Cap.3

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Harry

La presa del ragazzo era ferrea, così fredda da gelarmi le ossa. Mentre mi trascinava con lui provai a dimenarmi ma non ci fu verso, le sue mani mi tenevano incatenato a lui senza possibilità di fuga.

Ed io volevo andarmene, lo volevo così tanto..

Il vento scompigliava i miei ricci rendendoli ancora più disordinati di quanto non lo fossero normalmente, non sapevo a che velocità stessimo andando ma ero più che sicuro che non fosse una velocità umana.
Quando il ragazzo si fermò me ne accorsi subito.
Perché? Semplice.
Andai a sbattere rovinosamente contro la sua schiena marmorea, capitombolando sgraziatamente a terra con un tonfo a dir poco ridicolo.

"Ahi.." Mormorai mentre mi massaggiavo la spalla dolorante, e mi parve quasi di sentire il ragazzo in piedi a pochi passi da me soffocare una risata.

"Avanti, alzati ragazzino. Siamo arrivati" mi informò con la solita voce leggermente acuta senza neppure rivolgermi lo sguardo. Mi alzai a fatica, ancora dolorante a causa delle mia infelice caduta, e mi guardai timidamente intorno:
La stanza continuava a rimanere buia ed anonima, come l'avevo sempre vista. Corrucciai le sopracciglia.

"Arrivati dove?" Chiesi con un tono timoroso che non mi era mai appartenuto. Di solito ero il cattivo ragazzo, quello che non si fa intimidire da niente e da nessuno. E Invece, da quando i miei occhi avevano incontrato quelli neri e minacciosi di quel ragazzo dalla pelle Lattea, mi sentivo come un topo in trappola.
Non sapevo ne come ne perché, ma quel minuto ragazzo dai capelli color caramello mi metteva in soggezione. E non poco, aggiungerei.

"Alla tua nuova casa" disse lui con il solito tono stridulo.

"Come scusa?" Domandai incredulo, riacquistando un po' del mio coraggio. "No aspetta, io una casa c'è l'ho già! E ho anche una famiglia, degli amici, e se propio ci tieni a saperlo ho anche una ragazza! Quindi se permetti vorrei tornarmene a casa mia" dissi cercando di mantenere un tono di voce fermo ed autoritario, ma il ragazzo, che prima non si era mosso di un centimetro, si girò lentamente verso di me e mi trapassò per l'ennesima volta con quegli occhi che contenevano l'inferno. Deglutii rumorosamente e potei sentire tutta la mia precedente sicurezza scivolare via.

"Allora sei propio stupido.." Mi derise avvicinandosi lentamente a me. Di riflesso, cercai di allontanarmi il più possibile ma, ad un certo punto, una specie di steccato di legno vecchio e grigio mi impedì di procedere, facendomi immobilizzare ed abbassare la testa.

"Quale parte di 'sei morto e non tornerai più a casa' non riesci a capire?" Chiese e notai le vene scure sulle sue braccia e sul suo collo gonfiarsi. Sentii i brividi sulla mia pelle e mi feci piccolo piccolo al cospetto di quel ragazzo che, seppur di statura modesta, riusciva ad incutermi una paura assurda.

Non riuscii a rispondere alla sua domanda. Le parole sembravano bloccate al interno della mia bocca e non ne volevano sapere di uscire. Il ragazzo difronte a me si scrocchiò le mani con un gesto fluido e veloce ed il rumore dello scrocchiare delle sue ossa si diffuse per tutto lo spazio circostante. Fece un altro passo verso di me, ora era a pochi centimetri di distanza.

"Vediamo se riesco a farti capire.." Disse, e con uno scatto fulmineo infilò le mani fra i miei ricci tirandoli forte, facendomi gemere per il dolore ed alzare la testa all'istante. Ebbi un tremito quando notai la distanza ravvicinata dei nostri visi, i miei occhi verdi e spaventati incollati ai suoi neri e profondi.

"Sei morto. Non tornerai da tua madre, non rivedrai mai più o tuoi amici, non riabbraccerai la tua ragazza. Sei un pezzo di lurida feccia che fluttua nel nulla... e non tornerai mai più a casa." Il tono con cui lo disse non ammetteva repliche ed un profondo senso di vuoto mi avvolse come una coperta calda. Non sarei mai più tornato a casa, adesso ne ero sicuro... e questa consapevolezza aveva fatto si che ogni mia forza mi abbandonasse, lasciandomi nudo e fragile difronte a quel ragazzo che ancora mi guardava.

"Prima lo accetti, più facile sarà per te ambientarti." Lo disse con un tono quasi compassionevole, lasciando andare i miei capelli e facendomi cadere a terra con un singulto. Resto ad osservarmi per qualche secondo mentre, con sguardo vacuo, fissavo le mie mani diventare più pallide di quanto lo fossero mai state, poi si voltò e senza altri convenevoli si allontanò dal mio corpo spossato.

In un attimo, come era comparso, il ragazzo svanì nel oscurità,  e tutt'intorno a me tornò ad esserci il più completo ed assordante silenzio. Mi rannicchiai su me stesso come facevo da bambino mentre il mio respiro si faceva affannoso ed incontrollabile. Cercai di calmarmi il più possibile e chiusi gli occhi per un attimo; tentai di ascoltare il rumore del mio cuore e rimasi inorridito quando mi resi conto che non batteva più. Ebbi qualche minuto di panico totale dove non potei fare altro che piangere e singhiozzare, poi finalmente riuscii a calmarmi e, prendendo lunghi respiri profondi, cercai di riordinare il più possibile i  miei pensieri. Ripensai a ciò che era successo poco prima, a quel lugubre ragazzo che per un attimo mi era sembrato a dirittura dispiaciuto per me. Ragionai a lungo e mi persi nei dettagli di quel terribile incontro: la freddezza delle sue dita cadaveriche attorno al mio polso, la forza brutale con cui mi aveva trascinato via contro la mia volontà; la profondità di quegli occhi di petrolio che mi rendevano così terribilmente debole e le sue labbra, così fini e violacee da sembrare disegnate dal più abile dei pittori. Se mi concentravo bene potevo ancora avvertire il suo gelido respiro sul mio viso ed il piacevole odore di tabacco che impregnava la sua camicia di cotone bianca... aspetta.. Ma che diavolo?!

Scossi vigorosamente la testa e presi a massaggiarmi delicatamente le tempie. Perché stavo pensando a quelle cose? E soprattutto, perché mi stavo eccitando pensandoci?

Doveva essere lo stress, la stanchezza e probabilmente lo shock... Si, sicuramente dipendeva da quello.

Dal oscurità cominciò ad affiorare una specie di piccolo quartiere, costellato da numerose abitazioni decisamente diverse l'una dall'altra. Non ebbi neppure il tempo di guardarmi attorno che subito notai una figura familiare sbucare dall'ombra.
Sgranai gli occhi.

"Ehi fratello.." non ebbi alcun dubbio, un così forte accento irlandese poteva appartenere solo ad una persona. 

"Niall?!" Domandai incredulo notando poi la sua brutta facciaccia comparire dall'oscurità. Stava per dire qualcos'altro, ne ero certo, ma
In quel momento non mi importò più di nulla tanto ero felice. Gli saltai letteralmente addosso, facendo cadere entrambi a terra con un tonfo, lo sentii imprecare sottovoce e non potei fare a meno di ridere, forte, come un pazzo perché non ero più solo e per un attimo fu come se nulla fosse mai accaduto.

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