosa mi preoccupa.-
Alzai lo sguardo e proprio in quell'istante incrociai in lontananza gli occhi di Massi. Lui mi fissò con gli stessi occhi del giorno prima e velocemente tornò a guardare Marco che stava scrivendo qualcosa su un quaderno.
Inutile, non potevo fare più nulla, era tutto finito. Ricacciai indietro le lacrime e cercai di sorridere nel modo più naturale possibile.
-Il piano ha funzionato, sono contenta ovviamente.-
-Sì, certo-, sbuffò Amy esasperata. –Tu sei proprio convinta di non voler provare a restare insieme a lui e a mantenere comunque viva la storia. Le relazioni a distanza possono funzionare a volte?-
-Con un intero oceano nel mezzo e biglietti aerei che non potrei pagare nemmeno risparmiando una vita? Sì, potrebbe funzionare visto che riusciremmo ad incontrarci più o meno tre volte l'anno. Ormai ho preso la mia decisione e me la devo far piacere, non c'è niente da fare.-
Amy non disse nulla, e se anche lei era senza parole voleva dire che non c'era proprio niente da dire. Il piano stava andando meglio di quanto avrei mai sperato e dovevamo essere tutti contenti per quello, Massi in primis. Un giorno mi avrebbe ringraziata nonostante in quel momento mi odiasse, sapevo che sarebbe stato così.
-Sto morendo di sete-, annunciò Marti facendosi vento con i suoi appunti di matematica.
-Se vuoi posso andarti a prendere qualcosa, tanto devo andare in bagno.-
Non era vero, non dovevo andare in bagno ma avvertivo la necessità di restare per qualche minuto da sola. Ero felice di riavere le mie amiche ma il mio bisogno di sfogarmi, anche se solo per un secondo, era più forte di qualsiasi affetto. Era arrivato il momento di aprire una breve valvola di sfogo e non potevo sottrarmi a quella necessità.
-Mi faresti un favore enorme-, rispose Marti posando delle monete della mia mano.
Senza dire nulla ma con un semplice sorriso mi alzai e mi diressi all'interno della scuola evitando accuratamente di guardare in direzione di Massi.
Mi diressi con calma verso le macchinette e da quel momento in poi fui avvolta dai miei pensieri, tutti i miei pensieri.
Mentre camminavo era come se pesassi il doppio, era come se un macigno avesse una presenza costante sulla mia schiena e m'impedisse di sentirmi bene. Avevo un peso enorme e non riuscivo a liberarmene, più ci pensavo e più m'impelagavo in tutti i miei problemi. La fine della mia storia con Massi mi aveva sconvolto così tanto da non consentirmi di vedere un vero futuro. Non m'importava più nulla di quello che sarebbe accaduto. Non m'importava della terza prova o della prova orale, ancora meno m'importava dell'Università. Avrei vissuto tante nuove esperienze ma con il pensiero avrei continuato a rivivere la mia storia con Massi, tutti i nostri momenti d'amore e quelli in cui era lui la mia ancora e non ero alla deriva all'interno della mia stessa vita.
Quel futuro che avevo sognato non si sarebbe realizzato e adesso non riuscivo a vederne un altro, proprio non ci riuscivo.
Mi sentivo sconfitta ed amareggiata, nonostante fossi stata sempre abituata a non avere la vita che desideravo. Eppure la mancanza di Massi era forte, talmente forte da essere l'unica cosa che riuscivo a sentire davvero, come se fosse diventata una vera parte di me, tangibile e persistente. Come una ferita reale, bruciava e tirava, faceva davvero male e il bello di tutta quella storia era che proprio quella ferita era tutto ciò a cui riuscivo ad aggrapparmi. Ogni volta che la sentivo bruciare sapevo che stavo facendo la cosa giusta, che Massi si meritava il suo futuro e che del mio non sarebbe mai importato granché a nessuno.
Alla fine il dolore era diventata la mia unica certezza.
Sapevo che stavo soffrendo e che avrei sofferto per molto tempo ancora. Era una certezza inquietante e spaventosa ma almeno era una certezza, che mi piacesse o meno.
Se Massi fosse venuto a conoscenza di quello che stavo facendo mi avrebbe ucciso. Avevo preso delle decisioni così importanti senza neanche parlargliene, di sicuro non avrebbe capito e quindi lo avrei potuto perdere comunque. Perciò, era evidente che le cose dovevano andare così e io dovevo solo farmene una ragione.
Allora perché non ci riuscivo?
Perché gli unici pensieri che inondavano la mia mente riguardavano Massi?
Per quale diavolo di motivo non riuscivo a trovare un attimo di sollievo?
Non ne potevo davvero più. Volevo solo che quella giornata finisse! Dopo la terza prova non avrei più rivisto Massi e quello era l'unico pensiero che mi confortava eppure allo stesso tempo mi terrorizzava a morte.
Già, non lo avrei più rivisto.
Mai più.
Mai...
-Piangi se vuoi, non c'è nessuno.-
Due braccia mi avvolsero e il mento di qualcuno si posò sulla mia spalla. Un corpo caldo e morbido attirava la mia schiena e tutto il mio essere a sé mentre avvertivo un senso si pace avvolgermi.
-E' inutile che fingi, so che vuoi piangere. Fallo e basta.-
E all'improvviso, quasi obbligate da quell'ordine, le lacrime cominciarono a solcarmi il viso, silenziose e crudeli, descrivevano la mia disfatta. Mi ero lasciata andare quando invece avrei dovuto combattere ancora per qualche ora e invece non ce l'avevo fatta. I sentimenti mi avevano totalmente investita lasciandomi vuota e priva di un qualsiasi pensiero.
Me ne stavo lì, davanti alle macchinette guardando la bottiglietta che avevo preso per Marti e che ancora non avevo tra le mani. Era sola, lasciata a sé stessa ancora in quella sua prigione di metallo, come me. Ero imprigionata nel mio amore e non avevo assolutamente idea di come liberarmi. Per eliminare Massi da me non sarebbe bastato infilare una monetina. Invidiavo quella bottiglietta d'acqua perché almeno lei, in un certo modo, era libera dalla sua prigione mentre io ero stata condannata a restarci per l'eternità.
Quel caldo abbraccio non mi calmò, anzi. Più quel corpo restava a contatto con il mio e più avevo voglia di piangere, di eliminare dal mio cuore quel peso così gravoso.
-Piangi, tranquilla. Ti farà bene.-
La voce di Riccardo raggiunse il mio orecchio e i miei occhi reagirono di conseguenza. Piansi sempre più forte e ancora più in silenzio, mentre le braccia del mio migliore amico mi stringevano per farmi capire che lui c'era. Sì, lui c'era ma non era la persona che avrebbe avuto il potere di riportare la mia vita su binari decenti.
L'unico ragazzo che avrebbe potuto farlo era proprio l'unico che non avrei mai dovuto avere.
Fin dall'inizio la nostra storia era stata un problema. Dal primo momento avevo capito che c'era qualcosa di sbagliato solo che non avrei mai immaginato di essere ioquella sbagliata. Ero sempre e solo io a far soffrire tutti, a creare disagi e a prendere decisioni tenendomi tutto dentro. Ero la rovina di me stessa, e le ultime decisioni prese ne erano la conferma.
Se fossi andata avanti di quel passo avrei decretato sicuramente la mia prossima morte. Avevo la capacità di ferirmi da sola senza neanche metterci troppo impegno, sembrava quasi che mi piacesse soffrire. Ma non era così: se avessi potuto evitare quel dolore, sia a me che a Massi, in qualunque modo lo avrei fatto. Un modo però non c'era, e io avevo fatto una scelta per tutti e due e ora dovevo tenermi le conseguenze.
-Mi odia-, mormorai tra un singhiozzo soffocato e l'altro. –Mi odia.-
Sì, questa era la conseguenza più dura da accettare.
Dopo che un ragazzo mi aveva amata e aperto il suo cuore come aveva fatto Massi, e dopo aver capito di amarlo ancora di più, vedere quanto mi odiava mi aveva distrutta e non potevo negarlo. Non mi sentivo più io, e tutto era stato solo una conseguenza delle mie azioni.
Conseguenza da accettare.
Conseguenza da sopportare.
Conseguenza di merda!
Era questa la verità. Mi sentivo di merda! Quella situazione era di merda! E lo sguardo pieno d'odio di Massi era una merda!
Mi sentivo delusa, arrabbiata, disperata, avrei voluto spaccare la macchinetta con un pugno, eppure me ne restai ferma, con le braccia di Riccardo che ancora mi avvolgevano, mentre sentivo quelle lacrime silenziose che mi rigavano il viso.
Ero morta. Non c'era altra spiegazione.
La me di due giorni prima si sarebbe sentita combattiva, nonostante tutto, avrebbe cercato di reagire. Quella persona doveva essere morta perché altrimenti non se ne sarebbe stata imbambolata a piangere.
Sì, la parte più importante di me era morta nel preciso istante in cui avevo realizzato di averlo perso per sempre.
Non esisteva nessun altro pensiero.
Solo quello.
Lo avevo perso e con lui avevo rinunciato per sempre a quella parte di me che lo amava e che forse era la mia parte migliore.
Piansi, piansi davvero tanto e in un silenzio quasi tombale e poi tutto finì. Non avevo più lacrime, non vedevo il motivo per continuare a piangere, non avevo più voglia di piangere. Mi ero stancata di sentirmi così afflitta.
Avevo fatto tutto da sola e dovevo accettare quello che adesso il destino avrebbe avuto in serbo per me. Non c'era niente per cui piangere, niente. Stava andando tutto bene e cominciavo a sentirmi una stupida per aver pianto nel bel mezzo di un corridoio scolastico con il rischio che chiunque potesse passare e farne una tragedia.
La mia non era una tragedia, era solo la vita e io dovevo reagire.
All'improvviso quella parte che pensavo morta tornò a galla e scoprii che non era morta ma si era solo trasformata. Era triste, certo, ma non per questo meno combattiva.
-Lo sapevi?-
-Cosa?-
-Che se avessi pianto proprio in questo momento alla fine mi sarei sentita meglio?-
Sentii uno sbuffo che ero sicura fosse stato seguito da un sorriso.
-Vale, tu sei scema e su questo nessuno ci può fare niente. Ma almeno sei semplice da capire. Accumuli emozioni a non finire, potresti continuare per anni ad accumulare e riusciresti sempre a passarci sopra e a tornare ad essere te. Questa volta però era troppo, non potevi soffocarlo, avevi l'assoluto bisogno di alleggerirti e l'unico modo era piangere. Io ti ho dato solo il modo di farlo.-
Asciugai le ultime lacrime con la mano e mi voltai a guardare Riccardo. I suoi occhi erano caldi e gentili, un'isola felice in cui rifugiarmi.
-Da dove sei sbucato fuori?-
In effetti me lo stavo domandando solo in quel momento ma Riccardo non era esattamente la prima persona che avrei pensato di vedere quella mattina.
-Terza prova con due domande di filosofia? Conoscendoti oggi avevi bisogno di tutto il supporto possibile per non impazzire.-
Non aveva tutti i torti.
-Sono arrivato e Marti mi ha detto che eri entrata nella scuola così mentre ti stavo cercando ti ho vista impalata davanti al distributore con la bottiglietta d'acqua che era scesa già da qualche secondo e ho capito che stavi in uno dei tuoi momenti di raccoglimento folle e immotivato.-
Non dissi nulla. Me ne rimasi ferma davanti a lui con il ricordo di quei minuti passati a piangere. Mi sentivo uno straccio ma mi ero stancata di sembrarlo, dovevo reagire.
-Vale, dire che lo hai perso è davvero un parolone. –
Sussultai.
Non avrei mai pensato che Riccardo avrebbe affrontato l'argomento Massi in modo così diretto.
-Tu non lo conosci, non hai visto come mi guarda. C'è odio puro nei suoi occhi.-
-L'odio può scaturire da tanti motivi, certo penso che i motivi di Massi siano piuttosto evidenti.-
-Già.-
-Ma rimane il fatto che era proprio quello che volevi. Non si farà più avanti e avrà il futuro che tu hai deciso che dovesse avere. Dovresti almeno apprezzare i tuoi sforzi per tenerlo lontano da te. Invece ti disperi e accumuli tutto il tuo stress mentale.-
Sapevo dove stava andando a parare.
-Non era questo quello che volevi, Vale. Tu non volevi lasciarlo e ancora ti ostini a farti piacere la situazione. Sei proprio sicura che per risolvere tutto questo casino non dovresti semplicemente dirgli la verità? Non sarebbe la cosa più giusta?-
Sorrisi amaramente.
-No, sono certa di aver fatto la scelta giusta. Devo solo imparare a conviverci.-
Riccardo mi guardò con degli occhi che non riuscii a decifrare.
-Ho smesso di provare a farti cambiare idea, e anche le tue amiche a quanto vedo. Non dirò più nulla su Massi ma smettila di sembrare sempre sul crollo di una crisi di nervi. Gli esami possono giustificare la tua depressione ancora per pochi giorni. Senza contare che farti vedere così proprio da Massi non è esattamente il modo migliore per non farlo insospettire, e tu non lo vuoi, giusto? Non vuoi che lui si insospettisca e torni a farti domande.-
Solo in quel momento mi resi conto di quello che stavo facendo.
Il mio cervello bacato stava agendo per conto suo e di proposito mi stava gettando in quell'angoscia per riportare Massi da me. Ma certo! Finalmente tutto mi era chiaro. Avevo capito di amarlo come mai e cercavo in tutti i modi di farlo tornare indietro, stavo tentando di trasformare il suo sguardo d'odio in uno d'amore.
Non dovevo! Non potevo! Non volevo!
Le cose stavano andando bene, mi doveva entrare in testa!
-Come al solito mi capisci molto più di quanto io capisca me stessa-, mormorai con aria seria.
-Non sono così presuntuoso da pensare di poterti capire totalmente, ma in genere me la cavo-, rispose lui con un sorriso.
Alzai lo sguardo e ricambiai il suo sorriso, anche se ancora non riuscivo ad essere del tutto spontanea.
-Torniamo fuori. Amy e Marti si staranno chiedendo che fine hai fatto.-
-Sono presentabile?- chiesi con titubanza, sentivo gli occhi bruciare ed ero certa che le mie amiche si sarebbero accorte subito che avevo pianto.
-Stranamente non hai molte tracce del tuo sfogo-, mi disse lui sorridendo. –Puoi andare, tranquilla.-
Speravo con tutto il cuore che Riccardo avesse ragione, non avevo alcuna voglia di dare spiegazioni alle mie amiche. Avevo pianto davanti a loro il giorno prima e non volevo che si preoccupassero ancora per me. Non ce n'era motivo, prima o poi sarei tornata ad essere me stessa.
Presi la bottiglietta d'acqua per Marti e mi diressi fuori, contenta che per una volta una bottiglietta innocente non fosse finita per terra.
Appena fuori mi ricredetti. Perché la bottiglietta raggiunse il pavimento subito fuori dalle porte della scuola.
Ero rimasta impietrita da quello che avevo davanti agli occhi. Su una panchina, la stessa panchina che appena arrivata a scuola era stata motivo di ansia per il mio cuore, era appena diventata il prossimo luogo per un omicidio.
Una delle compagne di Massi, una delle più oche, gli stava comodamente seduta sulle ginocchia, con un braccio intorno al collo mentre Massi continuava a spiegare qualcosa a Marco. Sembrava così concentrata nell'ascoltare Massi... No, di sicuro stava cercando di seguire almeno la metà di un suo discorso, dubitavo che avesse abbastanza cervello per seguirlo tutto.
La rabbia mi stava montando dentro senza che io potessi fare nulla per impedirlo. Pregavo che Massi si voltasse anche per un solo attimo giusto per avere la soddisfazione di fargli prendere fuoco con una sola occhiata. Lo volevo incenerire.
-Ah, Vale-, mormorò Riccardo.
Trasalii. Mi ero persino dimenticata dove mi trovavo, la rabbia aveva annebbiato tutto.
Lo vidi chinarsi ai miei piedi per raccogliere la bottiglietta che mi era sfuggita dalle mani.
-Cosa si deve fare con te?- mi chiese con un sorriso divertito. –Prima piangi, poi torni in te e adesso diventi gelosa. La vuoi finire di mettere a rischio il tuo piano? Se Massi si fosse voltato mentre lo fissavi in quel modo cosa pensi che avresti ottenuto?-
Abbassai lo sguardo.
-Esattamente il contrario di quello che dovrei desiderare.-
-Proprio così-, sentenziò lui.
-Hai ragione, che si facesse pure coccolare da chi gli pare, alla fine ne ha tutto il diritto.-
-Esatto.-
-Ormai non è più affar mio.-
Detto questo non guardai più in direzione di Massi fino al suono della campanella che decretava l'inizio della terza prova.
Come i giorni precedenti, una volta sedute, e con in mano le domande di quella prova maledetta, le mie amiche ed io ci scambiammo uno sguardo e un sorriso. Ma c'era davvero poco da ridere.
Svolsi velocemente le domande di letteratura italiana e, con grande sorpresa, anche quelle di letteratura greca che non erano perfette ma potevano andare.
Quando i commissari erano distratti riuscii a prendere qualche bigliettino che poteva servirmi per le altre tre materie. Copiai alla perfezione i bigliettini di matematica e fisica, quindi anche quelle domande potevano considerarsi archiviate.
I dolori erano appena cominciati.
La prima domanda di filosofia non era complicata, ci sarei arrivata anche senza bigliettino ma per sicurezza copiai in modo perfetto anche quella. Kierkegaard non era uno dei filosofi più complicati e anche la domanda era accessibile.
Il gelo si diffuse in tutto il mio corpo quando passai alla seconda domanda.
Solo leggendola non avevo neanche capito di cosa stesse parlando. Fissavo quelle parole messe una di fila all'altra senza riuscire a vedere la luce.
Non ci stavo capendo niente.
Amy mi lanciò un'occhiata e capii che anche lei era nella stessa situazione.
Era impossibile.
A quanto ero riuscita a capire, quella stramaledetta domanda metteva a confronto la filosofia di Kant con quella di Hegel.
Già era tanto se in un anno ero riuscita ad assimilare qualche nozione singola sui loro pensieri filosofici, figuriamoci se potevo mettere a confronto la loro intera filosofia.
Non sapevo neanche da dove partire.
A quel punto, nella disperazione più totale, decisi di lasciar perdere.
Copiai dai bigliettini un riassunto della filosofia dell'uno e poi dell'altro senza fare uno straccio di confronto. Non avrei neanche saputo dire su cosa fare il confronto. Non avevo capito neanche cosa volessero affermare con quelle loro idee fuori di testa, fare un paragone per me era impossibile.
Persino la Giordano annaspava su quella domanda, la vedevo in ansia e scriveva una parola ogni cinque minuti, segno che ci stava pensando davvero bene e per lei era un evento raro. In genere, sapeva tutto e scriveva subito la risposta senza rifletterci più di tanto.
Se lei era in quelle condizioni, era davvero inutile che io mi ci sbattessi più di tanto. Le altre domande ero riuscita a completarle più o meno bene e non avevo proprio la forza di riflettere ancora su quella domanda assurda.
L'esterna di filosofia ci aveva proprio voluto distruggere e già sapevo che anche durante la prova orale mi avrebbe dato filo da torcere. Tanto filo da torcere!
Quando già qualcuno aveva consegnato la sua prova, anche noi tre ci alzammo e decidemmo di mettere fine a quella tortura. Lasciammo i fogli nelle mani dei commissari e scappammo da quell'aula alla velocità della luce.
Riccardo era fuori ad aspettarci, seduto ad una delle panchine.
Marti ed Amy avevano accettato senza tante riserve di parlare con lui, avevano capito che non era stato a causa sua se avevo deciso di lasciare Massi. Poi Riccardo sapeva farsi amare, era sempre stato simpatico e spiritoso ma in un modo intelligente. Era davvero impossibile non trovarlo adorabile.
-Com'è andata?- chiese lui con sorriso.
La panchina era troppo piccola per sederci tutti e tre quindi io mi accomodai sulle gambe di Riccardo. Ovviamente non c'era nulla di malizioso ma se per caso Massi ci avesse visto era tanto di guadagnato, era arrivato il momento che il mio cervello e il mio cuore si facessero entrambi da parte e che lasciassero tutto nelle mani del mio istinto.
-Non bene, a giudicare dalla facce sembra che vi abbiano appena torturato brutalmente.-
-Ci sei andato vicino-, risposi abbassando la testa per la stanchezza.
-Che è successo?-
-Hai presente la repulsione di Vale per la filosofia?- cominciò Amy.
-Sì, molto presente. Credo sia la massima certezza di un essere umano, seconda solo alla morte.-
-Ecco. Quella sua repulsione oggi si è diffusa in tutta la classe. L'esterna di filosofia è una strega, spero che le si spacchi una ruota della macchina mentre torna a casa.-
Amy era davvero imbestialita. Alla fine se l'era sempre cavata in filosofia e se quella domanda aveva messo in ginocchio anche lei, eravamo davvero nei guai, tutti quanti.
-Era qualcosa di mostruoso-, rincarò Marti.
Anche Marti che aveva la media del nove in quasi tutte le materie era distrutta?!
Meglio ritrattare: non eravamo nei guai ma proprio nella merda vera e propria.
-Com'era la domanda?- chiese Riccardo con comprensione.
Cercammo di spiegargli a grandi linee cosa cavolo ci fosse scritto su quel foglio e lui sgranò gli occhi.
-Neanche io che amo la filosofia e che l'ho sempre capita sarei riuscito a scrivere qualcosa di decente. Questa prof è fuori di testa! Credo che nemmeno all'Università potrebbero porre una domanda del genere. E' matta!-
-Grazie, Riccardo. Con queste parole hai appena affondato tutte le nostre speranze-, dissi con un tono acido.
Lo sapevo già da sola che la situazione stava precipitando. Dovevo tornare a casa al più presto e imparare il libro di filosofia a memoria perché sentivo che quella strega mi avrebbe presa di mira dal primo momento durante la prova orale, e ormai non erano rimasti molti giorni per riuscire a concludere qualcosa.
-Volete una mano per prepararvi all'orale?-
Un raggio di sole illuminò quel mio amico che adoravo. Non avevo mai capito quanto bene gli volessi finché non aveva pronunciato quella frase.
-Lo faresti davvero?- chiese Marti con gli occhi lucidi.
-Sì, certo. Non ho molti impegni in questi giorni, vi aiuto volentieri.-
Ero certa che in quel preciso istante Riccardo aveva assunto di diritto un posto speciale anche nel cuore delle mie amiche.
Lui era un insegnante fantastico. Quando anni prima mi aiutava a studiare capivo sempre tutto al volo. Dubitavo che sarebbe riuscito nell'impresa di farmi capire qualcosa di filosofia ma almeno sapevo che grazie al suo aiuto non avrei fatto scena muta.
Pochi minuti dopo decidemmo di andare a mangiare tutti insieme da qualche parte. Amy doveva andare a pranzo da Marco ma, chiedendogli scusa in diverse lingue, gli disse che preferiva venire con noi. Non ci pensò nemmeno ad invitarlo visto che Riccardo avrebbe pranzato con noi, e vedere il mio migliore amico morto non era proprio il sogno della mia vita e anche Amy lo aveva capito.
Decidemmo di darci alla cucina cinese.
Amy e Marti andarono in macchina con Riccardo mentre io li avrei raggiunti con il mio scooter al ristorante in centro.
Proprio mentre stavo per infilarmi il casco sentii vibrare il cellulare.
Un messaggio.
Presi il cellulare e per poco non mi venne un colpo quando cominciai a leggerlo.

Da oggi in poi non credo che ci sarà più occasione d'incontrarci. Ti auguro tutta la felicità del mondo e sappi che ti ho amata più di qualunque altra cosa. Buona fortuna per tutto.

Massi.
Sempre lui, in qualunque momento e in qualsiasi modo era costantemente in grado di insinuarsi nei miei pensieri e nel mio cuore.
Aveva ragione. Non ci saremmo più visti.
Era un vero e proprio addio. Non c'era altro da aggiungere.
Non risposi al messaggio, speravo che capisse che non me la sentivo. Avevo già chiuso i ponti e rispondere avrebbe significato per me dover ricominciare con tutto un trip mentale autolesionistico che non mi avrebbe portato da nessuna parte.
Sospirai cercando da qualche parte la forza per non piangere proprio lì davanti l'ingresso della scuola.
Stavo ancora una volta per indossare il casco quando uno scooter sfrecciò al mio fianco diretto al portone.
Lo conoscevo bene quello scooter come conoscevo bene il ragazzo che era alla guida. Dei ciuffi biondi spuntavano fuori dal casco e le sue mani strette al manubrio erano grandi, come nei miei sogni ormai lontani.
Non si voltò a guardarmi, non ne aveva più motivo. Si era lasciato tutto alle spalle ed era arrivato il momento anche per me di farlo.
Alla fine uscii dal cancello e sparii dalla mia vista, come stava sparendo dalla mia vita.
Fissai il punto in cui era andato via per qualche secondo.
Era la fine.
C'eravamo arresi tutti e due alle mie decisioni e il risultato adesso era davanti ai miei occhi.
Nonostante fossi ormai certa della mia scelta, nonostante non avessi alcuna intenzione di tornare indietro, nella mia mente albergava una sola frase...
Addio, Amore Mio. Ti amerò finché avrò vita. 

Verso La MaturitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora