Capitolo 8

1K 74 6
                                    



8.


Quanto più l'estate si avvicinava, tanto più la salute di mio padre si faceva cagionevole.

Todd mi chiamò diverse volte, in quei due mesi passati dalla mia partenza da Dublino e, tutte le volte, fui costretta a dargli cattive notizie.

Il mio articolo sulla fauna e la flora locale sarebbe stato inserito nel numero di settembre, e io sperai con tutta me stessa di poterlo mostrare a mio padre.

Non per vantarmi con lui, ma perché questo avrebbe voluto dire che, a settembre, avrebbe ancora camminato assieme a noi.

Dimagriva a vista d'occhio e, nonostante le cure e i medicinali, il male sembrava non conoscere tregua.

Mia madre appariva così stanca che, più di una volta, mi offrii di rimanere a casa loro, la notte, per darle una mano con papà.

Quando mi svenne tra le braccia, un pomeriggio agli inizi di luglio, le fu chiaro di non poter più dirmi di no.

Fu così che rinunciai a parecchi dei miei pomeriggi al faro e, durante uno degli ormai radi interludi con la panchina di fronte alla casa di Ronan, lui mi chiese lumi.

«Papà è peggiorato, così aiuto mamma facendo la notte a casa loro, e il mattino lo passo a dormire. Il pomeriggio vado là per le faccende domestiche, e così via.»

Si sedette al mio fianco, annuendo pensieroso, e mi chiese: «Non potreste assumere un'infermiera? Anche tu, col passare del tempo, ti sfiancherai. Per quanto tu sia giovane e forte, resti pur sempre una mortale, e ...»

Gli sorrisi divertita, interrompendolo, e replicai: «Mia madre si è ridotta a svenirmi davanti, prima di ammettere di aver bisogno d'aiuto. Pensi sul serio che permetterebbe a un'estranea di avvicinarsi a papà? La sbranerebbe, piuttosto. Già con me, è un continuo riprendermi su come faccio le cose, figurarsi con la povera sventurata che dovessimo malauguratamente assumere.»

«Rischi di ammalarti» sottolineò, arricciando le sopracciglia in un fosco cipiglio.

«Sei preoccupato per me, Ronan?» ironizzai, dandogli un colpetto con la spalla.

Lui sbuffò, tornando per un attimo al suo atteggiamento schivo.

Ma, ormai, non ci facevo più caso.

Dopo più di due mesi passati a parlare assieme, avevo quasi del tutto compreso quando era veramente infuriato con me, e quando invece si sentiva in imbarazzo.

Era taumaturgico per entrambi sbranarci verbalmente, e capitava piuttosto spesso, tra di noi.

Eppure, non smettevamo di farlo, perché ci faceva sentire... liberi.

Ronan ricordava la moglie come mai aveva fatto con nessun altro, io gli parlavo dei miei e di Kieran, ammettendo quanto fossi stata spaventata dalla solitudine dei primi anni.

Non lo facevamo mai a bassa voce, o con toni pacati.

Il più delle volte, ci beccavamo come galli nel pollaio, ma alla fine ci salutavamo sempre con un sorriso.

E a volte, con un tè e degli ottimi biscotti.

«Dico solo che la salute è importante. Quella di tutti.»

«Ti tranquillizzerebbe sapere che non ho una sola otturazione dentale, né ho mai preso più di un raffreddore? Sono forte come un cavallo, e ne ho la stessa tempra.»

The Dream of a Dolphin - Irish Series Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora