Cap.20

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Harry

Da quel giorno vivere nel villaggio divenne decisamente più piacevole.
Le nottate erano quiete, la mia apatia sempre meno presente... persino
l'aria acre che da sempre mi aveva oppresso i polmoni adesso pareva nettamente più pulita.
A volte sembrava quasi di respirare aria di casa, quella fresca e leggermente umida che d'autunno avvolgeva le verdeggianti colline del Cheshire. Riuscivo quasi ad immaginarmi ancora seduto sull'erba, una coperta sulle spalle e del tè al limone fra le mani, mentre ammiravo il sole spegnersi all'orizzonte e la torbida notte inghiottire il paesaggio con il suo manto vellutato.

Forse, era proprio quella la cosa che più mi mancava dell'essere vivo, sedermi su una collina ad ammirare il tempo che passa sapendo di non poterlo fermare; stando semplicemente ad osservare le cose cambiare, impotente, come ogni essere umano difronte al suo destino.

Sarebbe stato bello poterlo fare ancora una volta...

L'oscurità che avvolgeva le nostre abitazioni non era più ostile, pareva anzi ogni giorno di una sfumatura diversa: a volte opaca, a volte plumbea, altre volte a dirittura bluastra...
Tutto sembrava avvolto in una nuova magnifica aura, la stessa superba luminescenza che rendeva gli occhi di Louis quasi cangianti ogni qualvolta le nostre labbra si incontravano per un bacio.

Era totalmente diverso adesso: non era mai sgarbato ma anzi si rivolgeva a me sempre con estrema cortesia, come se avesse avuto paura che un tono di voce troppo altro avrebbe potuto spezzarmi. Sorrideva spesso e con una grazia che riusciva a togliermi il respiro ed i suoi occhi-Dio, i suoi occhi- erano quasi sempre di quel magnifico blu intenso, uno scorcio sull'oceano che mi inghiottiva ogni volta.

C'erano ancora dei momenti in cui la sua natura da spirito dominante prendeva il sopravvento, altri in cui sembrava perdersi in un universo tutto suo... eppure, era bello vederlo tornare alla realtà ogni qualvolta gli sfioravo la mano, ed era meraviglioso osservarlo arricciare le labbra quando provava a nascondere un sorriso che io avevo provocato.

Il nostro rapporto era decisamente migliorato, Louis si stava lentamente aprendo con me ed aveva iniziato a raccontandomi cose del suo passato che non aveva mai detto a nessuno; Menzionava spesso la sua amata Francia e la grande casa a Lione dove aveva trascorso la maggior parte della sua vita. Non smetteva mai di sorridere quando ne parlava; quando descriveva le pareti color crema della sua stanza e l'odore di biscotti caserecci che lo alzava ogni mattina, la sua bocca si curvava teneramente verso l'alto ed i suoi occhi cambiavano immediatamente colore.

Era radioso, un corpo celeste che brilla di luce propria. Ed io, che altro non ero se non uno stupido satellite, non potevo far a meno di amare quella luce ed egoisticamente sperare che non si spegnesse mai.

Avevo baciato quelle labbra d'angelo almeno un centinaio di volte, e nonostante questo non ne avevo mai abbastanza. Eppure sentivo che qualcosa non andava in lui. C'era qualcosa di rotto nella sua anima, un dolore profondo che lo tormentava ogni secondo e di cui non aveva il coraggio di parlare. Non sapevo di cosa si trattasse, né tantomeno mi azzardavo a chiederglielo, eppure sentivo che prima o poi sarebbe stato lui a parlarmene, lo leggevo nel suo sguardo, Le sue iridi lo urlavano:

Presto, ma non ancora.

ed ogni volta restavo muto, inerme, difronte a quegli occhi in tempesta che mi pregavano di aspettare...
Ed io avrei aspettato, anche un'eternità se necessario.

A volte ne parlavo con Niall, che era l'unico a sapere cosa realmente stesse accadendo, e lui, dopo aver riso delle mie interminabili paturnie ed avermi deriso per l'ennesima volta sulla mia sempre più spiccata omosessualità, fissava i suoi occhi nei miei e pronunciava con attenzione sempre le stesse parole:

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