Cap.15

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Harry

Era strano svegliarsi ogni volta e trovare il cielo costantemente nero. Credevo che prima o poi ci avrei fatto l'abitudine ma la verità era che non avrei mai potuto abituarmici.

La lieve brezza estiva che mi scompigliava i ricci, gli alberi in fiore di metà primavera, la pioggia scrosciante, la neve... ormai sembravano solo ricordi sbiaditi nella mia mente, Cose che una volta erano la normalità e adesso apparivano come un miraggio lontano, il sogno irraggiungibile di una persona chiusa in gabbia.
Mi mancava tutto, ogni singola cosa. Mi mancava sentire caldo, sudare, le litigate con mia madre su chi dovesse mettere la musica in macchina, la mia stramaledetta allergia al polline, tutto. Era un vuoto incolmabile che mi lacerava lo stomaco ed in quel luogo sempre uguale, sembrava che ogni secondo la voragine si aprisse un po' di più.

Passando il mio tempo in quel villaggio sempre uguale, mi accorsi di quanto fossero fondamentali tutte le piccole cose che in vita avevo dato per scontate. Spesso sentivo la mancanza anche delle azioni più semplici, come, ad esempio, respirare.
Certo, potevo continuare a farlo, però non mi avrebbe mai dato lo stesso senso di benessere, la straordinaria sensazione di essere ancora vivo...
L'aria, laggiù, non era leggera e buona come quella che avevo respirato in vita, ma  aveva un odore costantemente acre, di muffa e di povere, ed era così pesante che un solo respiro mi costava una fatica enorme.

A mancarmi molto era anche il lieve tamburellare del mio cuore nel petto, quella leggera palpitazione che potevo ascoltare stando ad occhi chiusi disteso sul mio vecchio letto ad una piazza e mezzo.
Quella era la cosa che mi mancava di più in assoluto, perché se avessi premuto una mano sul mio petto in quel momento non avrei sentito niente.

Nessun movimento, neanche un battito.
Come se nel mio petto non ci fosse più un cuore, ma un pezzo di carne morta che stava lentamente andando in putrefazione.
Stavo impazzendo... Quel posto maledetto mi stava facendo perdere il senno e Louis sicuramente non era d'aiuto.

Era diventato maledettamente lunatico.
Spesso entrava in casa mia senza un apparente motivazione e mi sbatteva al muro, baciandomi come se la sua stessa vita dipendesse da questo.
Nel suo gesto però, non c'era gentilezza...
Solo bisogno, necessita, senza alcuna cura nei miei confronti.

Ogni volta ne uscivo distrutto, pieno di lividi e con le labbra sempre spaccate in un punto diverso. E quando ne aveva avuto abbastanza, mi spingeva con forza contro la parete, lasciandomi cadere a terra senza forze, completamente svuotato da ogni cosa. Mi guardava per qualche secondo e faceva sempre qualche commento cattivo o non richiesto.
Ogni volta aspettavo pazientemente che finisse, che si sfogasse per bene da qualsiasi cosa lo frustrasse. Poi l'osservavo andare via come se niente fosse, lasciandomi lì impietrito e sanguinante a farmi mille complessi.

Altre volte, entrava nella mia abitazione e mi picchiava, urlandomi contro quanto gli facessi schifo, quanto gli sembrassi un povero ragazzino a cui mancava la mamma, oppure uno schifoso invertito, con l'unico risultato di farmi piangere e rammaricare ogni volta per i sentimenti che continuavo a provare per lui nonostante tutto.

Ne soffrivo, ne soffrivo davvero tanto... Ma non volevo che lui lo vedesse. Non volevo che si accorgesse dell'effetto che i suoi gesti e le sue parole avevano su di me, Non gli avrei mai dato una tale soddisfazione.

A 14 anni avevo subito spesso maltrattamenti da parte dei miei compagni di classe; D'altronde, ero pur sempre il ragazzino timido che andava male a scuola e non aveva amici al di fuori dei personaggi dei suoi fumetti. Con il tempo, però, avevo capito che nascondere le lacrime scoraggiava i miei bulli dal farmi del male, E così imparai a non mostrare più ciò che provavo, a costruirmi una maschera abbastanza spessa da permettermi di andare avanti senza cadere a pezzi ad ogni parola.

Notai ben presto che le cose iniziarono a cambiare...

Le persone iniziarono a parlarmi credendo che fossi forte, che avessi abbastanza palle da ingoiare gli insulti senza lasciarmi scalfire, incassando ogni colpo come se fosse stato scagliato da un bambino. Ad un tratto Harry Styles non era più lo strambo, ma il ragazzo di ghiaccio. Quel tipo di persona così distaccata che è capace di tagliarti in due con un solo sguardo e che se ne frega altamente della tua opinione.
Se solo avessero saputo quanto male in realtà mi facessero le loro parole, le loro critiche, i loro commenti, probabilmente Harry Styles non sarebbe stato più così figo agli occhi di tutti.

Credevo di aver chiuso con quel genere di problemi, ed invece eccomi di nuovo: disteso sul mio freddo letto dalle coperte nere con gli occhi chiusi per cercare di scacciare le lacrime e con una mano premuta sul petto, nella speranza di avvertire il battito di un cuore che probabilmente non aveva mai battuto... un cuore che era nato già morto.
Un cuore che fino a quel momento si era mosso solo per necessità e che aveva sussultato per un secondo alla vista di due occhi blu come l'oceano...

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