Castle of Glass

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Una ragazza nuova, in una città nuova.

Misha Coleman, studentessa liceale con un enorme quantità di problemi esistenziali.

Da quando si era trasferita dagli zii a Galway, da New York, la grande mela, la sua vita era cambiata radicalmente.

La morte dei genitori e successivamente quella della nonna paterna, a cui la ragazza era molto affezionata, l'avevano distrutta molto, e di certo gli zii non l'aiutavano a superare questo momento che per lei era così difficile; forse riuscivano solo a peggiorarlo.

Nella nuova cittadina, la ragazzina, non conosceva nessuno e nessuno sapeva niente di lei.

Si era trasferita verso la fine di giugno e aveva passato tutta l'estate chiusa nella sua stanza, nessun contatto col mondo esterno; non per sua spontanea volontà.

Il suo posto fisso era la finestra della sua camera da cui si affacciava quotidianamente.

Scrutava i passanti che di lei avevano paura.

Un fantasma o frutto della loro immaginazione, ecco cosa era per loro Misha; qualcosa di inesistente; qualcosa di cui il motivo non si riusciva a spiegare.

Nessuno sapeva cosa le passasse per la mente, a volte neanche lei riusciva a capirlo; sapeva solo perdersi nel suo mondo, rifugiarsi nel suo castello incantato dove nessuno poteva farle del male.

A volte voleva fuggire.

Fuggire da quel mondo in cui lei non era felice.

Fuggire da una vita in solitudine.

Pensieri su pensieri. Domande senza risposta.

Una vita al di fuori di quell'inferno. Un mondo da scoprire.

Non si riusciva a spiegare neanche lei come avesse fatto, con quale coraggio era riuscita ad uscire da quella casa e a scrutare il mondo che, al di fuori di quella porta, l'attendeva.

Uscii di casa di nascosto, non si allontanò molto, aveva troppa paura di non ritrovare più quella struttura. Sembravano tutte uguali quelle case. Villette a due piani con staccionata bianca.

Si mise a camminare lungo il marciapiede, con le staccionate alla sua destra, bianche, così irreali.

Le toccava, le accarezzava; le dita si poggiavano delicatamente sulle assi; i suoi polpastrelli sentivano quel legno ruvido e riscaldato dai raggi del sole; mentre si allontanava sempre più dalla sua nuova abitazione.

Un punto fisso di fronte a lei, questo attirava la sua attenzione, come un raggio di luce nell'oscurità; qualcosa di così affascinante da non poter distogliere lo sguardo.

Passo dopo passo. Casa dopo casa.

Non le importava più di non trovare la strada di ritorno, sapeva solo camminare, sempre dritto, senza sosta.

Delle voci, delle ristate così allegre, così spensierate che la fecero tornare alla realtà.

Provenivano da una villetta a due piani, come le altre, molto graziosa; aveva un ampio giardino verde dove quelle voci prendevano forma umana.

Quattro ragazzi seduti sul prato a fumare e divertirsi come se non ci fosse un domani.

La ragazza li fissava come fossero oro; qualcosa di soprannaturale; qualcosa che doveva essere adorato.

Uno di loro se ne accorse, doveva essere una ragazza; aveva i capelli corti biondo platino con un evidente segno di ricrescita, il suo colore naturale era un castano scuro; indossava vestiti neri e di alcune taglie in più della sua.

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