Quella notte, mentre tornavamo a casa, il cuore mi batteva all'impazzata, quasi volesse uscirmi dal petto ad ogni costo. Mi chiedevo come avrebbe reagito Flavio al fatto che lo avevo voluto buttare giù dalle scale. Ero sicuro che mi avrebbe odiato, che non mi avrebbe rivolto la parola per il resto delle vacanze e che poi non lo avrei più rivisto e me lo meritavo. Meritavo anche di peggio.
Rimanemmo ancora un po' a chiacchierare in giardino e poi andammo a letto mentre il ragazzo dal pianoforte bianco tornava a casa sua.
Con la scusa che mi sentivo stanco e che avevo bisogno di dormire, riuscii a scacciare le ragazze dalla mia stanza e, fortunatamente, anche Flavio ci rimase perché anche lui si sentiva stanco.
Non sapevo come fare a dirlo, come iniziare la conversazione e il mio cuore continuava a battere cosi forte da darmi un senso di fastidio.
Flavio si mise subito sotto le coperte perché nonostante ci fosse stato sole tutto il giorno, le notti erano ancora fredde e per di più la mia casa al mare non è provvista di riscaldamento giacché raramente ci andiamo prima dell'estate. Mi diede la buonanotte ed io capii che quello era il momento, cosi gli dissi che avevo bisogno di parlargli.
Si alzò dal cuscino e mi osservò con aria interrogatoria identica a quella di un bambino al quale nascondi una sorpresa alle tue spalle, e poi mi disse che se era ancora per la storia della caduta, che dovevo stare tranquillo perché era stato solo un incidente, e quelle parole furono per me come se avesse rotato un coltello che mi portavo infilzato nel ventre da tutto il giorno. Prima che potesse tornare a interrompermi gli dissi che lo avevo fatto a posta e poi abbassai lo sguardo.
Quando rialzai gli occhi, vidi che la sua espressione era mutata in una di smarrimento, come quella di un bimbo che viene sgridato e non comprende il perché. Quegli occhi. Non potete capire cos'è la vergogna finché non vi ritroverete davanti a due occhi così.
Cominciai a spiegargli i fatti che mi avevano condotto a quel gesto malsano, non per cercare il suo perdono ma solo perché volevo che sapesse che razza di persona aveva di fronte e mi punisse come meglio riteneva.
Terminai il mio racconto e riabbassai lo sguardo e la stanza sprofondò nel silenzio. Non saprei quantificare per quanto tempo rimanemmo in silenzio ma a me sembrò che quel momento non volesse finire mai. Avrei voluto alzare gli occhi per vedere le reazioni di Flavio, ma qualcosa me lo impediva. Non riuscivo a spostare lo sguardo dalle lenzuola del letto, avevo troppa paura di incontrare quegli occhi di nuovo e in quell'istante, qualcosa accadde. Sentii qualcosa toccarmi la mano, allora i miei occhi si liberarono da quella sorta d'incantesimo che li teneva intrappolati, e si spostarono sulla mia mano dove, con mia grande sorpresa, giaceva la mano di Flavio.
Lo guardai. Piangeva. Mi disse che era lui che doveva scusarsi con me per essersi comportato così col mio ragazzo. Aggiunse che non era stata sua intenzione farmi soffrire e che mi perdonava perché capiva perché lo avevo fatto. Lo abbracciai forte. Non era un ragazzo, era un angelo ed io non lo avrei mai più ferito, o per lo meno credevo. Giusto mentre lo avevo tra le braccia, Flavio mi rivelò che aveva fatto il cascamorto col ragazzo dal pianoforte bianco, solo perché era geloso. Geloso di me e del ragazzo dal pianoforte bianco. Geloso perché si era innamorato di me...
***
Non ricordo come io sia uscito da quello stato confusionale o come quella notte fosse finita. Probabilmente mi addormentai senza accorgermene, ma quando riaprii gli occhi, Flavio dormiva ancora accanto a me e i miei tormenti erano restati assieme a lui.
Come avevo fatto a non accorgermi di nulla? E cosa dovevo fare adesso?
Sapevo che non avrei mai lasciato il ragazzo dal pianoforte bianco per Flavio, eppure l'idea di continuare a ferirlo mi faceva sentire un mostro.
Lasciai la stanza prima che Flavio si svegliasse e scesi giù in giardino. Qualche minuto dopo la casa era di nuovo in fermento e mia madre stava preparando la colazione.
Flavio era evidentemente in imbarazzo per quello accaduto la notte prima quanto o forse più di me e per tutta la mattinata evitò di incrociare il mio sguardo.
Rimanevano ancora tre giorni alla fine delle vacanze e avevo l'impressione che quella vacanza iniziata come un sogno, si sarebbe presto trasformata in un incubo.
Poco dopo che tutti ebbero finito la loro colazione, il ragazzo dal pianoforte bianco arrivò con la sua bicicletta e mi sentii di nuovo tranquillo. Dovevo solo aspettare il momento giusto per restare solo con lui e raccontargli quello che era successo ma avevo paura che Lui potesse arrabbiarsi.
Il momento arrivò di lì a poco, quando mio padre mi chiese se potevo andare a comprargli "La Settimana Enigmistica" all'edicola e il ragazzo dal pianoforte bianco decise di accompagnarmi mentre Flavio e le ragazze aiutavano mia madre a sparecchiare e lavare le stoviglie.
Gli raccontai tutto, di come Flavio si fosse dichiarato, di quanto ne fossi rimasto sorpreso, di quanto mi sentissi in colpa, e soprattutto di quanto avessi paura che Lui adesso volesse lasciarmi. Speravo disperatamente che mi prendesse tra le sue braccia, ma eravamo in pieno centro e sapevo che non lo avrebbe fatto. Si limitò a sorridermi e a mettermi una mano sulla spalla dicendomi che lui sarebbe rimasto sorpreso del contrario. Disse che ero talmente speciale che era ovvio che altri lo notassero e che Lui si sentiva più tranquillo sapendo che c'era qualcuno che vegliava su di me quando Lui non poteva.
Cominciò a decantare i pregi di Flavio, di quanto lui fosse trasparente, sincero, onesto, e la cosa cominciò a infastidirmi. Mi molestò ancora di più quando Lui guardandomi negli occhi mi chiese se avrei preferito stare con Flavio piuttosto che con Lui.
Fu come ricevere un pugno allo stomaco. Come poteva dubitare del mio amore per Lui? Come poteva anche solo pensare che avrei potuto preferire un altro a Lui?
Non sapevo se prenderlo a pugni o cominciare a consolarlo, ma il mio orgoglio cedeva sempre quando stavo con Lui, quindi optai per la seconda opzione.
Fu così che mi resi conto che anche Lui condivideva i miei stessi timori e le mie stesse paure, anche se sapeva, tenerlo nascosto meglio di quanto io ci riuscissi.
Mi disse che perdermi era la cosa che lo spaventava di più, eppure era disposto a lasciarmi andare se questo significava rendermi felice. Si era reso conto che la distanza mi stava facendo soffrire e temeva che potessi preferire un amore più vicino, col quale potessi avere un rapporto quotidiano e non solo incontri sporadici.
Se fosse possibile, lo avrei amato più di quanto già non facessi dopo quelle parole. Gli spiegai che nessuno sapeva farmi sorridere come ci riusciva Lui, e che anche Lui era speciale, e che avrei potuto aspettare anni solo per passare dieci minuti con Lui.
Mi sorrise tra le lacrime, poi con sguardo furbo, cominciò a guardarsi intorno, mi prese la mano e mi condusse dietro una siepe e lì mi baciò e il mondo tornò a scomparire, assieme alla paura e all'incertezza.
Adesso però dovevo affrontare l'argomento con Flavio, ma sentivo che non ero più solo...
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Il ragazzo dal pianoforte bianco
RomanceNella vita ci sono poche storie che ti cambiano e per me questa è stata una di esse. Ha cambiato il mio modo di vedere il mondo e spero abbia lo stesso effetto su di voi. STORIA VERA, NON MIA E CON TEMATICA OMOSESSUALE. IO MI LIMITO A RICOPIARE CIÒ...