Capitolo 11

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11.


Il porto era, come sempre, un insieme di attività frenetiche, vociare chiassoso e corpi frementi, costantemente pronti a lavorare di buona lena.

Camminando sulla banchina del porto, in cerca del molo dove solitamente attraccava il peschereccio di Cormac, mi guardai intorno curiosa.

Erano anni che mancavo da quel luogo, eppure nulla sembrava essere cambiato veramente.

Tutto pareva essersi congelato nel tempo, anche se sapevo che nulla rimaneva uguale a se stesso.

Né il tempo, né tanto meno la vita.

Molti mi salutarono, e con alcuni mi fermai per una breve chiacchierata, chiedendo e rispondendo a domande su mio padre.

In alcuni casi, mi scoprii a ridere allegramente di eventi risalenti ad anni e anni addietro, che quasi avevo dimenticato.

In un certo qual modo, uscire dallo stretto circolo vizioso in cui ero caduta in quei mesi – faro, casa, casa, faro – mi fece bene.

Nonostante provassi ancora ansia e tensione, riuscii comunque a liberarmi un poco la mente, schiarendomi le idee quel tanto che bastò per non apparire una corda di violino ben tesa.

Quando finalmente raggiunsi la barca di Cormac, la trovai in secca, sollevata su diverse traversine in legno consunto.

A giudicare dalle imprecazioni che sentii giungere dalla poppa della barca, qualcuno doveva essere impegnato in qualcosa di molto antipatico.

La circumnavigai, sfiorando con le dita la vernice ormai pronta per essere piallata, le striature del legno sottostante e, tra me, pensai a Ronan impegnato su quello scafo.

Brava, datti la zappa sui piedi da sola, mi rimproverai, scacciando con forza l'immagine di Ronan a torso nudo, impegnato a lavorare nel suo capanno.

Quando infine raggiunsi Cormac, lo trovai accucciato e seduto su uno sgabello a tre piedi, una spatola in una mano e gli occhi fissi sui cirripedi che incrostavano lo scafo.

Li stava evidentemente togliendo per poter procedere a un restauro della barca, visto che non si stava preoccupando di andarci leggero, con la mano.

Sentire il suono delle mie infradito, che flip-flipparono fino a raggiungere le sue orecchie, lo interruppe di colpo.

Sollevato il suo capo brizzolato, mi fissò torvo per un istante.

L'attimo dopo, mi riconobbe e, nel posare la spatola in un vicino secchio d'acqua, poggiò le mani ruvide e abbronzate sulle ginocchia ed esclamò: «Che mi venga un colpo se tu non sei la ragazza di Ronny!»

Quel commento mi strappò un 'cosa!?', corredato da un sobbalzo all'indietro e una bella arricciata di naso.

Chi è che diceva cose simili, in giro?!

Lui scoppiò a ridere di fronte alla mia espressione e, nell'alzarsi, mi batté una mano sulla spalla, dicendomi: «E' stato Ronny a parlarmi di te, ragazza. E visto che sei la prima donna di cui mi parla da quando quella dolce cosina di Mairie è morta, ne ho dedotto che sia finalmente uscito dal tunnel.»

«Beh, ecco... non so se è esattamente così. Comunque, insomma...»

Ma quant'ero brava, a balbettare!

Cormac rise ancora e, nell'invitarmi a bere qualcosa con lui, mi consegnò una lattina di birra – estratta da un frigo portatile – e mi guardò curioso.

The Dream of a Dolphin - Irish Series Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora