Siamo Legati Da Infiniti Fili Sottili, Facili Da Recidere Uno Ad Uno,
Ma Che Essendo Legati Tra Loro Formano Corde Indistruttibili
Isabel Allende
Capitolo 20: Il Mare Dopo La Tempesta
Alla fine della terza prova, e di quella giornata a dir poco infernale, avevo la certezza che Massi ed io non ci saremmo visti mai più. Ormai ne ero così sicura da non credere minimamente che ci potesse essere la possibilità di incontrarci ancora. Inutile dire che nella mia vita niente andava come prevedevo.
Massi e io avevamo la prova orale nello stesso giorno!
Strano, non l'avrei mai detto di essere così sfortunata. Non mi era mai successo.
Cominciavo ad odiare la mia sfortuna sempre di più, stava diventando una compagna di vita troppo scomoda per sopportarla ancora a lungo. Ne ero stanca!
Mancavano ancora una decina di giorni prima della prova orale, giorni che, stranamente, trascorsero alla velocità della luce e così senza che me ne accorgessi era arrivato l'ultimo giorno utile per riuscire a farmi entrare qualcosa in testa.
La mia tesina era finita, stampata e rilegata in modo perfetto.
Riccardo aveva dato una grande mano sia a me che alle mie amiche, soprattutto in matematica e filosofia.
Non mi sentivo per niente pronta ma almeno avevo la certezza di aver fatto tutto il possibile per imbastire un discorso alquanto decente riguardo la mia tesina. Il vero problema era tutto il resto. Tutti gli argomenti, studiati in un intero anno, che con la mia tesina non avevano proprio niente da spartire. Erano tanti, troppi! Non pensavo che fosse così complicato riuscire a ricordare tutto di quelle materie del cavolo!
La mia unica consolazione, come sempre, era pensare che la D'Arcangelo non era più il mio incubo. Non ci sarebbe stata al mio esame e già questo mi aiutava tanto nel riuscire a concentrarmi meglio. Se avessi dovuto affrontare anche lei mi sarei suicidata molti mesi prima.
Me ne stavo seduta alla mia scrivania cercando di ripassare più capitoli di filosofia possibili, ma più leggevo e meno nozioni riuscivo a farmi entrare in testa.
Mi sembrava un brutto, bruttissimo, sogno e non vedevo l'ora che tutto quello stress terminasse. Stava diventando una vera tortura, più i secondi passavano e più l'ansia mi assaliva. Non potevo continuare così. Ormai mi sarei accontentata anche del sessanta, non me ne importava più un fico secco del voto. Volevo solo terminare il liceo e mandare tutto al Diavolo!
Era quasi sera.
Il sole estivo cominciava a tramontare e le sfumature di viola e arancione coloravano il cielo che vedevo dalla mia finestra.
Un giorno, un solo giorno e finalmente anch'io, come tanti altri ragazzi, avrei potuto cominciare a godermi l'estate. Quello sarebbe stato davvero il premio più bello e agognato in assoluto.
I miei genitori avevano capito quanto io fossi tesa e avevano deciso di lasciarmi da sola fino al giorno dopo. Si erano sistemati a casa di mia nonna e non sarebbero tornati fino alla mattina successiva, dopo essersi assicurati che io fossi già uscita per andare a scuola.
Li avevo ringraziati fino all'inverosimile per quel favore.
Sapevano che vederli in giro per casa mi avrebbe messo ancora più in agitazione e avevano agito di conseguenza. Per questo li amavo, anticipavano sempre ogni mio pensiero.
Ero ancora totalmente presa da quello che stavo leggendo quando il campanello suonò facendomi sobbalzare.
Era Riccardo, già lo sapevo.
Voleva passare la serata a studiare insieme a me. Quel ragazzo era davvero il migliore! Nonostante tutto quello che gli avevo fatto passare aveva deciso di non abbandonarmi, anzi mi stava vicino come mai aveva fatto. Gli ero grata, più di quanto potesse immaginare.
Se solo non avessi conosciuto Massi, se solo la mia strada non avesse incrociato la sua, Riccardo sarebbe stato l'unico al mondo che avrei mai potuto amare.
La vita era troppo complicata per accontentarci in tutto. E la mia era troppo... mia, per potermi concedere anche un solo attimo di felicità.
Feci entrare Riccardo, provai a sembrare normale ma lui si accorse subito che l'angoscia mi stava divorando.
-Usciamo!-
Lo guardai stranita.
-Come scusa?- chiesi sorpresa.
-Usciamo, non devi stare chiusa in casa la sera prima del tuo esame di maturità-, lo disse con semplicità e con un sorriso così dolce che avrebbe fatto sciogliere un iceberg.
-Ehm, Riccardo. Proprio perché domani ci sarà il mio esame di maturità dovrei stare chiusa in casa a studiare, non credi?-
-No, non lo credo-, rispose tranquillamente. –Hai studiato per un anno intero e hai bisogno di rilassarti prima di domani. Ormai quel che è fatto è fatto, non credo che in poche ore riuscirai ad assimilare altri dati.-
-Ma...-, non pensavo per niente che fosse una buona idea.
-Niente ma, guarda un po' qui.-
Sempre sorridendo mi porse due biglietti per un concerto.
-Un concerto?- chiesi quasi scandalizzata.
-Eddai, sono i Negrita. Sarà un concerto bellissimo, e tu hai bisogno di liberare un po' la mente.-
-No, io ho bisogno che la mia mente assorba tutto quel libro-, risposi indicando il libro di filosofia aperto sulla mia scrivania.
-Ascolta, i migliori voti li ho presi svagandomi sempre la sera prima. Lo trovo un ottimo modo per preparare il cervello a quello che deve affrontare.-
-Forse funziona per te che sei un genio, ma per noi comuni mortali l'unico modo per superare un esame come quello di maturità comprende il fatto di studiare fino all'ultimo secondo.-
Era proprio uno stupido se pensava che avrei abbandonato i libri per andare ad un concerto. Io? Andare ad un concerto la sera prima della mia prova orale? Non me lo potevo permettere e di certo non era da me. Dovevo studiare, studiare, studiare fino a quando i miei occhi non si fossero chiusi per la stanchezza.
Non avevo proprio il tempo per svagarmi. Punto e basta.
Esattamente un'ora dopo mi ero cambiata ed ero in macchina con Riccardo. Destinazione: Parco Gondar a Gallipoli, luogo in cui si sarebbe tenuto il concerto dei Negrita.
Avevo ceduto, non poteva essere altrimenti. Ero stanca di studiare e Riccardo lo aveva capito anche troppo bene.
Si trattava solo di passare un paio d'ore ad ascoltare un po' di buona musica. Appena finito il concerto sarei tornata a casa con la mente un po' meno pesante e magari avrei avuto ancora un po' di forze per continuare a leggere filosofia.
Sì, era la cosa migliore da fare per non impazzire del tutto.
-Ancora non ci credo che mi hai convinta a venire qui.-
Riccardo si voltò a sorridermi mentre mostrava i nostri biglietti al gorilla che stava all'entrata. Porca miseria quanto era grosso!
-Vuoi qualcosa da bere? Abbiamo ancora una mezz'ora prima che cominci il concerto.-
-Perché no? Tanto ormai questa serata di studio sembra tutto tranne quello che dovrebbe essere.-
Facemmo una lunga fila al bar e con le nostre birre in mano raggiungemmo lo spazio dedicato al concerto.
C'era una folla di gente disumana ma Riccardo aveva una certa esperienza in quelle situazioni, e a furia di "permesso" e "scusa, dovrei passare" ci ritrovammo non molto lontano dal palco.
Sorseggiavo la mia birra ghiacciata- che con l'afa di quella sera estiva era il massimo- in religioso silenzio mentre con il cervello cercavo di ripassare quanti più argomenti possibili.
-La vuoi smettere di pensare a ripetere?- mi chiesi Riccardo esasperato.
-E tu la vuoi smettere di leggermi nel pensiero? Sei seccante-, risposi con un sorriso.
Cercai di resettare tutti i miei pensieri e di relegare l'esame nell'angolo più remoto della mia mente. Sperai che lì tutti gli argomenti scolastici si sarebbero trovato a loro agio e mi avrebbero lasciato in pace almeno per un paio d'ore.
-Ah, eccovi qui!-
Quella frase quasi urlata alle mie spalle mi fece prendere un colpo. Mi voltai e sorrisi sorpresa.
-Amy! Che ci fate qui?!-
Le mie due migliori amiche e Marco erano davanti ai miei occhi, anche loro con dei bicchieri in mano.
-Riccardo ci ha invitati-, rispose Marti. –E' stato molto gentile.-
-Siete ad un concerto, ve ne rendete conto, vero?-
Noi tre non eravamo mai state troppo inclini ai concerti e mi sorprendeva vederle lì, come mi sorprendeva che ci fossi io.
-E allora?- cominciò Amy ridendo. –La nostra prova orale non è domani a differenza di te, possiamo ancora divertirci.-
-Grazie, Amy. Fortuna che ci sei tu a non farmi sentire in colpa.- Poi la presi un attimo da parte per sussurrale qualcosa che in quel momento mi sembrava fondamentale. –Marco che ci fa qui?-
-Riccardo ha invitato anche lui-, rispose lei con semplicità.
-Okay, ma a lui non viene voglia di ucciderlo Riccardo?-
Mi sembrava la cosa più naturale che Marco avesse potuto fare o pensare.
-Ha sorpreso anche me, ma ha detto di voler uscire e che non gli importava che ci foste anche voi due. Sinceramente non lo so cosa gli sia preso.-
L'aria confusa di Amy cominciava a preoccuparmi. Secondo me Marco aveva un piano per far fuori Riccardo, ne ero convinta. Mi conveniva tenerlo d'occhio durante il concerto perché quando era sotto stress Marco tendeva a fare molte cavolate.
Comunque non ci preoccupammo più del dovuto e pensammo solo all'idea di goderci un bel concerto.
Intorno a me vedevo solo coppiette innamorate che si scambiavano effusioni come se fossero nelle loro camere da letto e non nel bel mezzo di una folla. Li capivo, anche troppo bene. Quando si era così innamorati e presi non ti importava proprio un bel niente di dove ti trovassi. Riuscivi a vedere solo l'altra persona, quel ragazzo che amavi più di te stessa e che avresti voluto baciare fino alla fine dei tuoi giorni.
Nient'altro aveva importanza.
Non esisteva nulla che non fosse lui.
E per me non esisteva niente oltre a Massi.
Avevo rinunciato a negarlo sia al mio cuore che alle mie amiche. Il mio sentimento per lui aveva preso il sopravvento su tutto, persino sui miei pensieri. Anche se studiavo, anche se cercavo di concentrarmi su altro, il mio cervello aveva creato una specie di sezione a parte dove Massi era l'assoluto protagonista.
Solo lui.
Sempre e soltanto lui.
Non sarei mai riuscita a dimenticarlo e su questo potevo anche metterci una bella pietra sopra, se non un intero macigno.
Come lui ormai aveva rinunciato a me, e la sua pietra era stata molto più dolorosa della mia per la mia anima.
Sapevo di averlo ferito, di averlo praticamente ucciso, però io avrei continuato a soffrire per sempre mentre lui aveva ancora la possibilità di essere felice. Magari con un'altra ragazza e potendo diventare quello che voleva.
Sì, lui aveva ancora una possibilità mentre io mi sarei limitata a vivere senza essere felice.
Immersa ancora nei miei pensieri, fui riportata nel mondo reale dal fumo che stava salendo dal palco e soprattutto dalle migliaia di persone urlanti che avevo intorno.
Il concerto stava per cominciare.
Il palco s'illuminò e i Negrita fecero il loro glorioso ingresso in scena.
-Ciao Gallipoli!- gridò Paolo, il cantante.
E via tutti a rispondere a quell'urlo con altrettante urla.
Se fossi stata in uno dei miei normali giorni da Vale, quelle urla mia avrebbero innervosito parecchio ma ero in uno dei miei giorni da depressione, come succedeva da molti mesi, quindi decisi di lasciarmi andare.
Vedevo Riccardo urlare e saltare. Cominciai a farlo anch'io.
Mi sentii subito meglio, mi stavo sfogando!
Il concerto ebbe inizio con alcune delle loro canzoni più belle: Bambole, In Ogni Atomo, Mama Maè, Hollywood, Che Rumore Fa La Felicità?... Ogni canzone era una delirio di emozioni e di divertimento.
Poi arrivò una delle mie canzoni preferite in assoluto.
-Questa canzone-, cominciò Paolo. –Be', questa canzone al nord non ci viene molto bene, ma qui al sud trova sempre un grande successo!-
Quella sua frase urlata mi fece capire che stava arrivando... Rotolando Verso Sud.
A quel punto non capii più nulla. Mi lasciai trasportare da quella canzone divertentissima e cominciai a saltare come una matta accompagnata da Riccardo che si stava scatenando al mio fianco.
Mi sentivo veramente bene, qualunque pensiero era scomparso.
Il mio corpo si agitava e ballava, urlando le parole di quella canzone che conoscevo a memoria. Quel momento stava diventando uno dei migliori della mia vita.
Poi la canzone finì e Paolo si preparò ad introdurre la successiva.
-Bene, dopo esserci scatenati, voglio dedicare il prossimo pezzo a tutti gli innamorati che sono qui stasera.-
Il sorriso che avevo in faccia si spense all'istante.
Sapevo quello che stavano per cantare. Conoscevo ogni singola parola di quella canzone e sentivo che per me sarebbe stato straziante doverla ascoltare in mezzo a tutte quelle coppie del cavolo!
-A voi... Magnolia.-
Subito le prime note della melodia raggiunsero il mio cervello e mi bloccai. Non riuscivo più a muovermi.
Intorno a me c'erano ragazzi e ragazze che si tenevano per mano, si abbracciavano e si baciavano e all'improvviso ancora una volta il ricordo di Massi prese possesso della mia mente. Solo fino a pochi mesi prima anche noi ci saremmo comportati così ad un concerto, anche noi avremmo potuto mostrare il nostro amore e perderci nei nostri sentimenti. L'uno nel corpo dell'altra come una sola cosa... E adesso invece... Adesso cosa mi restava? Solo il ricordo di quello che era stato senza neanche più la voglia di cercare di nuovo quella felicità che solo lui era stato in grado di donarmi.
Stavo per mettermi a piangere, lo sentivo.
Voltandomi per caso vidi alla mia destra Amy e Marco che si scambiavano un tenero bacio a fior di labbra. Vedere Marco lì, il migliore amico di Massi, lo riportava nei miei ricordi quasi in modo prepotente. Non riuscivo a scacciarlo via. Era impossibile!
Mi sentivo invasa dalla nostalgia, e mi chiesi se sarei riuscita ad andare avanti così, se avrebbe fatto sempre tanto male oppure se un giorno mi sarei ritrovata a pensare a Massi senza soffrire in quel modo disumano.
Mi sentii avvolgere in una specie di abbraccio e riuscii a calmarmi, anche se non del tutto.
Riccardo mi aveva avvolto la spalla con il suo braccio e aveva fatto lo stesso con Marti. Stava in mezzo a noi e ci cullava con le braccia in una sorta di danza dell'affetto.
Lo guardai di soppiatto mentre lui si illuminava in uno dei suoi teneri sorrisi.
Aveva capito che stavo per scoppiare a piangere e cercava di fare quello che poteva per eliminare i ricordi dalla mia mente. Non che ci fosse riuscito del tutto ma di certo sentirmi così amata anche se solo da un amico e non dall'unico ragazzo che volevo funzionò come una sorta di antidolorifico: sapevo che il problema non si sarebbe risolto così facilmente ma almeno per quell'attimo Riccardo era riuscito a curare in parte il mio dolore.
Era di certo meglio di niente.
Dopo un altro paio di canzoni il concerto terminò in un boato di urla. Tutti si erano divertiti ed erano spensierati. Persino io ero riuscita a trovare un attimo di pace in quel piccolo momento di svago e ancora una volta mi ritrovai a pensare quanto gli amici potessero diventare importanti durante i momenti difficili.
Senza di loro non sarei stata mai più capace di essere me stessa, invece mi rendevo conto che la possibilità di non perdermi del tutto c'era ed era più che concreta.
-Un concerto fantastico!- esclamò Riccardo mentre tutti insieme ci dirigevamo verso l'uscita.
-Incredibile!- rispose Marco con un sorriso.
-E tu non hai visto quello di Alter Bridge a Londra-, continuò Riccardo.
-Alter Bridge?! Cavolo, è da una vita che voglio vedere un suo concerto!-
-Ce ne sarà uno a Roma tra qualche mese.-
-Stai scherzando?!-
-No, io ci vado con dei miei amici.-
Okay, Riccardo era stato in grado di conquistare persino Marco, il che era tutto dire. Quel ragazzo aveva la capacità innata di farsi volere bene, inutile.
Passammo qualche altro minuto al bar. Avevamo tutti una sete pazzesca e quei due non la smettevano di chiacchierare. La cosa cominciava a diventare abbastanza petulante.
Per fortuna le mie amiche decisero di non parlare della mia prova altrimenti le avrei squartate visto che stavo riuscendo a non pensarci.
-Ragazzi!-
Quella voce.
-Delia?- disse Amy sorpresa. –Che ci fai qui?-
Anch'io me lo chiedevo, non avrei mai immaginato di vedere Delia in quel posto, aveva sempre detto che i concerti non l'attiravano più di tanto.
-Lo vorrei sapere anch'io, sono stata costretta-, disse sorridendo.
-E da chi?- chiesi confusa. Adoravo Delia, e le volevo un bene dell'anima soprattutto perché mi stava parlando, pensavo che mi avrebbe odiata e invece ancora mi sorrideva.
-Sono stato costretto anch'io-, disse una voce alle sue spalle.
-Michael!- esclamò Marco interrompendo finalmente il suo discorso con Riccardo. Dal tono della sua voce avevo capito che ancora non riusciva a sopportare la presenza di Mike.
-Scusate, ma si può sapere chi vi ha costretti?- la mia domanda era più che lecita.
-Io.-
A quel punto ero sicura che il mio cuore di fosse fermato. Mi voltai lentamente e vidi che alla spalle di Riccardo c'era Massi, proprio lui in carne ed ossa. I suoi occhi mi fissavano con intensità, e vidi che in loro albergava uno strano odio, ma era diverso da quello che avevo scorto durante le prove scritte della Maturità. Sembrava uno sguardo più consapevole e maturo, ma fuso sempre a quella nota d'odio. Non riuscivo proprio a decifrarlo.
-Finalmente ti sei deciso-, disse Riccardo dandogli una pacca sulla spalla.
-Mi ci è voluto un po' per metabolizzare la cosa-, rispose Massi senza smettere di guardarmi.
-E così ci ha costretti ad accompagnarlo a questo cavolo di concerto-, borbottò Michael seccato ma io non lo stavo ascoltando. Massi mi stava letteralmente incatenando ai suoi occhi, non aveva intenzione di abbandonare i miei per niente al mondo. Stava cercando di riversare tutto il suo odio dentro di me, con enorme successo se dovevo dirla tutta. Mi sentivo spaesata ma allo stesso tempo avvertivo la certezza della presenza di Massi.
Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo e poi la consapevolezza mi avvolse. Spalancai gli occhi spaventata e irritata allo stesso tempo.
-Sai tutto-, mormorai con una nota di disperazione nella voce.
-So tutto-, concluse lui senza lasciare i miei occhi.
-Veramente credo che tutti sappiano tutto, ormai-, completò Delia con un sorriso ma io quasi non lo vidi.
La mia mente era affollata da mille pensieri, uno peggiore dell'altro. La situazione stava precipitando e io non avevo idea di come ne sarei uscita fuori ancora viva.
-Ma come...?-
-Colpa mia-, disse all'improvviso Riccardo.
Mi voltai a guardarlo di scatto cercando di incenerirlo con lo sguardo.
-Che c'è?- mi chiese con aria innocente. –Lo sapevi anche tu che questo piano del cavolo che ti era preparata faceva acqua da tutte le parti, non avresti ottenuto niente così. Avresti solo continuato a soffrire e siccome ti voglio bene non potevo permetterlo.-
-Giuro che ti uccido!- esclamai con il cuore in gola. Oh se l'avrei ucciso! L'avrei fatto fuori con le mie mani tra le più atroci sofferenze.
-Andiamo, Vale-, s'intromise Amy. –Sei stata una stupida, credo di riassumere il pensiero di tutti con questa frase.-
-Concordo-, disse Marti.
-Anche secondo me lo sei stata-, rincarò Mike.
-Eh, sì mia cara-, anche Delia.
-Lo sei stata eccome!- esclamò Marco.
-Oh, ma state un po' zitti tutti quanti!- Ero arrivata al culmine, non ne potevo più. Tutti ad impicciarsi dei fatti miei. –Se sono stata una stupida è un pensiero vostro, io non devo spiegazioni a nessuno quindi state zitti!-
-E' qui che ti sbagli.-
La voce di Massi raggiunse all'improvviso la mia mente e la inondò con il suo suono dolce e allo stesso tempo deciso.
-Qualche spiegazione me la devi.-
Non feci in tempo a dire altro che me lo ritrovai a pochi centimetri dal mio viso. Mi fissava con un'intensità che non avevo mai visto in quegli occhi verdi che tanto amavo. Era la prima volta che lo vedevo come un uomo deciso e non solo come un ragazzo che doveva ancora crescere. Il dolore ci aveva reso entrambi più maturi, su questo non c'era nulla da dire.
Ritrovai la forza che mi serviva per tenergli testa e distolsi lo sguardo per evitare che m'imprigionasse ancora in quegli occhi che mi attiravano come due calamite.
-Non credo proprio-, dissi con un filo di voce. –Non c'è niente di cui parlare, anche se adesso sai tutto io non tornerò indietro. La mia decisione l'ho presa.-
Non disse nulla, nessuno di loro lo fece e non ne capivo il motivo.
Decisi di alzare lo sguardo per capire cosa stesse succedendo e vidi che Massi mi stava guardando, non aveva mai smesso.
-Di decisioni ne hai prese anche troppo ultimamente. E' ora che lo faccia anch'io.-
Mi afferrò per un braccio e mi trascinò lontano dagli altri.
-Ahi, ma che diavolo stai facendo?- chiesi con voce irritata. –Lasciami andare.-
Non parlò, non si voltò neanche a guardarmi. Si limitava a trascinarmi dietro di sé con forza, facendomi anche abbastanza male per quanto la sua presa era salda.
Cercai di divincolarmi in tutti i modi ma non ci riuscii, lui era troppo forte per me. La sua rabbia lo rendeva testardo e sapevo che qualunque mia protesta non sarebbe mai servita a nulla.
-Sali-, mi disse una volta arrivati davanti al suv di suo padre.
Mi misi a fissare il sedile senza muovere un muscolo. Non avevo alcuna intenzione di salire su quella macchina.
Massi sbuffò spazientito.
-Senti, puoi salire su questa macchina con le buone o con le cattive. E per cattive intendo che se non entri in auto domani mi presento a casa tua e racconto ai tuoi cari genitori tutto quello che abbiamo fatto in questi mesi, da Padova a Boston.-
Alzai di scatto la testa per fissarlo.
Non aveva davvero intenzione di farlo. No, non lo avrebbe fatto.
-Sta a te scegliere, ma ti posso giurare che non vedo l'ora di fare una cosa del genere.-
La determinazione che scorsi nel suo sguardo non mi diede modo di fraintendere. Non avevo vie d'uscita, sarebbe andato dai miei, lo avrebbe fatto di sicuro.
-Allora?- mi chiese con tono duro.
Alzai gli occhi al cielo, e sbuffando come una locomotiva a motore, aprii lo sportello e m'infilai in macchina.
-Potresti almeno essere meno prepotente-, borbottai mentre agganciavo la cintura di sicurezza.
-E tu potresti essere meno stupida, ma purtroppo nessuno è perfetto.-
Avrei voluto rispondergli ma lui era partito a razzo. Stava andando come un treno, ma era impazzito?!
-Puoi rallentare?!- esclamai aggrappandomi al sedile.
-Non ci penso proprio, ho bisogno di correre per evitare di strozzarti con le mie mani.-
Saremmo morti, me lo sentivo. Correva come un pazzo e non aveva alcuna intenzione di rallentare. Decisi di non dire più nulla, ci mancava solo che si arrabbiasse ancora di più e che andassimo a sbattere contro un muro.
Mi misi a guardare fuori dal finestrino, un po' per evitare di incrociare per sbaglio gli occhi di Massi e un po' per capire dove diavolo mi stesse portando.
Non stavamo tornando verso Lecce, stavamo andando esattamente nella direzione opposta e la cosa cominciò a preoccuparmi. Porca miseria! Io avevo un esame il giorno dopo e Massi aveva deciso che proprio quello fosse il momento adatto per scarrozzarmi in giro per la Puglia. Ma non se ne poteva restare a casa a studiare?! Anzi, avrei potuto restare io a casa, accidenti a me!
Eppure nonostante mi maledicessi per aver deciso di uscire, lo stare ancora una volta, anche se forse sarebbe stata l'ultima, così vicina a Massi mi donava uno strano senso di pace. Quando ero con lui, anche nelle situazioni che in genere dovevano essere poco piacevoli, sentivo che tutto era al suo posto, e mi sentivo bene.
-Quando?- chiesi poi con un filo di voce. Massi sapeva a cosa mi riferivo, non c'era bisogno che aggiungessi altro.
-Dopo la prima prova, Riccardo si è presentato a casa mia.-
Sarebbe morto, Riccardo era un uomo morto.
-C'era anche Marco e ci ha raccontato ogni cosa.-
Per questo Marco non aveva battuto ciglio quando Amy aveva deciso di tornare a parlarmi. E certo, lui sapeva già tutto.
-Mi ha pregato di fare qualcosa, di farti tornare quella di prima perché non sopportava più di vederti in uno stato pietoso.-
-Non sono in uno stato pietoso!- replicai con il tono di una bambina di cinque anni.
-Lo so, tu sei sempre bellissima, non c'è bisogno che ti arrabbi.-
Mi si fermò il cuore. Nella sua voce non c'era scherno o rabbia, si era solo limitato a fare un'affermazione, una piccola frase che sentiva di dovermi dire.
Non ci dicemmo altro e nell'auto cadde un silenzio così assordante da rischiare di farmi impazzire completamente. Mi sentivo inquieta, non sapevo cosa sarebbe successo, quando la macchina si sarebbe fermata, o cosa avrei dovuto dire.
Solo una cosa per me era davvero certa: non avrei ceduto. Non potevo farlo!
Anche se Massi aveva scoperto tutto non sarebbe cambiato nulla. Se fosse stato necessario lo avrei mandato a Boston a furia di calci nel fondoschiena.
Ad un certo punto vidi che imboccava la strada per il lungo mare e mi soffermai a guardare le onde scure che raggiungevano la spiaggia illuminata dalla luna. Era il primo anno, in tutta una vita, che vedevo il mare per la prima volta a fine giugno e di notte.
L'anno precedente non mi ero resa conto che quella sarebbe stata l'ultima estate passata in modo spensierato. Tra esami di Maturità e poi iscrizione all'università quella non sarebbe stata un'estate come le precedenti e forse non ce ne sarebbe stata un'altra.
La libertà di adolescente mi stava per abbandonare per lasciare il posto alla vita da adulta.
Quando si è piccoli non si vede l'ora di crescere: i diciott'anni, la patente, il poter prendere decisioni. Eppure quando si arriva al punto in cui tutto sta per cambiare perché si deve crescere ci si rende conto che gli anni passati sono stati davvero i migliori, i più belli, i più liberi.
Non avevo voglia di crescere, non avevo voglia di affrontare la vita da sola ma forse era quello che mi serviva per trovare una mia strada, un modo per vivere senza Massi.
D'un tratto l'auto si fermò al bordo della strada.
Massi non disse nulla, spense l'auto e prese un respiro forte e lungo. Avevo l'impressione che fosse sovrappensiero, come me d'altronde.
Sapevamo molto bene entrambi che una sola parola fuori posto avrebbe potuto dare il via a un Inferno che Dante non avrebbe mai neanche potuto immaginare.
-Scendi.-
-Come?- chiesi disorientata.
-Ti ho detto di scendere!-
Pronunciò quella frase a voce alta, il suo non era un invito ma un ordine. Pensai non fosse il caso di contraddirlo, e con la speranza che non decidesse di mettere in moto e andare via una volta che fossi scesa, aprii lo sportello e lo richiusi alle mia spalle dopo aver lasciato l'auto.
Con la coda dell'occhio osservai Massi ancora all'interno del veicolo.
Era fermo, immobile, e guardava dritto davanti a sé con le palpebre che non accennavano a chiudersi. Era come se stesse osservando il portale di un altro mondo, troppo interessante per essere ignorato.
Poi lo vidi, mi ritrovai davanti tutto ciò che gli avevo fatto passare per mesi. Aveva abbassato lentamente lo sguardo, in modo quasi struggente, e poggiando le braccia sul volante ci nascose il suo viso.
Aveva bisogno di stare da solo, lo avevo capito, ma il mio primo impulso era stato quello di precipitarmi in macchina per abbracciarlo e dirgli la verità, confessare che anch'io stavo soffrendo e che non ne potevo più di stare lontana da lui. La mia coscienza però prese il sopravvento sui miei sentimenti.
"Devi resistere, Vale. Fai l'adulta, pensa al suo futuro."
Mi ripetevo quella frase come un mantra e lanciando un'ultima occhiata verso Massi mi voltai per raggiungere la spiaggia. Forse sedermi sotto quella luna, al fresco di quel vento marino, mi avrebbe aiutato a resistere. Però, di certo, quello che più di tutto mi avrebbe aiutato era l'allontanarmi da lui. La sua vicinanza mi destabilizzava e non mi permetteva di ragionare come avrei dovuto. La situazione era delicata e non mi potevo permettere di distrarmi neanche per un attimo.
Arrivata alla spiaggia, mi sfilai le Converse e tenendole in mano mi avvicinai un po' di più al mare. Quel rumore così familiare mi era mancato da morire, era rilassante e pacifico, mi faceva sentire tranquilla come non lo ero da tempo.
Ero quasi sul bagnasciuga e decisi di togliermi la leggera giacca a maniche lunghe che indossavo per stenderla e potermi sedere. Mi bagnai un po' i piedi nella tiepida acqua estiva del Mar Ionio e mi sedetti.
Non sapevo se Massi mi avrebbe raggiunta, chiamata o se mi avrebbe lasciata lì da sola per tutta la notte o forse per sempre. Dubitavo che la sua fosse una ripicca, più che altro sospettavo che non fosse ancora pronto a capire le mie motivazioni e stesse cercando in tutti i modi di trovare uno stato mentale che gli avrebbe consentito di non annegarmi all'istante.
Fissai la luna quasi piena nel cielo scuro e pieno di stelle.
Alla fine ebbi la mia risposta.
Un paio di scarpe caddero alla mia destra mentre la figura di Massi mi superava a piedi nudi e si fermava sul bagnasciuga. Le onde calme gli lambivano la pelle dei piedi, consentendogli di rilassarsi il più possibile.
-Il mare è calmo ma si vede che ieri era agitato.-
-Già-, risposi io continuando a fissare le onde che lo sfioravano.
Prese un respiro profondo e continuò a guardare dritto davanti a sé.
-E' come me-, cominciò senza voltarsi. –Fino a ieri dentro di me sentivo imperversare una vera tempesta, la rabbia mi aveva completamente invaso e non pensavo che sarebbe mai passata.-
Si fermò e io non dissi nulla. Avevo bisogno che lui parlasse per capire cosa gli stesse passando per la testa.
Poi all'improvviso si voltò a guardarmi.
-Io non capisco perché non ti sei fidata di me, non capisco perché i miei sentimenti per te abbiamo avuto così poca importanza.-
Eccolo, il momento della verità era arrivato.
Il mare aveva superato la tempesta ma la nostra stava per cominciare proprio in quel momento.
-Non è come pensi tu.-
-E allora spiegami, porca miseria! Sono mesi che ti chiedo una spiegazione e poi vengo a sapere che mi hai lasciato perché io potessi partire senza pesi sulla coscienza?! Come diavolo ti è passato per la testa?!-
Abbassai lo sguardo per cercare le parole adatte. Mi ero stancata di ferire Massi e soprattutto di ferire me stessa. Litigare con lui mi avrebbe solo fatto sentire peggio, quindi provai a mantenere la calma.
-Dimmi una cosa, e devi dirmi la verità. Se fossi venuta da te a dirti tutto, di aver sentito la conversazione, del fatto che non volevi più partire, mi avresti dato ascolto o avresti fatto di testa tua?-
Lui non rispose, si limitò semplicemente a guardarmi.
-Se tu fossi stato al mio posto, sapendo che rinunciare a te è l'ultimo dei miei desideri e che per farlo avrei accantonato volentieri un futuro che per me è scritto, ti saresti comportato diversamente? Me ne avresti solo parlato sperando che prendessi la decisione giusta?-
A quel punto sollevai la testa e i nostri occhi si incontrarono.
-Hai cercato una spiegazione per tanti mesi ma la verità l'hai sempre avuta sotto gli occhi e se ti fossi fermato ad osservare meglio e a cercare di capire ci saresti arrivato senza problemi.-
Mi alzai e fermandomi a pochi passi da lui, puntai i miei occhi dritti nei suoi. Doveva capire che anch'io avevo sofferto, non potevo essere io l'unica cattiva della situazione. Mi ero comportata in quel modo, lasciandolo, solo perché sapevo che se non l'avessi presa io quella decisione così dolorosa lui non l'avrebbe mai fatto.
-Uno di noi due doveva sacrificarsi e io ho scelto di farlo. La verità è che l'unica spiegazione che posso darti che è ti amo.-
Non potei più fermare le lacrime, era inutile anche provarci, tanto valeva lasciare che la mia mente decidesse di sfogarsi come meglio credeva.
-E' così-, cominciai con la voce rotta dal pianto.
Tutta la rabbia e la frustrazione per il dolore provato. Tutta l'angoscia per fare in modo che il piano funzionasse. Tutta la sofferenza nel doverlo allontanare da me. Tutta la consapevolezza di avergli fatto del male e di averlo fatto anche a me. Tutto. Ogni cosa, si trasformò in un'enorme valvola di sfogo.
-Ti ho lasciato perché ti amo!- quasi lo urlai. Ne avevo bisogno, avevo l'assoluta necessita di urlarlo dopo averlo tenuto nascosto per tutto quel tempo. E quello sfogo lentamente si trasformò in altro dolore e le lacrime cominciarono a solcarmi il viso copiose.
-Ho scelto di rinunciare a te per permetterti di non avere rimpianti. Restare qui e non diventare un medico non ti porterà la felicità.-
-Sei sempre stata tu la mia felicità.-
Abbassai lo sguardo con un sorriso amaro.
-Massi, l'unica certezza che ho nella vita, l'unica e sola, è che tu diventerai un bravissimo medico, forse il migliore. Noi due non siamo una certezza, non in questo momento, non a quest'età. Ti prego, fai diventare la mia certezza una tua certezza. E' questa la cosa giusta da fare.-
-Ti rendi conto che me lo stai chiedendo in lacrime?- mi disse lui con voce atona.
-Questo non cambia nulla. Tu devi partire, devi prendere in mano la tua vita e diventare quello che hai sempre voluto essere.-
-E non posso farlo con te?- mi chiese con tono quasi di supplica.
-Non so se sia possibile-, mormorai asciugandomi le lacrime.
Alzai lo sguardo e ancora una volta i nostri occhi s'incontrarono. A quel punto nei suoi vidi qualcosa che forse non avevo mai visto: la determinazione. Il suo sguardo era sicuro e c'era qualcosa che lo rendeva tremendamente attraente, nonostante la situazione.
-Vale, io partirò. Ormai ho deciso.-
I miei occhi si riempirono di nuovo di lacrime ma riuscii a ricacciarle indietro. Quella sua decisione doveva solo farmi piacere, non dovevo continuare a piangere. Avevo ottenuto quello che volevo, adesso si trattava solo di lasciarlo andare per sempre. Dovevo lasciare che lui raggiungesse il suo destino dall'altra parte dell'Oceano.
-Ho deciso di partire ma questo non vuol dire che io non voglia provare a stare ancora con te. Ci sono ancora dei mesi davanti a noi, non devo trasferirmi domani. E magari, chi lo sa, potremmo essere una delle poche coppie al mondo che sopravvivono ad una relazione a distanza.-
Mi sorrise e a quel punto i miei occhi si spalancarono.
I suoi occhi verdi con le pagliuzze argentate mi stavano fissando con un sguardo particolare: c'era la speranza di potermi avere ancora, c'era la certezza della sua decisione di partire e soprattutto c'era tutto l'amore che aveva provato e che provava sempre per me. Tutto quello di cui avevo bisogno era in quegli occhi caldi, avvolgenti e tremendamente dolci.
Tutto il mio mondo era in quegli occhi.
Tutto il mio amore era in quegli occhi.
Lì dentro c'era tutta me stessa.
Avevo pensato che crescere significasse prendersi le proprie responsabilità ma ancora non era il momento di diventare adulta fino a quel punto.
Dovevo crescere ma non necessariamente quella sera stessa. Mi ero stancata di pensare solo al futuro, mi ero veramente rotta! Ero cresciuta anche troppo per i miei gusti... Le altre responsabilità che mi aspettavano dietro l'angolo avrebbero potuto attendere ancora un po'.
Mi avvicinai ancora di più al suo viso per poter vedere meglio i suoi occhi sotto la luce di quella splendida luna.
-Mi hai lasciato-, disse Massi fissandomi con sguardo di dolore.
-Lo so-, risposi senza lasciare i suoi occhi.
-Mi hai ferito.-
Ancora più vicina.
-Lo so.-
-Mi hai ucciso.-
La mia mano si posò sulla sua guancia, era bello sentire la sua pelle.
-Lo so.-
-Eppure ti amo ancora, forse più di prima.-
Sorrisi.
-Lo so.-
Quella notte tutto il resto non contava. Il mio corpo me lo fece capire agendo al posto mio.
Massi stava per dire qualcosa ma non gli diedi neanche modo di cominciare la frase. Lo attirai a me con forza posando le mie labbra sulle sue e subito mi ritrovai catapultata in un Paradiso fatto di sogni e ricordi.
Sentivo le sue labbra mentre le mie le accarezzavano e assaporavano dopo molto tempo un bacio che non avevano mai dimenticato.
Massi mi strinse a sé, e sentire le sue mani sulla mia schiena mentre mi abbracciava era la sensazione più intensa che potesse esistere al mondo e anche in altri universi paralleli. Il suo corpo caldo e avvolgente, contro il mio rischiava di creare una combustione che avrebbe portato a vere e proprie fiamme.
Il bacio si fece sempre più profondo ed intenso: morbido come nuvola, ardente come un incendio. Racchiudeva in sé sensazioni e sentimenti così diversi eppure indivisibili.
Tutto intorno sembrava aver percepito che qualcosa di nuovo e unico stava accadendo. Il vento soffiava piano e fresco per impedirci di bruciare completamente, il suono delle onde che accarezzavano la spiaggia si fece più delicato per permetterci di goderci quel momento, il tempo... Oh, il tempo sembra essersi fermato così che noi potessimo restare lì a baciarci per l'eternità, com'era giusto che fosse.
Era tutto talmente intenso che se non fossi stata presa dal bacio fino a quel punto sarei potuta scoppiare a piangere da un momento all'altro. Mi sentivo esplodere per quanto amore ero in grado di provare con un solo bacio e mi sentivo male all'idea di reprimere ancora quel sentimento. Doveva esistere ed essere sempre al centro della mia attenzione, doveva potersi sfogare, doveva essere vissuto, fino infondo senza nessun ripensamento.
L'amore che provavo per Massi era la cosa più che bella che potesse esistere e non doveva mai più essere represso. Non lo meritava, perché era bellissimo, perfetto...Immenso.
E ad un certo punto quel bacio non mi bastò più, avevo bisogno di sentire Massi su ogni centimetro del mio corpo, anelavo le sue carezze e la sua pelle. Ne sentivo davvero la necessità.
Con delicatezza poggiai una mano sul suo petto e risalii la sua spalla. Feci una leggera pressione e lui doveva aver capito perché senza smettere di baciarmi s'inginocchio portandomi giù con sé.
Il bacio continuava, sempre più profondo, sempre più intenso, sempre più dolce e con quel piacevole sapore nostalgico che lo rendeva quasi una droga.
Massi mi fece distendere con delicatezza e si sistemò su di me, stringendomi in un abbraccio, facendomi sentire il calore del suo corpo che contrastava con la sabbia fresca che avvertivo sotto di me.
Le sue labbra continuavano a cercare le mie, senza sosta, come se il loro compito fosse stato sempre quello.
All'improvviso si fermò e mi guardò negli occhi. Erano lucidi, pieni di desiderio e d'amore. Quanto mi erano mancati quegli che mi guardavano in quel modo, un modo speciale che solo lui sapeva donarmi. L'unico al mondo che poteva riservarmi sguardi intensi e innamorati a tal punto da farmi scoppiare il cuore.
L'unico.
Lui era davvero l'unico e il solo che ci sarebbe mai riuscito.
-La luce della luna rende il tuo viso ancora più bello-, mormorò con sguardo serio.
I miei occhi s'incatenarono ai suoi, volevano solo continuare a guardarlo in eterno e desideravano, in tutti i modi, fargli capire quanto lo bramassero.
-Ti amo-, dissi alla fine. Pronunciai quelle due piccole parole con un filo di voce eppure era come se le avessi urlate. Come se le avesse urlate direttamente il mio cuore in modo che il suo potesse sentirle bene.
-Dio, quanto mi sei mancata.-
La sua voce era seria, roca, colma di desiderio.
Tornò a baciarmi, e ancora mi sembrò quasi la prima volta. Ogni bacio stava diventando diverso, ogni instante riusciva a mutare i miei battiti e le mie sensazioni. Stava diventando un'esperienza quasi paradisiaca senza precedenti.
Non passò molto prima che i vestiti diventassero solo un mucchio di stoffa poco lontano da noi.
Il suo corpo nudo stretto al mio.
Il suo corpo nudo che si univa al mio.
E la mia anima nuda che finalmente aveva ritrovato la sua.
Abbracciati. Uniti. Insieme. Tutte parole che m'invadevano la mente e spazzavano via tutto il resto. Ritrovare tutto ciò che per mesi avevo solo sognato e cercato nei miei ricordi mi stava quasi svuotando.
Era intenso.
Era stupendo.
Era nostro.
Il nostro amore, da vivere. Per un mese, per un anno, per l'eternità.
Ormai non m'importava più perché ero di nuovo felice.
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Verso La Maturità
Romantizm||Sequel de Il Figlio della Prof|| La nuova versione de "Il figlio della prof" è ora un romanzo. Trama completamente rinnovata ma sempre Massi e Vale a farvi sognare. Il titolo è "La filosofia di Zorba" disponibile su Amazon, Mondadori, Feltrinelli...