Cap.7

797 62 20
                                    


Harry

Uscimmo dal mio appartamento ad una velocità assurda, rischiai di inciampare un paio di volte durante il percorso ma fortunatamente Louis riusciva sempre ad impedirlo, tirandomi a se ogni qualvolta perdevo l'equilibrio ed evitandomi così di cadere ogni due secondi.
La presa gelida della sua mano adesso non era più tanto fastidiosa. Anzi, quei contatti così fugaci e bruschi avevano uno strano effetto su di me. Ogni volta era come se stessi precipitando ancora nel vuoto, solo che non era più come cadere, ma bensì come volare.

Ma perché continuavo a sentirmi in quel modo?
E perché anche il più semplice sfioramento bastava a farmi sentire quelle cose?

Ci fermammo solo quando fummo difronte alla vecchia casa in pietra che avevo visto solo qualche ora prima. Louis, mantenendo la sua espressione fredda ed autoritaria, lentamente allentò la presa su di me e mi lascio andare. Osservai la pelle pallida del mio polso e subito notai l'impronta nitida e violacea della sua mano intorno ad esso.
"Ahi.." Mormorai sfiorandone il contorno, la pelle livida ancora bruciava.

"Andiamo?" Domandò Louis duramente mentre, a passo misurato, si avvicinava alla casa. Lo guardai: le vene sul suo collo sembravano essersi gonfiate ancora ed un liquido scuro, nero come la pece, scorreva al loro interno. Deglutii rumorosamente e lo osservai senza proferire parola.
"Harry... Andiamo..?" Chiese ancora, stavolta quasi ringhiando e stringendo visibilmente la mascella, la sua voce qualche ottava più bassa del normale.

"S-si.." Balbettai e lui si girò, proseguendo il suo cammino verso la vecchia casa in pietra. Lo seguii e mi fermai soltanto davanti alla porta scura e semi aperta del abitazione. L'interno della casa era totalmente buio e riportò alla mia memoria la notte in cui io e Niall avevamo perso la vita.
"Entra" ordinò la voce di Louis dall'interno.
Presi un lungo respiro e lentamente solcai la porta che si chiuse il secondo dopo alle mie spalle. La casa era immersa nella penombra, l'unica cosa illuminata era un piccolo tavolo da pranzo con due sedie poste l'una difronte all'altra. Un giradischi dall'aria antica era appoggiato su un comodino all'angolo della stanza, sembrava quasi  che fosse stato trafugato da uno di quei musei di storia contemporanea.

"Siediti" ordinò ancora il ragazzo mentre spuntava dal piano superiore con un vecchio disco di vinile in mano. Obbedii e mi sedetti sulla vecchia sedia scricchiolante mentre lo osservavo scendere le scale, soffiare al disopra della superficie del grande disco polveroso e porlo all'interno del giradischi, girando la manovella.
Dopo qualche secondo, una canzone decisamente retrò si liberò per la stanza e all'istante riconobbi le note di Summertime di Louis Armstrong e Ella Fitzgerald vibrare nell'aria. (D'ora in avanti vi consiglio di leggere con la canzone sopracitata in sottofondo, da atmosfera ed un'immagine più accurata della scena. Buona lettura) 

"Bene..." disse Louis girando la sedia e sistemandosi a cavalcioni su di essa mentre le note della tromba e la voce di Ella Fitzgerald mi arrivavano alle orecchie rendendo solo l'atmosfera più inquietante. Solo in quel momento notai che Louis aveva indosso, oltre alla solita camicia bianca, anche un paio di pantaloni classici di colore grigio tenuti su da un paio di strette bretelle color rosso. Rabbrividii quando notai il sorrisetto ammiccante di prima affiorare sulle sue labbra.

Con quella vecchia musica jazz in sottofondo, Louis era indubbiamente una delle cose più attraenti che avessi mai visto in tutta la mia vita... aspetta... oh no, di nuovo!

Lo sentii ridere di una risata lenta e accattivante che mi fece arrossire leggermente.
"Per quanto possa essere complicato alla tua età, Mon petit, devo cortesemente chiederti di frenare i tuoi istinti.. Devo spiegarti delle cose importanti e ho bisognio che ti concentri esclusivamente (disse quella parola con estenuante lentezza soffermandosi a lungo su ogni sillaba) su ciò che ti dirò. Sono stato chiaro?" disse ed io annuii frettolosamente. Non seppi perché ma c'era qualcosa, nel modo in cui aveva pronunciato quell'avvertimento che sembrava incoraggiarmi a fare tutto l'opposto.

"S-scusami" balbettai impacciatamente e lui ridacchiò ancora.
"Credimi, Harry. adesso ho più bisogno della tua attenzione che delle tue scuse" annuii imbarazzato e lo osservai mentre si portava una sigaretta fra le labbra e l'accendeva con una grazia indescrivibile. La luce soffusa creava bellissime ombre sul suo viso, accentuandone ogni particolare e la leggera musica in sottofondo incorniciava perfettamente la scena.

"Allora" disse prendendo un tiro di sigaretta e rilasciando il fumo dal naso, facendolo disperdere nella stanza "ci sono solo alcune regole in questo posto che devi tenere bene a mente e che non devi mai infrangere, chiaro? E stai attento perché non ho alcuna intenzione di ripeterle" lo disse con un tono che non ammetteva repliche ed il annuii, sperando che la smettesse di torturarmi a quel modo. Si sistemò meglio a cavalcioni sulla sedia, con un rapido movimento di bacino che mi mandò letteralmente ai matti. Lo stronzo si stava divertendo e io non potevo fare a meno di lasciarlo fare, era desiderio e dolore insieme ed io lo odiavo per questo.
Iniziò a parlare:
"Regola numero uno: da qui non si esce. Puoi uscire dalla tua casa ed interagire con gli altri spiriti quanto vuoi ma non puoi mai superare la staccionata di legno che delimita il villaggio. Il bosco non è un posto sicuro.." Disse rilasciando l'ennesimo sbuffo di fumo nel aria. Stetti per ribattere ma lui mi fermo parlando ancora: "regola numero due: non devi mai disubbidire ai miei ordini. L'Alpha sono io e come tale devi rispettarmi ed eseguire qualsiasi ordine ti venga imposto da me" per un'attimo immaginai Louis darmi ordini di un certo tipo e fremetti per la mia fantasia, ma lo sguardo che lui mi rivolse fu abbastanza per farmi tornare alla realtà. Così, sempre più tormentato, tornai a prestargli la mia completa attenzione. Lui spense il mozzicone di sigaretta in un bel posacenere di cristallo, poi alzò lo sguardo e riprese a parlare:
"Regola numero tre: devi evitare qualsiasi contatto con il mondo umano. Le persone non sanno della nostra esistenza e a noi va bene così.. Non capirebbero e si lascerebbero prendere dal panico se solo ci vedessero" annuii velocemente mentre una leggera stretta allo stomaco mi faceva arricciare il naso.  Significava che non avrei mai più potuto rivedere i miei genitori? Nemmeno da lontano? Nemmeno per un secondo? Delle piccole lacrime iniziarono a formarsi all'interno dai miei occhi ma subito le respinsi. Non dovevo piangere, non con Louis davanti.

La musica era finita ormai da un pezzo e adesso il disco girava a vuoto, liberando un leggero brusio di fondo nella stanza. Louis si alzò e sollevò leggermente la cornetta del giradischi, poi estrasse il vinile e se lo rigirò per qualche secondo fra le mani. Per l'ennesima volta quel giorno mi ritrovai ad ammirare la figura minuta ma spettacolare di quel ragazzo e non potei far a meno di pensare che si, si era dannatamente attraente e fanculo tutto il resto.
"Poi.. Un utima regola" disse con voce glaciale è più bassa del solito facendo il giro del tavolo e fermandosi alle mie spalle. Rimasi totalmente immobile e rabbrividii non appena sentii il suo respiro gelato sul mio collo, molto, molto vicino al mio orecchio.

"Devi evitare in ogni modo le relazioni d'affetto fra fantasma e fantasma" sibilò al mio orecchio con una voce così seducente che quasi gemetti al solo sentirla.
"Ogni tipo di relazione... Sono stato chiaro?" Chiese ed io annuii freneticamente, incapace di proferire parola.

"Bene.." Soffiò e con la punta delle dita sfiorò a malapena a pelle del mio collo per poi allontanarsi frettolosamente.
"Per oggi è tutto. Puoi andare" concluse come niente fosse ed in un attimo, senza neanche accorgermene, mi ritrovai fuori dalla casa con una porta di legno chiusa a pochi centimetri dal viso.

Gloomy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora