1 - «I'm back to stay».

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Tre mesi prima...

Michael aspettava impaziente davanti alla scuola di sua sorella, con le cuffie nelle orecchie e una sigaretta fra le labbra.

Incavò le guance ed aspirò, mentre scorreva la sua playlist alla ricerca di una canzone che si adattasse con il suo umore.

Stava aspettando che la sua sorellina minore uscisse da scuola dopo tanto tempo che non la vedeva. Quattro anni in Europa a studiare erano stati davvero faticosi, ma anche molto istruttivi per un ragazzo che doveva ancora scoprire la sua identità.

Era agitato, sì, non vedeva l'ora di vedere Juliet, la sua piccola peste di dieci anni.

Alzò il viso quando sentì delle urla e non appena vide una marea di bambini correre fuori dall'edificio davanti a lui, si tolse le cuffie e le mise dentro la tasca della felpa, insieme al telefono.

Buttò il mozzicone della sigaretta a terra e lo calpestò successivamente, mentre cercava tra la folla una chioma bionda.

E fu allora che vide una ragazzina saltellare allegramente verso l'uscita, con il suo zainetto sulle spalle e delle adorabili trecce ai capelli.

Sorrise a trentadue denti vedendo la sua sorellina alla ricerca di un viso familiare, probabilmente quello della madre, che era solita andarla a prendere dopo scuola.

Quando i suoi occhi, identici a quelli del fratello, si scontrarono con la sua figura non poté far altro che spalancare la bocca ed iniziare a correre.

Michael s'inginocchiò ed aprì le braccia, pronto ad ospitare Juliet.

«Mikey!», gridò la bambina e saltò in braccio al fratello maggiore. «Mi sei mancato tantissimo», mormorò stringendolo a sé.

«Anche tu, Juls», disse il ragazzo ad occhi chiusi.

Quando si staccarono ormai il cortile della scuola era quasi deserto, non si erano accorti di essere rimasti abbracciati per così tanto tempo.

Certo, si sentivano spesso al cellulare o in videochiamata, ma non era assolutamente la stessa cosa.

«Ma che belle treccine, te le ha fatte la mamma?», chiese sorridendo.

«E tu che bei capelli rossi, te li ha fatti una ragazza con il ciclo?», ribatté la bambina.

Era un vero peperino ed era molto simile a Michael in questo.

Il tinto scoppiò a ridere e fece segno a Juliet di seguirlo verso la sua auto, mentre cercava di ritornare a respirare regolarmente.

«Ah no, dimenticavo che a te piace il gingillo...»

Michael tossì e spalancò leggermente gli occhi.

«Sono tornato da un giorno e già mi prendi in giro», disse fingendosi offeso.

La sorellina parve stupita. «No! Non volevo offenderti! Sai che io ti adoro quando parliamo di bambole e trucchi!», si difese.

Juliet amava il fatto che suo fratello fosse gay, era ancora meglio di un fratello eterosessuale. Poteva parlare con lui di qualunque cosa: dai capelli a quale fosse il ragazzo più carino della sua classe, Michael era sempre pronto a consigliarla.

Esteriormente non sembrava tanto gay, perché aveva tanti tatuaggi, i piercing, si vestiva sempre di nero e cambiava spesso colore di capelli, ma interiormente era una ragazzina.

«Okay, però devi farmi conoscere Maison», parlò, facendo arrossire la bambina.

Tutte le volte che parlavano della sua cotta lei arrossiva.

«Oh!», esclamò la biondina. «Adoro questa canzone».

Alzò il volume della radio, che in quel momento stava trasmettendo Tear In My Heart dei Twenty Øne Piløts.

La bambina iniziò a cantare a squarciagola, mentre Michael la guardava di sottecchi, sorridendo.

«Dai, Mikey! Canta con me!», gridò.

«She's the tear in my heart, I'm alive. She's the tear in my heart, I'm on fire. She's the tear in my heart. Take me higher, than I've ever been», cantarono insieme, felici e spensierati.

Arrivarono nel vialetto di casa, Michael parcheggiò e Juliet non perse tempo a scendere e correre velocemente verso la porta. Suonò ripetutamente il campanello mentre saltellava sul posto e quando finalmente la porta si aprì, rivelando la madre, Karen, la piccola iniziò ad urlare.

«Mikey è a casa! Mikey è a casa!», strillò.

A Karen vennero subito le lacrime agli occhi e andò subito ad abbracciare il figlio, più felice che mai di averlo a casa.

Quattro anni erano stati davvero lunghissimi ed ogni volta che Michael programmava di ritornare a casa c'era un imprevisto che non glielo permetteva, per questo erano tutti più che felici di riaverlo a casa.

«Vieni, tesoro. Entriamo», ordinò dolcemente la donna.

Una volta dentro casa andarono in cucina, dove Karen stava preparando il pranzo. Mise un piatto con del pollo davanti ad entrambi i figli e si sedette davanti a loro.

«Come va, mamma?»

«Benissimo, anche se al lavoro è più movimentato del solito ed io sono molto stanca, ma sai com'è, sennò non si può andare avanti». Sorrise nonostante tutto, mentre Michael scosse rapidamente la testa.

«Non è più necessario, ora ci sono io qui, mi prenderò cura io di voi. Sono tornato per restare, non me ne andrò più», disse deciso.

Karen scoppiò nuovamente a piangere e coinvolse il figlio in un abbraccio bisognoso.

«Ci sono io ora, andrà tutto bene».

Per Michael era stato davvero difficile andarsene da casa, in un posto così lontano dalla sua famiglia sapendo che quest'ultima aveva bisogno di lui, ma ora nulla l'avrebbe smosso.

Aveva una laurea, avrebbe trovato un lavoro velocemente. Avrebbe dato soldi alla sua famiglia, avrebbe riaggiustato tutto.

Era tornato per restare.

Ecco il primo capitolo, spero che vi piaccia.

Non preoccupatevi, arriverà presto il nostro Lucchetto.

- Vic xx

storm ❅ mukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora