Capitolo 4

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4.


Una settimana mi sembrò un buon margine di tempo, per lasciar sbollire una persona.

Dopo averne riparlato con Fynn – cedendo ai consigli dei nonni – lui mi aveva consigliato un approccio solare quanto cauto.

Insomma, dovevo ritirare gli artigli e i denti da squalo.

Come se fosse facile.

Ero abituata da quando avevo vent'anni, a cavarmela con le mie sole forze, ad apparire sempre forte e determinata.

Questo era anche servito a tenere lontani potenziali molestatori – interessati alla giovane vedova di Kieran – e creature similmente disgustose.

Non era stato facile, avevo dovuto imparare a difendermi da sola e capire di chi fidarmi.

Ma, soprattutto, avevo dovuto mettere in conto che, alla mia porta, non sarebbe mai arrivato nessun cavaliere a salvarmi.

Abbassare le difese per mostrarmi gentile e affabile, non era esattamente la cosa più facile del mondo, per me.

Ma ci tenevo a recuperare quell'angolo di terra, fosse anche solo per la mia pace mentale, tralasciando il puro puntiglio che in gran parte mi stava spingendo verso il faro.

Perché sapevo che c'era di mezzo anche la mia testardaggine, in tutto quel gran parlare di Ronan.

La prima volta che avevo accennato il problema a Fynn e Donna, lui era scoppiato a ridere e lei aveva controllato che, sulle mie braccia, non vi fossero stati segni di zanne.

Questo mi aveva fatto capire che, quel trattamento così antisociale, era prassi fissa per l'uomo.

Quando il riso di Fynn era terminato con un gran lacrimare divertito, gli avevo chiesto consiglio, e lui se n'era uscito con quella proposta.

Rendermi docile.

Ah-ah.

Divertente.

Mentre pedalavo verso il faro, lo zaino sulle spalle e un cappellino della Guinness in testa, mi chiesi per l'ennesima volta se sarei riuscita nell'impresa.

Non ero brava a eseguire gli ordini, soprattutto se si trattava di manipolare il mio carattere riottoso.

Ma quel faro era mio, almeno nel mio cuore, e lo volevo indietro.

Non appena raggiunsi la proprietà di Ronan, perciò, poggiai la bicicletta sul lato opposto della strada, contro il muretto in sassi dei Donnelly, e suonai il campanello.

Il cancelletto in legno che conduceva al vialetto d'ingresso era chiuso, perciò non provai neppure a scavalcarlo.

Cosa che avrei fatto tranquillamente con qualsiasi altra persona. Lì a Portmagee, era difficile trovare una porta chiusa.

Tutti si fidavano di tutti, ed era un segnale incoraggiante anche per i turisti, abituati a chiedere ospitalità per la notte anche ai 'non addetti ai lavori'.

Non era insolito che semplici cittadini indirizzassero i viaggiatori presso i B&B, o si prodigassero in prima persona per trovare un alloggio per la notte.

Ci si comportava così, coi forestieri.

Tremai interiormente, quando vidi Ronan spuntare dalla porta d'entrata, il viso corrucciato e i capelli in disordine.

The Dream of a Dolphin - Irish Series Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora